Estero
L'Egitto dice "no" al test di verginità sulle detenute
MILANO, 28 DICEMBRE 2011 - Una svolta nella detenzione femminile nei paesi mediorientali. L'alta Corte amministrativa del Cairo ha messo al bando la pratica del test di verginità sulla detenute. Il verdetto arriva in risposta ad una serie di cause intentate da diversi movimenti egiziani per i diritti umani contro il presidente della giunta militare, Hussein Tantawi, alla giuda del Paese dopo la caduta di Hosny Mubarak.[MORE]
La decisione, è la prima di questo tipo ed è stata salutata con urla di gioia e applausi da parte di decine di attivisti che hanno partecipato all'udienza. «È una buona notizia. Aspettiamo ora una decisione della Corte per i risarcimenti», ha dichiarato Hossam Baghat, responsabile della ong Iniziativa egiziana per i diritti della persone.
La pratica dei test di verginità forzati è infatti stata denunciata come una forma di «tortura» e di violenza sessuale da parte delle organizzazioni egiziane e internazionali di difesa dei diritti umani, in particolare da Amnesty International e Human Rights Watch (Hrw). Non solo per essere contro la volontà delle donne che la dovevano sunire, ma sopratutto per la violenza della pratica e per le conseguenze fisiche e psicologiche che si riscontravano nelle detenute. Samira Ibrahim, 25 anni, originaria della regione del Sohag (Alto Egitto), responsabile di marketing in un'azienda privata, venne arrestata il 9 marzo scorso durante una manifestazione pro-democrazia al Cairo. In alcuni video postati su YouTube, Ibrahim racconta che insieme ad altre donne subirono scosse elettriche da parte dei militari «che ci insultarono e ci accusarono di provenire da una casa chiusa». La donna rivela poi che il suo gruppo venne malmenato tutta la notte prima di essere trasferito in una prigione militare. «Un ufficiale ci disse di essere venuto per chiarire se eravamo o meno delle prostitute», e poi le sottopose ai test sotto controllo medico.
Dopo i primi dinieghi, alcuni generali avrebbero confessato spiegando che il test serviva ad «evitare che le detenute denunciassero falsi abusi o aggressioni sessuali subiti durante il periodo di detenzione». Una forma di controllo per impedire alle manifestanti che erano vergini di sporgere denuncia per stupro contro i soldati che le avevano arrestate. Il capo della giustizia militare, Adel Mursi, ha affermato che la decisione presa oggi dal tribunale amministrativo è però «inapplicabile», in quanto non esisteva «nessun ordine che prevedeva di effettuare test di questo tipo» nelle prigioni militari. «Se tutto ciò è accaduto, è stato un atto personale che richiede l'apertura di un'inchiesta per crimini», ha aggiunto.
Stando al responsabile della ong egiziana, Hossam Baghat, il processo del militare accusato di avere eseguito l'esame su Samira Ibrahim dovrebbe aprirsi a inizio gennaio 2012 davanti a un tribunale militare, ma Baghat prevede che soltanto un solo militare verrà incriminato per «oltraggio al pudore» e sarà punito con un'ammenda. I test di verginità hanno contribuito a screditare la reputazione e la credibilità dell'esercito egiziano, già nel mirino dei manifestanti per i metodi usati nella repressione.
Caterina Gatti