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Iraq, gli Usa ammettono responsabilità del raid su Mosul che ha ucciso 150 civili

ROMA, 27 MARZO - Quello del 17 marzo scorso è stato l’attacco con il più grande numero di vittime civili dall’inizio della guerra contro l’ISIS. Le bombe avrebbero dovuto colpire gli jiiadisti, ma hanno ucciso più di 150 innocenti tra civili e attivisti dei diritti umani. Oggi , a distanza di dieci giorni dall’operazione, i militari statunitensi avrebbero riconosciuto per la prima volta l’orrendo errore di quell’attacco aereo. [MORE]


Lo ha rivelato il Washington Post spiegando che alla luce dei primissimi riscontri non vi erano certezze di un raid compiuto nel quartiere al-Jadida di Mosul dove gli abitanti hanno denunciato la morte di 137 civili. Le forze irachene che partecipano ai soccorsi hanno parlato del ritrovamento di oltre 100 corpi senza vita, tra cui molte donne e bambini, all’interno di un edificio andato distrutto.


Gli stessi militari iracheni però mettono in dubbio la ricostruzione, suggerendo che sarebbero state trappole esplosive piazzate dagli uomini del Califfato a causare la strage. Sulla pagina Facebook, i militari iracheni sostengono di aver ispezionato l’edificio che sarebbe stato colpito dal raid e di aver verificato che era “stato completamente distrutto e che non vi erano segni che fosse stato distrutto da un raid aereo”.

Proseguiranno in ogni caso le indagini, anche perché se la versione dell’errore di valutazione dell’obbiettivo risultasse esatta, l’episodio incrinerebbe l’intero sistema di antiterrorismo americano, colpevole di molti errori da quando il presidente Donald Trump è alla Casa Bianca: come ricorda il Washington Post, la nuova amministrazione repubblicana, è sotto accusa per quanto riguarda le numerosissime vittime civili dell’attacco all’interno di una moschea in Siria e la morte di semplici cittadini nel raid dei Navy Seal in Yemen a gennaio.


Maria Minichino


(fonte immagine tgcom24.mediaset.it)