Cultura e Spettacolo

Intervista a Vito Catalano, nipote di Leonardo Sciascia, a cura di Lina Latelli Nucifero

LAMEZIA TERME 17 NOVEMBRE - Lo scrittore Vito Catalano, nipote di Leonardo Sciascia, nel corso di un incontro “ Verità ed amore”  organizzato  dall’Università della  Terza Età di Lamezia Terme, presieduta da Costanza Falvo D’Urso,  ha raccontato il nonno attraverso i suoi ricordi   conservati  gelosamente  nei suoi primi 10 anni di vita,  anni  decisivi per la formazione dell’uomo secondo lo stesso Sciascia.  L’incontro è stato un omaggio   al grande scrittore Leonardo Sciascia nel trentennale della sua scomparsa. Vito Catalano  per l’occasione,  conversando con la stampa, ha messo in luce il ricco profilo biografico e culturale di Sciascia con particolare riferimento al suo pensiero, alla  sua umanità, al suo modus vivendi   e all’eredità lasciata soprattutto alle nuove generazioni mantenendo così viva la memoria del nonno sia come scrittore che come uomo. Vito Catalano è nato a Palermo e vive fra la Sicilia e la Polonia. È autore di tre romanzi storici: L’orma del lupo, Il pugnale di Toledo e La sciabola spezzata. Da qualche mese è in libreria La notte della colpa.

Lei è nipote di Leonardo  Sciascia per via di sua  madre Annamaria, la figlia più piccola dello scrittore. Quando suo nonno è scomparso   lei aveva quasi 10 anni e mezzo. Di quel periodo, anche  se era ancora piccolo,  che cosa ricorda con piacere di suo nonno?

Mio nonno diceva che i primi 10 anni di vita sono quelli che formano un uomo, quindi ho fatto  in tempo a trascorrerli  tutti vicino a lui. Di quel periodo ricordo che mio nonno coltivava  il mio interesse per Napoleone Bonaparte e quando tornava dai viaggi mi portava degli oggetti che mi richiamavano in mente   l’imperatore dei  francesi.  Spesso  con mio nonno stavamo insieme nella casa di campagna di Racalmuto  dove  mi  raccontava delle  storie di banditi siciliani ,  carabinieri e altro. Erano racconti che io gli chiedevo e che mi piaceva ascoltare.  

Ha   talvolta  avvertito la pesante eredità di essere nipote del grande scrittore Leonardo Sciascia?

Non ho mai sentito questo peso  piuttosto l’ho avvertito  come fortuna e come un’ombra  che si è rivelata  sempre   benevola. Sono contento del nonno che ho avuto,  a cui sono molto legato e  di cui  parlo volentieri

La sua poetica ha influito in qualche modo   nei suoi romanzi?

Questo è difficile  a dirsi, ma  credo  di sì. Comunque   devo dire di aver  subìto  anche l’ influenza delle opere di altri scrittori. Perciò  mio nonno, che  è uno scrittore che amo e nel contempo   un nonno che amo, mi ha inflenzato  con i suoi libri allo stesso modo degli altri scrittori  che amo

Le è capitato qualche volta che qualcuno lo abbia   confrontato  con suo nonno in senso positivo o negativo?

No, non mi è mi capitato  anche perché, non lo devo dire io,  il confronto non regge essendo mio nonno uno scrittore  classico della letteratura europea e quindi  non esiste in me l’idea di qualsiasi  confronto.

C’è qualche analogia tra la sua scrittura  e quella di suo nonno? Qual è il genere  che preferisce tra i suoi romanzi?

Non mi è facile rispondere perché  dovrebbero essere  i lettori a individuare le caratteristiche e i punti di contatto che intercorrono tra la mia scrittura e quella di mio nonno.  Però è sicuro  che quando scrivo voglio essere chiaro ed essenziale come  mio nonno: almeno queste sono  le mie intenzioni  e in questo senso voglio somigliare a lui. Tra i libri  di mio nonno preferisco  quelli  di carattere storico  perché mi affascinano di più rispetto ai   romanzi  gialli, ai noir. 

 C’è qualche libro che lo affascina in modo particolare?

Sì, Il consiglio d’Egitto, Todo modo, il Cavaliere e la morte

Nel combattere la mafia suo nonno, secondo una diffusa opinione,  è entrato in conflitto con i rappresentanti dell’antimafia che critica perché gli sembra che una certa lotta alla mafia finisca con l’essere anche un mezzo per un più veloce avanzamento di carriera. Sembra esplicito  il riferimento  a Paolo Borsellino per cui ricevette alcune critiche da vari esponenti della lotta di Cosa Nostra, tra cui Giovanni Falcone. Potrebbe  chiarire questo punto controverso?

No, in realtà mio nonno non si è mai espresso in modo negativo su Borsellino, anzi, in seguito a quanto accaduto, si sono incontrati, hanno pranzato insieme.  Semplicemente  mio nonno avvertiva  un certo pericolo nel fatto che essere dell’antimafia poteva costituire uno strumento di potere però senza  alcuna allusione a Borsellino nei confronti del quale mio nonno non aveva nulla . Il pericolo, che mio nonno aveva  paventato  con molto anticipo,  si  sarebbe rivelato più tardi. Infatti  adesso parliamo di numerosi casi di cronaca già preannunciati   trenta  anni fa. 

 Come ha vissuto suo nonno l’ultimo periodo della sua vita  segnato dalla sofferenza a causa di una  malattia  che certamente  avrà frenato o interrotto la sua intensa attività letteraria?

Da un lato   era sereno e rassegnato perché convinto di  aver vissuto la sua vita, da un altro lato era dispiaciuto di dover abbandonare la vita che amava tanto. Aveva quasi 69 anni. Diceva alla figlie:«Io la mia vita l’ho fatta», ma è chiaro che  il  dolore  lo tormentva perché costretto  a  lasciare le cose che gli piacevano.  E ce n’erano tante.

 Ha lasciato qualche opera incompiuta?

No, perché , prima di morire,  è riuscito a finire e a pubblicare l’ultimo libro “Una storia semplice”.

Foto: Vito Catalano

Lina Latelli Nucifero