Resilienze
L'Equazione imperfetta Scuola e Riforme: Ya me canse'
25 GENNAIO 2015 - Negli ultimi tempi mi sono chiesta almeno un centinaio di volte se sia proprio indispensabile una riforma della scuola? Per lo meno quelle che si paventano e profilano sotto questi cieli delle costellazioni chimeriche. In fondo è una domanda che il mio alter ego docente, da qualche decennio, rivolge sistematicamente a sé stesso . Così i miei dubbi apparentemente più banali, in bilico tra l’apparenza dell’illusione e il faceto della provocazione sempre più disillusa, suggeriscono qualche riflessione resiliente, a cominciare dalle contraddizioni.
La scuola italiana possiede numerosi insegnanti e dirigenti straordinari, capaci professionisti più che all’altezza del loro compito e della loro funzione civile; ma come molti di essi svolgono la professione con impegno, ve ne sono tanti altri che lo fanno senza troppi singolari entusiasmi.
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Lo scenario è variegato e popoloso: “Insegnanti-Personaggi” quelli che si “liquidano” in fretta; Docenti che invece rappresentano un punto fermo e ben saldo, indelebilmente appuntato nelle memorie di generazioni e generazioni: tutti caratterizzano la scuola. Gli insegnanti straordinari poi, sono forse quelli “baciati dalle stelle delle congiunzioni astrali” sono quelli cioè che riescono a trasmettere la magia della loro disciplina ad intere generazioni di uomini e donne, Loro hanno la capacità di coinvolgere e appassionare un gruppo classe, capaci di non spegnere ma altresì accendere, la curiosità e forse anche l’interesse; per gli alunni più “difficili” e impenitenti, così come per quello di tutti gli altri. Tutti Costruiscono conoscenze e sapere, offrono passione e impegno. Gli insegnanti “giusti”sono quelli che rimarranno sempre nella memoria: Indimenticabili, ciascuno ne ha almeno uno nella propria vita, lo custodisce gelosamente malgrado l’inesorabile scorrere del tempo. Sono Figure significative la cui traccia è indelebile nel percorso scolastico infantile, adolescenziale e giovanile di un individuo; questa traccia riemerge spesso improvvisa per trovare sempre il modo di essere dibattuta o solo rivissuta tra sprazzi di ricordi e memorie che ci hanno reso ciò che siamo. Ognuno trova sempre il proprio modo di ricordare con emozione o rabbia almeno uno dei propri docenti.
Se allora è davvero così, perché la professione Docente oggi è così svalutata e banalizzata? Perché siamo giunti al punto estremo del disagio dei docenti, passando sopra la loro funzione, il ruolo e la definizione sociale di questa categoria professionale; attraversando tangenzialmente la controversa questione della riforma? Serve ancora pensare ai processi educativi deturpando il senso del ruolo della funzione del Docente?
Ecco perché si rincorrono i dubbi di molti, su questo argomento. Il punto è forse uno e uno solo: Sono gli insegnanti ad aver davvero bisogno della riforma della scuola, oppure è la Riforma che ha bisogno di capaci docenti? Va da sé la risposta.
I Docenti perciò, quelli degni nella sostanza e nella forma di questo ruolo e della loro funzione, sono perciò la chiave di volta e l’essenza di ogni qualsivoglia processo di riforma, sono in aggiornamento continuo, in progressiva formazione ed evoluzione di sé stessi , sono quelli visionari e un poco “folli” sono riformatori più che per statuto, per l’ascendenza del loro personalissimo Dna d’insegnante, che li rende unici e certamente irriproducibili, secondo ciò che sono e non altrimenti ciò che si vorrebbe diventassero.
I Docenti sono fondamentalmente professionisti privi di particolari e Alte ambizioni personali, se non quello ricorrente per tutti, dell’attuazione della loro messa in campo quotidiana e sistematica, di continue sfide all’equilibrismo e alla provvisorietà.
Fare il docente oggi, forse prima che altro, significa comprendere la complessità e interpretarla, per costruire prospettive di vita e intelligenza. Solo in ragione di ciò si elabora che, le ragazze e i ragazzi che entrano nelle aule scolastiche, non sono solo studenti, bambini, adolescenti e giovani, che vanno banalmente a Scuola; ma che qui vivono, crescono, imparano, contemplano e sperimentano la vita.
I Docenti diventano la chiave dicotomica del semplice e dell’articolato, attraverso una variegata quantità di modi: gli stessi modi che permettono di misurare le distanze tra la capacità e la voglia di comprendere il mondo e tutta la sua complessità; in una dialettica articolata e assai complessa tra scuola-famiglia, scuola-mondo e realtà -interpretazione, che è sostanza e forza della società e della vita.
Ecco che i docenti ne sono la chiave di volta, lo strumento per eccellenza di quella dialettica inespressa; la differenza a questo punto, tra un buon insegnante e uno meno giusto, diventa cruciale. Gli Alunni in fin dei conti sono Persone in formazione, con storie, vissuti e caratteristiche uniche e diverse allo stesso tempo; Vite variegate e incontrovertibilmente vive e pulsanti di passioni, problemi e universi. Sono Giovani talvolta resistenti o talvolta flaccidi di fronte ai processi di crescita, di cambiamento e spesso anche di omologazione. Chiedono del resto solo di non essere mai appiattiti nel profilo “mostruoso” individuato da Claparède: quello cioè che li stritola nel profilo dello studente “medio”. Richiesta legittima d’altro canto, che metterebbe tutti d’accordo, se ci si affidasse completamente solo alle competenze professionali e umane del docente, debitamente valorizzate, retribuite e riconosciute con considerazione e rispetto.
