Economia

L'Italia sotto attacco: le istituzioni finanziarie nazionali crollano in borsa

Roma, 1 novembre 2011. Dietro le difficoltà dei vettori finanziari italiani (banche e titoli del debito pubblico) mostrate nei mercati nella giornata d’oggi vi è la reazione degli investitori istituzionali e non alle decisioni di politica monetaria e economica che la congerie degli organismi ai diversi livelli vanno prendendo dinnanzi al precipitare della crisi internazionale. [MORE]

Una decisione della settimana passata dell’Eba (Euopean Banking Association) ha fissato nel 90% del valore effettivo dei titoli di debito italiani a dieci anni la soglia di valore riportabile nella base attiva del capitale degli istituti di credito secondo il processo di rafforzamento della base patrimoniale previsto dagli accordi di Basilea III. L’aumento di capitale previsto da questi accordi è funzionale al rafforzamento della posizione finanziaria di banche e istituti di credito in Europa, dopo la sbornia della leva finanziaria massicciamente utilizzata fino all’inizio della crisi.

La penalizzazione dei Btp italiani non è prevista per gli equivalenti titoli tedeschi e francesi e si riversa principalmente sugli istituti finanziari italiani che detengono il grosso del debito pubblico italiano. Infatti, se il prevalente controllo del debito pubblico italiano in mano ad operatori nazionali (più del 50%) è garanzia di autonomia nelle relazioni internazionali, una misura come quella dell’Eba rischia di mettere in ginocchio le banche italiane esposte particolarmente ai marosi della finanza pubblica italiana.

Nella giornata d’oggi Unicredit ha perso il 15,48%, mentre Banca Intesa ha lasciato per strada il 12,48%. Le stesse difficoltà le ha registrate il Btp decennale il cui spread rispetto al Bund tedesco è schizzato oltre i 450 punti, record storico. Dopo la missiva del governo italiano, scritta sotto la dettatura della Bce e degli organi dell’Unione Europea, con cui si recepiscono le indicazioni di politica economica indicate a livello internazionale, l’iniziativa dell’Eba rappresenta un’ulteriore passaggio verso l’internazionalizzazione della conduzione politica del Paese. Alcuni parlano di commissariamento per il governo italiano.

L’accusa pare ingenerosa se si considera che anche nei quotidiani italiani, tradizionalmente più provinciali di quelli di oltralpe, cominciano ad acquisire centralità nell’impaginazione le cronache dalle capitali delle istituzioni internazionali, Bruxelles e Washington. Le decisioni che si prendono in sede Fmi e di Ue, come i report dell’Osce, dell’Ocse e delle agenzie di rating condizionano i processi politici di ogni nazione. Va detto, però, che non tutti i Paesi recitano un ruolo di primo piano nei consessi internazionali, E se la latitanza della classe dirigente italiana nei centri decisionali internazionali è fenomeno tradizionale, la crisi di affidabilità delle istituzioni nazionali ha raggiunto oggi vertici da record, con conseguente indebolimento della rappresentanza degli interessi italiani nelle arene internazionali.

 

Emiliano Colacchi