Estero
La bandiera cubana sventola a Washington. Nuovo passo verso la 'normalizzazione'
WASHINGTON, 20 LUGLIO 2015 – La bandiera cubana per la prima volta dopo 54 anni, quando furono interrotte le relazioni diplomatiche all'apice della crisi di Cuba, tornerà a sventolare sul tetto dell'ambasciata a Washington. La bandiera rossa, bianca e blu dell'isola caraibica sul suolo americano diventa il simbolo di quel lungo processo di disgelo, accelerato lo scorso 17 dicembre grazie alla mediazione di Papa Francesco e sancito dallo storico accordo tra il presidente Barak Obama e il fratello del Leader Maximo Raul Castro di ristabilire ufficialmente le relazioni diplomatiche. [MORE]
Nel primo pomeriggio è prevista una solenne cerimonia ufficiale della rappresentanza diplomatica dell'isola a Washington, a soli 3 chilometri dalla Casa Bianca: presente il ministro degli Esteri dell'Havana, Bruno Rodriguez, che in seguito verrà ricevuto dal collega statunitense, John Kerry, prima di tenere una conferenza stampa congiunta. E' la prima visita ufficiale di un ministro degli Esteri dell'isola castrista dal 1959: “Nei pochi secondi in cui la bandiera verrà issata, sentiremo tutto il peso della storia per gli anni che i nostri due Paesi non hanno avuto nessuna comunicazione. Per noi è un grande momento da celebrare”, spiega Rodriguez per sottolineare l'importanza dell'evento. Apertura più dimessa, invece, per la rappresentanza americana all'Havana dove i diplomatici attendono il viaggio dello stesso Kerry, in agenda tra qualche settimana, per far sventolare con tutti gli onori la bandiera a stelle e strisce.
Gli ostacoli in campo. Nonostante i passi avanti tra Washington e l'Havana restano diversi nodi da sciogliere. Ad esempio ka violazione dei diritti umani. I dissidenti cubani, infatti, accusano il regime castrista di aver aumentato la repressione dopo gli accordi tra Obama e Raul Castro. Il numero dei detenuti politici secondo le loro accuse negli ultimi mesi sarebbero addirittura aumentati. Inoltre, l'embargo economico in vigore contro l'isola dal 1960 se non sarà smantellato renderà impossibile una completa normalizzazione delle relazioni. Inoltre pesa la questione delle compensazioni per le proprietà americane confiscate dopo la rivoluzione cubana nel 1959 e sulle quali sono stati aperti quasi 6mila contenziosi negli Stati Uniti per un valore tra i 7 e gli 8 miliardi di dollari. Infine, Washington vorrebbe il ritorno in patria di diversi fuggitivi ricercati negli Usa, come un ex attivista delle Pantere Nere, Joanne Chesimard, sotto accusa per l'omicidio di un poliziotto nel New Jersey nel 1973 e riparato all'Avana nel 1984.
Ecco perché molti politici Repubblicani non hanno salutato la svolta nella politica estera dell'amministrazione Obama, ma anzi vanno all'attacco. Tra questi anche Marco Rubio, figlio di immigrati cubani e uno dei candidati alle primarie del Partito Repubblicano per le presidenziali del 2016. "Non avrei ristabilito le relazioni diplomatiche con una tirannia comunista e anti-americana, finché Cuba non avesse dimostrato una reale apertura in senso democratico. Questo riconoscimento in qualche modo manda un messaggio ai dissidenti nel mondo che gli Stati Uniti accettano la forma di governo cubana attuale come legittima", ha sottolineato il senatore della Florida. I dissidenti cubani
Immaginare una nuova isola. Impossibile tuttavia negare l'importanza del momento. La storia compie un intero cerchio: Stati Uniti e Cuba, l'implacabile coppia di rivali all'origine di tante crisi bilaterali e internazionali che rischiarono addirittura di far sprofondare il mondo interno nell'incubo dell'olocausto nucleare, torneranno a essere normali vicini. E non è difficile immaginare come proseguirà. Una volta che gli ottuagenari fratelli Castro non saranno più al potere e l'isola verrà invasa dai turisti e dagli investimenti americani, Cuba assomiglierà a una delle tante isole caraibiche, come del resto già gli assomoglia il complesso turistico di Varadero.
Certo, questo museo storico della rivoluzione socialista perderà molto del suo fascino e magari non vedremo più correre per le strade dell'Avana le sue auto vintage, ma sarà un prezzo che i residenti cubani pagheranno volentieri in cambio di maggiori libertà civili, della fine dei controlli su internet e di una repressione meno severa. Anche perché se quel giorno arriverà davvero, si troveranno in una posizione di forza rispetto alle altre isole caraibiche.
Sono innegabili, infatti, i risultati raggiunti dal Leader Maximo nell'economica: educazione scolastica universale e piena occupazione sono state raggiunte nonostante l'embargo americano. La mortalità infantile è scesa a 7 su mille, rispetto alla media di 30 su mille di tutti i Caraibi. Il collasso dell'Unione sovietica, contrasse di un terzo l'economia di Cuba, ma fu anche lo stimolo per avviare una serie di riforme economiche di apertura al mercato per tenere in vita il welfare state socialista.
Tiziano Rugi
Foto: AP