Estero
L'autostrada non si farà. Pachamama vince, Evo Morales perde
LA PAZ (BOLIVIA), 28 SETTEMBRE 2011 - La Pachamama (“Madre Terra”, in lingua quechua) ha vinto. È questo, in sintesi, il significato del dietrofront a cui è stato costretto nei giorni scorsi il presidente boliviano Juan Evo Morales Ayma, che dopo tante battaglie al fianco dei nativi – di cui anch'egli fa parte, essendo nato in una famiglia Aymara - si era questa volta schierato dalla parte opposta.[MORE]
300 chilometri di autostrada che avrebbe attraversato la più grande riserva ecologica del Paese, per una spesa di 420 milioni di dollari che il Brasile avrebbe utilizzato per collegare Manaus, capitale dello Stato brasiliano di Amazonas, con Manta, porto ecuadoriano sul Pacifico. Un'infrastruttura che, nell'ottica del governo boliviano, avrebbe permesso di collegare le comunità più isolate al resto del paese, così da migliorarne le condizioni di vita e l'economia locale.
Ma i nativi, sostenuti dalle associazioni ambientaliste, si sono da subito contrapposti al progetto, che avrebbe previsto l'abbattimento di mezzo milione di alberi e la distruzione delle terre ancestrali. Per questo, a metà del mese scorso, centinaia di nativi appartenenti alle comunità amazzoniche hanno marciato in protesta da Trinidad a Yucomo (circa 250 chilometri dalla capitale) dove sono arrivati domenica scorsa e subito attaccati dalla polizia con lacrimogeni e manganelli. Da quel momento la popolazione boliviana si è prodigata in sit-in e manifestazioni di protesta e che hanno visto nello sciopero della fame di 17 cittadini di Santa Cruz il punto più alto.
Una mobilitazione nazionale che, ovviamente, Morales non poteva non ascoltare. E questo non è che l'ultimo di una ormai lunga serie di scontri tra il primo presidente indigeno dell'America Latina – sempre più accusato di favorire gli interessi economici dei grandi gruppi internazionali e l'attività delle industrie minerarie - ed i gruppi che lo portarono alla vittoria nel 2005, in particolare quelli dell'area amazzonica, che non perdonano al presidente di aver tradito quei diritti dei nativi e della Pachamama sanciti dalla Costituzione.
Andrea Intonti