"La bicicletta verde", un desiderio proibito in Arabia Saudita
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Il 6 dicembre esce nelle sale La bicicletta verde, il primo lungometraggio della regista Haifa Al Mansour, interamente girato in Arabia Saudita. Presentato nella sezione Orizzonti alla 69esima edizione della Mostra del Cinema di Venezia, ha vinto il Premio CICAE – Cinema d’Arte e d’Essai.
Haifa Al Mansour è la prima regista donna dell’Arabia Saudita, un Paese in cui non esistono sale cinematografiche perché il cinema è proibito ed i film si possono guardare solo a casa, in tv o in dvd. Attraverso la storia di una bambina, per cui il desiderio di possedere una bicicletta è una conquista piena di divieti e ostacoli, Haifa Al Mansour racconta, con grande delicatezza e rispetto per la tradizione, la vita e il ruolo delle donne all’interno della società del suo Paese.
Wadjda è una bambina di dieci anni determinata a comprare una bicicletta, per battere il suo compagno di giochi in una gara. Ma quello che potrebbe sembrare un desiderio legittimo in un qualunque Paese dell’Occidente è invece un gioco proibito per le bambine dell’Arabia Saudita, perché qui si crede che l’andare in bicicletta possa compromettere la virtù delle ragazze.
Ma, come tutti i bambini della sua età, anche Wadjda non è disposta ad accettare il divieto e a rinunciare tanto facilmente al suo sogno. Allo scopo di mettere da parte i soldi per realizzarlo partecipa ad una gara scolastica di recitazione del Corano con cui si vince un premio in denaro. Con una grande determinazione riesce a vincere, ma quando rivela ingenuamente cosa farà con il premio ricevuto, i soldi appena vinti non le appartengono più, si decide per lei di devolverli a scopo umanitario. Le regole ferree di una società che si richiude su se stessa non lasciano spazio ai sogni. Non esistono scappatoie ai divieti, soprattutto per una bambina di dieci anni a cui è facilissimo impedire qualsiasi cosa.
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Tuttavia il film, nonostante ne avrebbe i più validi motivi, non vuole essere affatto una condanna della cultura dell’Arabia Saudita, l’Autrice non intende condannare nè giustificare gli errori ma cerca di darne una spiegazione all’interno della tradizione. Se la rivolta non può avere il sopravvento perchè si rimane schiacciati, isolati, e si finisce per pagare un prezzo ancora più alto, le vere rivoluzioni sono quelle che avvengono all’interno della stessa educazione che piano piano si apre al cambiamento, rompendo la rigidità e l’adesione assoluta alle regole tradizionali per consentire ai ragazzi di esprimersi e costruire un mondo nuovo senza più tagliar loro le ali. La loro forza racchiude la speranza con cui poter guardare al futuro di questo Paese.
Wadjda infatti troverà la possibilità di realizzare il suo sogno grazie alla comprensione di un’altra donna, sua madre; inizialmente anche lei si era comportata come tutti gli altri ma attraverso l’ostinazione della figlia riesce a maturare una riflessione che la porta a desiderare un cambiamento.
Attraverso questo tipo di approccio, interno all’educazione, le donne possono cambiare il proprio ruolo e far sentire la propria voce, una voce che ha il diritto e ragioni infinite per esprimersi, che un giorno non dovrà più rimanere confinata dentro le mura domestiche, come invece nel film l’insegnante fa notare alle allieve, “A volte dimenticate che la voce delle donne non deve oltrepassare la porta”.
In fondo questo film, più che denunciare un ingiusto divieto, racconta la possibilità di superarlo attraverso la determinazione, l’ostinazione e la volontà. E’ la stessa autrice a dichiararlo apertamente, dimostrando di essere orgogliosa della ricchezza spirituale del proprio Paese ed esprimendo proprio per questo il desiderio di vederlo diventare sempre migliore.
“Sono così fiera di aver girato il primo lungometraggio mai filmato interamente nel Regno. Io vengo da una piccola città dell’Arabia Saudita dove ci sono molte ragazzine come Wadjda, che hanno grandi sogni, forti personalità e tanto potenziale. Queste ragazzine possono rimodellare e ridefinire la nostra nazione, e lo faranno. Era importante per me lavorare con un cast tutto Saudita per raccontare la storia in maniera autentica, con voci locali. Spero che il film offra una visione unica del mio Paese, e che parli del tema universale di speranza e perseveranza al quale possano relazionarsi persone di ogni cultura”. Haifa Al Mansour
Titolo originale: Wadjda
Regia: Haifaa Al Mansour
Interpreti: Reem Abdullah, Waad Mohammed, Abdullrahman Al Gohani, Ahd, Sultan Al Assaf, Dana Abdullilah, Rehab Ahmed, Rafa Al Sanea, Mohammed Albahry, Mariam Alghamdi
Distribuzione: Archibald Enterprise Film
Durata: 98'
Origine: Germania, Arabia Saudita 2012
(in foto la locandina del film)
Gisella Rotiroti