Cultura e Spettacolo
"L'uomo dal fiore in bocca" di Pirandello a conclude la stagione teatrale di Ama Calabria
LAMEZIA TERME (CZ) 19 MARZO - «Se la città ha risposto alla Cultura, vuol dire che la città ha forza , che ha un futuro» . Questo un segmento del breve discorso con il quale il direttore artistico di Ama Calabria Francescantonio Pollice, prima dell’inizio dello spettacolo, ha tracciato il percorso della seconda stagione di prosa scandito da tanti successi ma anche da tante difficoltà per le continue incertezze dell’utilizzo del Teatro Grandinetti e per la carenza comunicativa a riguardo con i nuovi commissari prefettizi che governano la città di Lamezia. Quindi è stata «una stagione paradossale» che comunque il pubblico ha apprezzato molto rispondendo con determinazione alla proposta culturale di Ama Calabria. [MORE]
A concludere la stagione teatrale “ L’uomo dal fiore in bocca e altri casi strani” di Luigi Pirandello con il quale Edoardo Siravo, affiancato da Stefania Masala, Gabriella Casali e Patrick Rossi Gastaldi, anche nel ruolo di regista, interpreta lo stesso Pirandello che scava nell’intima essenza dei personaggi di sei novelle ( La tragedia di un personaggio,Piuma, Pubertà, La cariola, Da sé, L’uomo dal fiore in bocca) cercando di capire l’angosciosa follia che tormenta la vita degli uomini destabilizzando il suo normale percorso. La narrazione si svolge in un ambiente borghese, elegantemente arredato e comprensivo di uno scrittoio, un divanetto e delle sedie in stile Luigi XIV. Sullo sfondo si stagliano dei personaggi che raccontano , tra pause e gesti drammatici, la loro sofferta meditazione sull’incomunicabilità, sulle contraddizioni ed ipocripisie che albergano nella società e sull’alienazione che segna la rottura con la realtà. Ognuno di loro, dotato di indubbie capacità attoriali, affronta il proprio ruolo con rapidi cambi di registro, di voce ed energica drammaticità manifestando l’urgenza di gustare ogni momento della vita prima di essere travolto dalla spietata morte.
La visione pirandelliana della vita e della follia trova ampio spazio nella rappresentazione del dramma “L’uomo dal fiore in bocca” nel quale il protagonista, condannato a morte da un epitelioma spuntato sotto i baffi, attraverso la dura lezione della mortale malattia, comprende la vanità assoluta della vita, delle sue convenzioni e sente che, al di fuori del relativismo di queste forme sociali, c’è soltanto il vuoto, il nulla della morte e, soprattutto, una solitudine senza conforto. L’uomo è tormentato da un’ansia senza respiro che contrasta con la placidità dell’avventore, incontrato in una stazione, il quale impersona l’esistenza degli uomini comuni, banale e futile, ma tuttavia guardata da lui con nostalgia pur ad un passo dalla morte.
Infatti l’uomo non demorde e tenta di scacciare il pensiero della funesta sorte conversando vertiginosamente con lo sconosciuto avventore, in attesa di prendere il treno per raggiungere i suoi cari in villeggiatura, attaccandosi agli aspetti più insignificanti dell’esistenza e soffermandosi sui minimi particolari della vita degli altri cercando di convincersi della futilità del vivere e distaccarsi da esso senza rimpianto: paradossalmente e inspiegabilmente, però, si lascia travolgere dall’ ansia del vivere pur aspettando la morte. Il senso dello spettacolo si può cogliere mirabilmente nella citazione del regista Patrick Rossi Gastaldi tratta da “La cariola” di Luigi Pirandello: «Chi vive, quando vive, non si vede mai. Se uno può vedere la propria vita, è segno che non la vive più: la subisce, la trascina. Come una cosa morta, la trascina. Possiamo dunque vedere e conoscere soltanto ciò che di noi è morto. Conoscersi e morire».
Lina Latelli Nucifero