Cultura e Spettacolo
Jannuzzo amore mio....
Gianfranco Jannuzzo , l’ormai consumato attore teatrale che tutti conoscerete, era di scena ieri sera a Lamezia Terme.
In realtà il titolo della rappresentazione era “Girgenti amore mio…”, ma è stato tale il successo di pubblico e di consensi riscossi dal bravo umorista della Sicilia al Politeama di Lamezia Terme, che egli è sicuramente entrato nel cuore di tutti i lametini.
Lo spettacolo infatti è stato un crescendo di sorrisi, di risate e di applausi, via via più intensi e calorosi, man mano che l’uditorio si scaldava.
Girgenti è il nome che l’attuale città di Agrigento ha avuto fino agli anni ’30 ed è proprio lì che Jannuzzo affonda le proprie radici - per così dire - riprendendo una splendida immagine dello spettacolo dedicata alla figura dell’emigrante siciliano, il quale mette radici sempre più profonde nella propria terra fatta di lava e sale ed esse rimangono sempre avvinghiate al terreno anche quando, partendo, cerca di sradicarle ….[MORE]
Anche Jannuzzo come molti altri suoi conterranei è emigrato al Nord con la propria famiglia, stabilendosi a Roma. Dice di esser grato a suo padre per aver fatto tale scelta, però conserva intatto il proprio legame ed il proprio attaccamento alla sua terra natale.
E non a caso il nostro beniamino usa il nome di Girgenti, ad indicare che l’amore per la sua terra è ancor più profondo ed atavico e va ben al di là di dove arrivano i suoi stessi ricordi: è l’amore per la storia, per i luoghi, per le tradizioni antichissime, per il mare che circonda la Sicilia, per una realtà ricca di contraddizioni e di problemi, ma nello stesso tempo splendida.
Girgenti è per il nostro attore beniamino uno scrigno pieno di magici ed anche emozionanti ricordi, che lui apre davanti allo spettatore snocciolandone il contenuto a poco a poco.
Proveniente dalla scuola di Proietti, Jannuzzo, da fine ed intelligente umorista quale è, si profonde in una raffica di battute divertenti, che investono lo spettatore, suscitando immancabilmente la risata. Di qui il successo riscosso dall’istrione.
Bravo affabulatore dalla parlantina fluente, a tratti incalzante, scoppiettante, che con i suoi scioglilingua, le battute salaci e con sapienti giochi di parole, tiene incollato lo spettatore alla poltrona, per tutte le due ore di spettacolo.
Giocando con le parole ed i dialetti, attraverso i suoi funambolici scioglilingua Jannuzzo ha ironizzato a più non posso, creando attraverso l’interpretazione splendidi “quadretti”, che in modo divertente e colorito, raffiguravano pregi difetti e luoghi comuni di siciliani e calabresi.
Il pubblico è stato entusiasta della performance, tributando applausi a tutto spiano e ed approvando con un sacco di risate per tutta la durata dello lo spettacolo.
Come era naturale che fosse, l’attore agrigentino si è prodotto anche in una riuscita e divertente imitazione dei nostri dialetti calabresi, dal catanzarese al reggino.
Non è mancato un accenno al tema ormai frequente dell’unità nazionale, nella ricorrenza del 150 anniversario; infatti tutti quanti i dialetti - con i quali si gioca per tutto l’andamento del monologo - rappresentano la diversità, la peculiarità di ogni realtà locale, ma sempre nel contesto dell’unità nazionale.
La performance è però molto più che una semplice ricognizione dei vari dialetti italiani in chiave ironica e umoristica, o una sorta di commedia dell’arte tout-court, come potrebbe apparire a prima vista.
Se l’intento era quello di mostrare l’amore per la propria terra , sicuramente Jannuzzo riesce nel suo proposito, al punto tale che lo spettatore finisce anche lui per amare quei luoghi, quella gente, che fra l’altro hanno molte cose in comune con la nostra realtà calabrese, come Jannuzzo mette bene in evidenza.
In ogni momento della pièce c’è sempre un riferimento, un richiamo, un “ritorno” alla terra di Sicilia ed in particolare a Girgenti, che mette in evidenza l’attaccamento viscerale che Jannuzzo ha per la propria terra, cui lo lega una sorta di cordone ombelicale che non è riuscito mai a tagliare.
E l’amore di cui lui è protagonista è lo stesso che lega il calabrese, il milanese, il torinese, il veneto, etc. alle proprie origini.
La pièce contiene una galleria di personaggi “tipici” del contesto siciliano ed agrigentino. Ed è facendo parlare tali personaggi, con le loro inflessioni dialettali che Jannuzzo rende movimentatissimo il suo lungo monologo, quasi che sulla scena vi fossero assieme a lui molti altri attori.
Ogni imitazione è un incalzare di battute dialettali spassosissime.
Apre la rappresentazione la caricatura del sindaco di Pizzo, paesino siciliano di provincia. Un personaggio alla Cetto la Qualunque, per intenderci, ma dipinto con sottile ironia, a cui Jannuzzo mette in bocca un linguaggio spassoso e divertente, costellato di strafalcioni. Nel corso del monologo, esilarante, si coglie l’occasione per far dell’ironia - stavolta amara - sui problemi socio-economici che affliggono la Sicilia, ad esempio giocando sul significato della parola “pizzo”, che è il nome del suddetto paesino siculo, nonché della nostra Pizzo Calabro, ma che sta a significare anche tutt’altra cosa!!.....
Quindi si pone in forte risalto il problema dell’acqua ad Agrigento, che l’attore ricorda essere stato presente fin da quando era bambino e bisognava armarsi di recipienti e bidoni per andarsi a rifornire ….
Un altro “inserto” semiserio è quello dedicato alla tradizionale festa di San Calogero, ad Agrigento, con tanto di ingresso in scena della statua del Santo, recata a spalla da due portantini. Per San Calogero vi è ad Agrigento una venerazione particolare… E’ il Santo delle grazie!
Assolutamente interessante e di grande effetto è l’inserimento nell’arco della recitazione di alcune parti un po’ più seriose, in cui avviene un cambio di registro e si passa dal tono ridanciano ed umoristico ad uno più lirico.
Rallenta pure il ritmo delle recitazione e Jannuzzo si lascia andare alla recita di una sorta di poema in cui vengono magnificate le qualità della donna, in particolare quella meridionale. Il momento è anch’esso di grande impatto emozionale, come il resto dello spettacolo.
Il nostro modello matriarcale di società è poi preso ad esempio, per sottolineare il ruolo e l’importanza della donna.
Altro momento molto “poetico” è il monologo sul mare, fatto di una serie di riflessioni su ciò che esso ha rappresentato per la nostra cultura e per la nostra storia. Quello stesso mare che circonda la Sicilia, che non è solo luogo di villeggiatura e di svago, ma fonte di emozioni e di ricordi. Il mare, che ti porta lontano con la mente mentre stai fermo a contemplarlo. Il mare che è stato solcato dagli antichi popoli che hanno dato vita alla nostra civiltà.
Non è facile mantenere uno spettacolo di due ore da solo ed a quei livelli e Jannuzzo c’è riuscito, riscuotendo un enorme successo. Complimenti!
… E buon ritorno a Girgenti!