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ISIS, propaganda e possibili menzogne dietro l'esecuzione degli ostaggi

 DAMASCO, 7 FEBBRAIO 2015 – Nei giorni scorsi, l'ISIS ha rilasciato un comunicato in cui faceva sapere che la 26enne americana Kayla Jean Mueller, ultimo ostaggio nelle mani del Califfato, avrebbe perso la vita in seguito ai raid aerei promossi dall'aviazione giordana; non è da escludere che il fatto sia vero, ma non è nemmeno sbagliato considerare il comunicato mendace.

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Le ragioni propagandistiche delle esecuzioni dell'ISIS

L'ISIS utilizza i filmati delle esecuzioni come un mero strumento per accrescere il proprio potere politico. “Attraverso la pubblicizzazione delle brutalità”, conclude un recente rapporto delle Nazioni Unite, “il gruppo noto come ISIS intende convogliare la propria autorità sulle aree sotto il proprio controllo, in modo da mostrare la propria forza e di conseguenza attrarre a sé nuove reclute, oltre a intimidire tutti coloro che avrebbero intenzione di fronteggiare la loro ideologia, dal singolo individuo, a un gruppo, o un altro Paese”.

Non rappresenta, dunque, eccezione l'ultima dichiarazione del Califfato: il 6 febbraio è stata annunciata la morte della 26enne, presente in Siria per dare supporto umanitario, uccisa dai raid che hanno colpito la città di Raqqa. L'ISIS ha dichiarato che “le bombe giordane hanno fallito, uccidendo il loro ostaggio americano”, mentre “nessun militante dell'ISIS ha perso la vita nell'operazione, grazie all'aiuto di Allah”.

L'intenzione del messaggio – che starebbe dietro – è piuttosto evidente: esaltare l'invincibilità del Califfato, e che il raid giordano, inteso come atto di vendetta per l'uccisione del pilota Moaz al-Kasasbeh, non ha fatto altro che uccidere un altro prigioniero; potrebbe oltretutto avere lo scopo di dividere la coalizione anti-ISIS, guidata dagli Stati Uniti, insinuando che la Giordania risulterebbe responsabile della morte di una cittadina americana.

Perché non bisogna credere a tutte le dichiarazioni dell'ISIS

Non è da escludere che le dichiarazioni dell'ISIS, delle circostanze intorno alle quali la giovane donna è stata uccisa, siano veritiere; ma il Califfato non ha mostrato alcuna prova a riguardo, e piuttosto ha un sapore così di propaganda che d'impatto perde di qualsiasi credibilità. In realtà, il tutto risulta piuttosto coerente con simili azioni compiute in passato dal gruppo jihadista.

Da un certo punto di vista, risulterebbe terribilmente conveniente dichiarare che i raid giordani abbiano ucciso soltanto l'ostaggio americano, e nemmeno uno dei miliziani dell'ISIS; inoltre, l'ISIS ha sempre avuto pochissima riluttanza a diffondere foto e filmati degli ostaggi uccisi in precedenza. Se supponiamo che la morte della volontaria sia realmente avvenuta, il gruppo non avrebbe, in teoria, esitato a diffondere immagini che lo provino.

Vi sono infine una serie di precedenti in base ai quali l'ISIS abbia presumibilmente mentito sulle esecuzioni dei precedenti ostaggi, e sul tempismo di quando esse siano avvenute. In gennaio il gruppo intraprese delle negoziazioni durate settimane con il governo Giordano, per la liberazione di Kasasbeh, ma non è stato in grado di fornire prove effettive del fatto che il pilota fosse ancora vivo. L'ISIS ha rilasciato il filmato della morte del pilota giordano non prima del 3 febbraio, ma il governo di Amman ritiene che l'ostaggio sia stato giustiziato almeno un mese prima.

Al di là del loro aspetto manipolativo, tali menzogne risultano persino crudeli, poiché prolungano il dolore delle famiglie degli ostaggi. Le continue richieste e la sfiducia dell'ISIS nelle negoziazioni offrono l'illusione che qualcosa possa essere fatto per salvare la vita ai propri cari, quando in verità è già tutto perduto. La vedova di Kasasbeh, ad esempio, a quanto pare era aggrappata alla speranza che le negoziazioni potessero avere successo, ma ha appreso della morte di suo marito solo dai telegiornali. A oggi, la morte dell'ostaggio americano non è stata ancora confermata. Ma la triste notizia è che, se è morta, è probabile che sia stata uccisa molto prima dell'inizio dei raid giordani.

Foto / Fonte: vox.com

Dino Buonaiuto