Isabella Di Chio: La devozione alla Madonna di Lourdes e la battaglia contro il cancro
Parola e Fede Lazio

Isabella Di Chio: La devozione alla Madonna di Lourdes e la battaglia contro il cancro

lunedì 30 aprile, 2018

 Isabella Di Chio, classe 1972 nata a Roma, laureata in Lettere all’Università “La Sapienza” e giornalista Rai dal 2001. Molti avranno imparato a conoscere il suo volto come inviata in tutte le fasi del terremoto del 2016, dall’emergenza alla ricostruzione. Isabella è una donna di grande fede, molto devota alla Madonna di Lourdes e ha affrontato una difficile battaglia, il cancro. L’intervista che ha rilasciato per Miracoli fa capire tante cose. [MORE]
D: Isabella e la fede, che rapporto c’è?
Un binomio inscindibile. La fede è per me fondamentale. Sono nata in una famiglia credente. Mio padre e mia madre pregavano insieme a noi e ci hanno aiutato sin da bambini a capire che Gesù e Maria sono compagni di viaggio. Io e mio fratello siamo cresciuti con questa certezza. Da grande ho consolidato anche attraverso il dolore profondo la mia fede. La perdita di mio papà poi, otto anni fa, è stata una prova terribile. Non mi sono mai sentita abbandonata, però, neppure nei momenti più difficili. E sono stati tanti.


D: Hai un legame speciale con la Madonna di Lourdes. Cosa significa per te Lourdes?
La mia ricarica spirituale. Lourdes è una esperienza forte alla quale non posso rinunciare. La prima volta che ho prestato servizio nel santuario francese ero ancora una studentessa universitaria. Mi propose di andare un sacerdote amico che ci ha lasciati prematuramente qualche anno fa. E da quel momento ogni anno (tranne qualche piccola eccezione) sono stata presente al pellegrinaggio della Lega Sacerdotale Mariana con il CVS, il centro volontari della sofferenza. In questi pellegrinaggi ho conosciuto persone che ora fanno parte della mia vita. Ci lega l’amore per Maria. Ogni volta, quando parto da Lourdes dove offro il mio contributo all’Accueil Notre Dame, chiedo a Maria di farmi tornare l’anno successivo. Un appuntamento di preghiera e servizio, di amore fraterno e di profonda spiritualità. Ho già prenotato: io e mia mamma saremo a Lourdes il prossimo luglio.

D: Quanto è difficile testimoniare la fede nel tuo lavoro di giornalista?
Il mio è un lavoro straordinario, che offre la possibilità di raccontare e di incontrare tante persone, tanti volti, tante storie. Un privilegio per me. Ho sempre cercato di essere me stessa e di non scindere la fede dalla vita quotidiana. Mi piace guardare le persone negli occhi, come dice papa Francesco. Testimoniare la fede nella vita di tutti i giorni e nella professione non è facile ma è una sfida e una conquista continua. Io ripeto sempre a me stessa che è fondamentale considerarsi servi inutili.

D: L’emozione nel seguire il terremoto di Amatrice. Cosa ti ha lasciato questa esperienza?
Amatrice e gli altri comuni del reatino colpiti dal terremoto del 2016 sono ormai nel mio DNA. Ho seguito per la TGR Lazio, la testata giornalistica regionale della Rai, l’emergenza e la ricostruzione. Ho vissuto ad Amatrice per nove mesi e poi fino al mese di settembre del 2017 sono stata presente per raccontare le vicende di coloro che hanno perso tutto. La nostra testata, con il direttore Vincenzo Morgante ha scelto di rimanere in questo territorio, di non andare via. Vicini alla gente. Gli abitanti dei comuni feriti dal sisma mi hanno insegnato il coraggio. Ho condiviso con loro le scosse e le conquiste quotidiane, le difficoltà e le speranze. Ora sono parte della mia vita. Persone che sento quotidianamente e che mi sono vicine anche ora che sono a casa in convalescenza dopo l’operazione e la chemioterapia.

