L'aeroplanino Montella torna a volare sopra Roma, da allenatore
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ROMA, 22 FEBBRAIO - La notizia era nell’aria già da qualche settimana, in attesa solo della fatidica goccia che fa traboccare il vaso: i quattro goal subiti dal Genoa in meno di un tempo, in vantaggio per 3-0, assomigliano tanto ad un fiume in piena piuttosto che a una goccia.
E così alla fine sono giunte le dimissioni di Claudio Ranieri dalla guida tecnica della squadra capitolina: ci ha provato fino in fondo, con le parole, a far cambiare marcia ai suoi giocatori, alternando bastone e carota lì dove invece si sarebbero meritati solo e tante bastonate. Non è bastato e da primo tifoso di questa squadra ha deciso di pagare solo lui, di rinunciare al sogno romano pur di creare una scossa in uno spogliatoio ormai apatico.[MORE]
La Sensi ha tentato invano di trattenerlo, sapendo che a questo punto raddrizzare la stagione sarà un’impresa ardua per chiunque. Ma di fronte all’inamovibilità della decisione, si è infine giunti ad una recissione consensuale del contratto ed un ultimo scambio di coccole fra due innamorati che si lasciano perché si amano troppo. La presidenza ringrazia il già ex tecnico, l’allenatore ringrazia la società (tra l’altro inesistente), la città, i colleghi (che gli hanno testimoniato solidarietà), i tifosi, i giocatori (perfino i giocatori, gli stessi che facevano la staffetta in campo per insultarlo e per mandarlo dove lui sa): sembra la notte degli Oscar, ma non c’è tempo per le lacrime di rito.
Si apre una nuova parentesi, all’anagrafe Vincenzo Montella. Un altro romano (d’adozione), non ancora patentato (in termini calcistici, s’intende), e quindi accompagnato dai genitori (o da chi ne fa le veci, in questo caso Aurelio Andreazzoli, già collaboratore dello Spalletti romano) a traghettare la Roma almeno fino alla fine di questa stagione.
Riuscirà nell’impresa di dare motivazioni ad una squadra di prime donne abituata a lottare fino all’anno scorso per traguardi ben più ambiziosi, sfinita prima di tutto psicologicamente da una perenne rincorsa all’Inter sempre svilita sul più bello. Per non parlare degli irrisolvibili puzzle societari che fanno da scudo al gruppo come un castello di sabbia costruito pericolosamente vicino alla riva.
Molti paragonano questo Montella al primo Mancini, sperando che si possa ripetere il buon exploit dell’allenatore alle prime armi (come successe ai cugini della Lazio): errore. Quel Mancini non era affatto alle prime armi come tecnico: Mancini è stato allenatore in campo fin da giovanissimo e i suoi compagni (molti dei quali si ritrovò ad allenare) erano abituati ad ascoltare la sua voce (molte volte veemente) fin da quando se lo trovavano fianco a fianco sull’erba dello stadio.
Montella, invece, ha tutto da dimostrare e paradossalmente il fatto di conoscere già gran parte della squadra potrebbe essere un boomerang se non gestito con una elevata dose di carattere: perché si sa, sono tutti amici finchè non arriva il conto da pagare.