Cultura e Spettacolo
L'anniversario della morte di Aldo Moro: trentatre anni dalla morte della prima repubblica
Roma 10 maggio 2011 - In occasione della pubblicazione del volume curato dallo storico Miguel Gotor “Il memoriale della Repubblica. Gli scritti di Aldo Moro dalla prigionia e l’anatomia del potere italiano” (Einaudi), viene offerta al pubblico lettore una riflessione incisiva attorno al significato che l’esecuzione dello statista pugliese ha avuto, e continua ad avere, rispetto alla mutazione della società italiana. Lo storico torinese ha il merito di introdurre nel dibattito un’originale chiave di lettura circa il disfacimento della prima repubblica:[MORE] la materialità del memoriale (stemperata dal rinvenimento di sole otto cartelle manoscritte originali direttamente recapitate dalle Brigate Rosse, oltre ad altre collazioni dattiloscritte o fotocopiate apparse nell’ottobre del 1978 e nel 1990 nel covo di via Monte Nevoso a Milano) consegnato alle Br e scritto in parallelo alle lettere autografe effettivamente recapitate, deve essere ricomposta al fine di ricostruire anche fisicamente la sofferenza delle nostre istituzioni in un passaggio di lancinante dolore come quello della “notte della repubblica”. Se l’epistolario con cui Aldo Moro interagì con la classe dirigente del suo partito e con le istituzioni politiche del suo Paese è esemplificativo della notevole capacità di analisi del politico, il memoriale, anche se ne possiede una versione mutilata, mostra l’umanità e le doti profetiche dell’uomo.
Miguel Gotor consegna alla storiografia, accanto all’ormai nutritissimo materiale inerente l’analisi politica della dialettica istituzioni-Br all’epoca del rapimento, un documento che evidenzia il Moro non ancora detto, quello che offre un lancinante e appassionato grido circa l’agonia della sua repubblica, con un linguaggio che non può che essere poetico e profetico. A circa vent'anni dalla nascita della declamata seconda repubblica, occorre portare le lancette della storia alla data del 1978, laddove affondano le radici autentiche del regime “post-ideologico” in cui oggi viviamo. Il memoriale è il testo fondativo in quanto scritto con la lingua poetica dei fondatori della seconda repubblica, oltreché l’atto di chiusura della prima. La classe politica d’allora, De Mita e Forlani in primis (di cui sono importanti le testimonianze registrate nel convegno di ieri a Montecitorio), seppe recepire la lucidità delle denunce politiche del compagno politico con le sue analisi iper-razionali; ma non volle ante-vedere nelle parole poetiche di Moro l’alba di una nuova stagione, che come tutte le nuove epoche politiche nasce da un atto tragico e singolarissimo: il sacrificio dell’amico e dello statista.
Emiliano Colacchi