D: La malattia: un tumore. Di punto in bianco la notizia che ti dovevi operare.
Un fulmine a ciel sereno. Ero proprio ad Amatrice quando telefonai alla mia ginecologa per chiederle un appuntamento per una visita di controllo. Tornata a Roma l’ecografia e la scoperta di un qualcosa di strano. Gli accertamenti (i marcatori e poi la risonanza) hanno rivelato che era necessario operare. Subito. Nell’arco di tre giorni mi sono ritrovata al Policlinico Agostino Gemelli di Roma. Oltre sei ore di operazione per asportare un tumore maligno alle ovaie. È accaduto tutto velocemente e non ho avuto neppure il tempo di pensare. Da Amatrice al letto del decimo piano del Gemelli. Lo stesso piano dove fu ricoverato San Giovanni Paolo II. Dalla mia finestra si poteva vedere la cupola di San Pietro. La notte prima di operarmi ho recitato il rosario e ho detto al Signore: “Di Te mi fido e a Te mi affido”. Avevo paura, devo essere sincera. E allora ho offerto questa mia paura. Fondamentali il sostegno dei miei cari, dalla mia famiglia, degli amici, dei medici del Gemelli. Un abbraccio corale che mi ha aiutato, mi ha dato la forza di andare avanti. Dopo l’operazione poi è arrivata la notizia che avrei dovuto affrontare la chemioterapia preventiva. Sei cicli. Un’altra prova da superare. Le lacrime non mi hanno mai abbandonato ma non mi sono arresa.


D: Cosa hai chiesto al Signore in quei momenti?
Di non abbandonarmi, di affrontare con me quella strada così dolorosa. La caduta dei capelli, i terribile effetti collaterali della chemio: ferite che ogni giorno alimentavano il mio dolore . Io però non mi sono mai sentita arrabbiata, mai. Non ho mai chiesto “perché proprio a me?”. Ho combattuto ogni giorno con il sostegno di coloro che amo: il mio meraviglioso fidanzato, la straordinaria mia famiglia e i miei preziosi amici. Senza di loro non sarei riuscita a superare questa pagina della mia vita.


D: Una mamma eccezionale ti è stata accanto minuto dopo minuto in questo periodo di sofferenza, un’altra Mamma ti è stata accanto dal cielo…

Un dono grande mia mamma. Catechista da oltre quaranta anni e ministro straordinario dell’Eucarestia. Mia madre ha vissuto con me questa malattia. Ha seguito ogni istante di quelle giornate interminabili. E ha sempre pregato accanto a me e con me. Per noi Maria è stata ed è una Mamma straordinaria. La notte nella quale i capelli sono caduti non la dimenticherò mai. Erano le due e io continuavo a piangere. Mia madre mi ha raggiunto in camera con una tazza di camomilla e poi abbiamo recitato insieme il rosario. La Donna per eccellenza non ci ha abbandonate. Era con noi anche in quella notte terribile.

D: La chemioterapia, la sofferenza, la debolezza, l’oscurità della malattia hanno fatto tentennare la tua fiducia nel Signore? Come lo pregavi? Come ti rispondeva?
Durante questi sei mesi sono stata molto male. Ho avuto tutti gli effetti collaterali previsti. Nessuno escluso. Ci sono state giornate durissime, non posso negarlo. Momenti ardui da superare. Io ho cercato di pregare anche in quegli istanti. Non è stato facile. Allora ho chiesto al Signore di entrare in quelle pieghe delle mie giornate. Ho pensato tanto al calvario e alla sofferenza patita dal Signore. Ho sentito la Sua presenza anche nelle notti più buie. Non mi sono mai sentita sola. Ho stretto i denti e mi sono affidata. Il Signore è fedele.

D: La rinascita dopo l’ultima tac negativa…
Un momento straordinario l’ultima tac fatta a marzo. Tutto negativo. Operazione e chemioterapia mi hanno permesso di uscire da questo tunnel. Ho pianto di gioia quando il professore mi ha comunicato il responso. Una gioia condivisa con tutti coloro che mi hanno sostenuta con amore in questi lunghi mesi.


D: Dopo questa esperienza come guardi il mondo, le persone che ti sono accanto, la vita?
Ogni giorno è un regalo del Signore. Ogni giorno è prezioso e quindi cerco di viverlo al meglio. Senza le persone che fanno parte della mia vita non sarei riuscita ad uscire da questo tunnel. Mi hanno sostenuta, incoraggiata, fatto sorridere anche quando non volevo. Ora per me inizia una seconda vita, un’altra occasione per essere felice.

D: Hai portato anzi hai accettato di portare la “croce” senza mai perdere la fiducia, la speranza, l’umiltà, l’accettazione della volontà del Signore, da dove nasce questa forza?
Dal Signore, dall’abbraccio di Maria e dalle persone che mi amano. Non ho dubbi.

D: Come lo vedi il tuo futuro alla luce di questa esperienza?
Come un dono. Ci sono ancora tante giornate di sole da raccontare.

Don Francesco Cristofaro


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