Poiché tutti, docenti e società civile, sanno - anche senza possedere uno spirito Montessoriano- quanto sia irricevibile un sapere preconfezionato o slabbrato, fatto di conoscenze impartite attraverso la sofferenza e la noia.
Le Informazioni e le conoscenze che la scuola italiana è in grado di poter mediare offrire, curare e determinare, non dovrebbero dipendere perciò dal mero unico coinvolgimento delle anime per così dire elette all’istruzione, bensì piuttosto dalla capacità sistematica di intercettare e accogliere nelle scuole, la moltitudine di bisogni culturali e umani, a cui i legislatori non si interessano, convinti come sono che di solo pane si possa realmente vivere. La Scuola perciò dovrebbe essere messa nelle condizioni di assolvere a questa funzione progressista, fuori e dentro di essa, consapevole che i propri docenti sono gli intellettuali che occorrono all’opera di mediazione tra il dentro e il fuori. Le scuole come fucine di civiltà.
In realtà -nessuno lo dice- ma i contesti sociali di riferimento delle scuole da qualche decennio si sono anch’essi depauperati e avviliti, smarriti, svuotati di senso; e i Docenti sono rimasti da soli a dover fronteggiare emergenze e criticità, senza mezzi e strumenti che esulerebbero dai loro compiti specifici. Il Docente si è trasformato suo malgrado, in un “missionario laico” della società e dei contenuti culturali. Le attitudini vocazionali sono emerse quindi in tutte le loro stridenti e specifiche contraddizioni.
Il materiale umano si è avviluppato come capitale delle plus valenze a pochi zeri, che permette -solo ai docenti- di continuare a compiere e svolgere sempre e comunque la presa in carico plurale degli Individui-Alunni, per coadiuvarne l’essenza e il valore della loro consistenza, dovendo spesso invertirne l’ordine d’importanza.
Riforme semplici ma consistenti possono dunque abbracciare la scuola, i suoi docenti, il paese intero, per riformarlo veramente: quelle di un sistema amministrativo e gestionale, di reclutamento del personale che cancelli i tagli e favorisca finalmente gli investimenti organici che da decenni invece depauperano i bisogni funzionali al paese: Riforme di contenuti a cui l’intelligenza invita.
Non una Riforma ma centomila Riforme della scuola, purché serie e ben fatte; oltre le beffe e gli inganni di ciò che per ora è solo ancora, solo potenza e non ancora atto.
Poiché certi processi evolutivi difficilmente si determinano solo per leggi o decreti; ma altresì si realizzano prevalentemente con piena condivisione concertata degli attori protagonisti, investiti per la sostanza e la forma del ruolo “rivoluzionario” che li riguarda e li attende.
La domanda da cui partire è forse allora: a quale scopo e funzione vogliamo far rispondere la Scuola nella società civile del nostro tempo? Chi i Protagonisti sui quali investire e scommettere per le Ripartenze? Per non già riprodurre l’identico e obsoleto modello di scuola in corso, quello isolato e abbandonato a sé stesso, che tutti abbiamo criticato almeno una volta .
Il modello scolastico vivo e dinamico, con insegnanti capaci e motivati messi in grado di fare ciò che sanno e amano fare: Insegnare, Costruire e Produrre, non appare poi tanto insostenibile. Da troppo tempo urge un interesse sincero e non strumentale che finalmente possa chiudere e archiviare la povertà di risorse, strumenti e mezzi.
La Scuola e i propri docenti nonostante tutto hanno sempre definito a sé ed agli altri il proprio valore e spessore, anche senza essere riformati, anche in povertà di mezzi. Ma se riformare vuol dire cambiare, allora è da qui che bisogna partire; le riforme le hanno sempre approntate e fatte i docenti, sempre solo loro; si tratta stavolta soltanto di riuscire a definirne l’essenza e a rinnovarne le modalità, con buona pace del paese. L’equazione scuola come riforma, riforma come rivoluzione – attualmente - resta ancora del tutto imperfetta, testimone della non linearità fra i titoli formali e le diffuse incompetenze di chi è chiamato spesso a svolgerli con evidente inadeguatezza. E’ da augurarsi quindi che stavolta sia davvero quella buona.
La Scuola si lega sempre alla società del proprio tempo, alla sua dimensione storica e politica, alla civiltà del suo presente del passato e della sua storia; unicamente attraverso i suoi docenti e ancor di più i propri alunni. Riappropriarsi di questa consapevolezza per affermarla indiscutibilmente, coniugandola a nuove forme di Rispetto per essa, difendendone il riconoscimento del suo valore intrinseco senza incertezze, dubbi o esitazioni: permetterebbe di approntare una nuova e forse vera Riforma.
Angela Maria Spina