Fantasticherie del cuore

L'atto di compravendita tra l'uomo e Dio!

Non si possono trasferire al cielo le nostre sconfitte sulla terra per causa dei fatti “confezionati” dal male, delegando Dio ad intervenire per conto di chi ha fallito nella sua missione, piccola o grande che sia. Verrebbe fuori un vangelo che consola chiunque si pianga addosso e che spinga ognuno ad evadere dalla Parola. Per fare cosa? Andare verso un mondo ideale che annulli qualunque responsabilità personale di fronte alle tante incongruenze etiche e sociali. Questo quadro desolante purtroppo è anche spesso corrente tra i cristiani, pronti a fare della propria stanchezza e della mancanza di fiducia un “nobile” pretesto per rinviare ogni cosa all’Altissimo. Se questa dovesse essere la tendenza principale da seguire nei giorni a venire, non basterà di certo neanche “azzerare” la società. [MORE]

Prima bisogna rimarcare una verità di base: “Ogni definizione del vangelo passa sempre dal fatto che è il peccato il principe dei mali del mondo”. Leggo tra i miei appunti: “Il Vangelo è un vero patto. Potremmo dire una compravendita. Viene Gesù e mi dice: Ti vendo la mia vita eterna a condizione che tu mi vendi la vita del tempo. Io ti dono la mia beatitudine infinita e tu vivi sulla terra ogni croce di povertà, miseria, angheria, sfruttamento, ingiustizia, soprusi, secondo però la purezza della mia Parola”. Si tratta di un patto non certo facile da rispettare, vivendo tra le infinite sirene che di solito corteggiano l’uomo e spingono al peccato. Qui emerge la figura del sacerdote. Senza la sua santa missione quotidiana crolla la difesa e la conversione del singolo e della comunità. Un uomo che pecca non potrà mai rispondere con un sì convinto al patto da sottoscrivere con il Signore.

Ma come avviene con tutte le chiare e serie compravendite di ogni giorno dovrà essere obbligatorio rispondere con un si o con un no. Dio “vende” la sua vita a ciascuno e perciò chi sottoscrive il patto, non imposto da alcuno, non potrà che fare la stessa identica cosa. I frutti saranno per il futuro copiosi in ogni azione umana e in qualsiasi articolazione attiva della società odierna. Si tratta di un contratto che non porta all’isolamento rispetto al presente, qualunque sia il ruolo o la professione rappresentati, ma che consente di guardare ciò che ci circonda con una particolare profondità di pensiero. Un modo concreto per non essere risucchiati da una effettività artefatta dallo stesso uomo, penetrandola in profondità e arginando, per la propria parte, una qualche forma di deriva personale e collettiva.

La parabola delle dieci vergini, cinque delle quali erano sagge e cinque stolte, ci descrive nettamente come le vergini stolte disattendano il patto con il Signore, agendo dal proprio istinto e non dalle norme sottoscritte. Scordano di portare con loro l’olio sufficiente per illuminare il proprio cammino. È impensabile partecipare ad un corteo regale con una lampada spenta! Lo sposo atteso va accompagnato allontanando le tenebre e perciò l’olio per la lampada, quest’ultima simbolo del patto divino, non potrà per alcun motivo mancare. Le conseguenze? Sono tutte nelle poche parole della risposta dello Sposo alle vergini rimaste con la lampada al buio. “Signore, signore, aprici!”. Ma egli rispose: “In verità io vi dico: non vi conosco”. L’augurio è che non manchi mai a nessuno l’olio buono per lampada della vita, nel rispetto dell’atto di compravendita sottoscritto con Dio.

 




Egidio Chiarella

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