Intervista a Lisa Manara, autrice del nuovo brano "Lasciami cadere"
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L'intervista esclusiva alla cantante Lisa Manara, autrice del nuovo videoclip dal titolo "lasciami cadere".
Ciao Lisa, è uscito da pochi giorni il tuo primo videoclip dal titolo “Lasciami cadere”, una canzone tanto dolce quanto malinconica al cui interno c’è tanto di te, delle tue esperienze vissute. Ci puoi dire com’è nata questa canzone?
E’ venuta fuori in maniera spontanea. Seduta al pianoforte ed in compagnia del mio quadernino, in cui appunto sempre i miei pensieri, ho lasciato andare la voce in maniera libera e genuina. Questa canzone è nata da uno sfogo, dall’esigenza di dire qualcosa di me e razionalizzare un’esperienza che mi ha turbata e che ha lasciato un segno profondo sulla mia persona. Lasciami cadere parla dell’ambivalente rapporto con mio padre e di quella vicinanza/lontananza claustrofobica capace talvolta di tarparti le ali. In questi casi la personalità viene messa in disparte e anche se l’amore di un padre è puro, può rischiare inconsapevolmente di offuscare i propri figli. Nel video, inoltre, ho scelto di riproporre come protagonista anche il pianoforte, uno strumento che ha sempre fatto parte della mia vita sin dall’età di 5 anni e a cui sono profondamente legata. E’ da lì che è iniziato il mio amore per la musica.
Spesso i genitori, al fine di proteggerci, tendono a smorzare le passioni dei propri figli. Può darsi che lo facciano per paura che possano soffrire oppure per tante altre ragioni. Però, nonostante tutto, ci sono persone come che hanno avuto la capacità e la perseveranza di andare avanti per la propria strada, seppur districandosi tra dubbi e timori. Prendendo in considerazione la tua esperienza, quanto è importante assumersi il rischio delle proprie scelte?
Per me è necessario. Credo che il rapporto ambivalente con i propri genitori, nonostante le difficoltà, possa aiutare a trovare la giusta strada da percorrere, con tutte le paure del caso annesse. Anche i litigi, le discussioni e i dubbi, analizzati nel giusto modo, possono fungere da stimolo e far crescere così la voglia di non abbattersi e inseguire le proprie passioni con tutte le forze a disposizione.
Insieme alla tua bellissima canzone, anche il videoclip è stato molto apprezzato. Cosa ci puoi dire sul regista Walter Molfese?
Ho conosciuto Walter spulciando sui social. Ero alla ricerca di un video maker di cui mi piacesse lo stile e lui mi ha colpito subito. Osservando i suoi lavori ho potuto notare ed apprezzare questa sua visione concentrata sulla natura, attraverso immagini molto paesaggistiche, con tanti spazi e luci incredibili. È stato molto bello collaborare con Walter perché è un vero professionista ed è stato interessante addentrarsi nel lavoro di un esperto e vedere cosa c’è dietro. In tanti potrebbero pensare che sia semplice giare un videoclip di pochi minuti invece, dietro le quinte, c’è una costruzione incredibile. Abbiamo iniziato scegliendo la location e ponendoci l’obiettivo di sfruttare le luci naturali e quindi girare soltanto di giorno. E’ stata dura ma ce l’abbiamo fatta. Durante la realizzazione di questo video c’è stato un bel lavoro da fare se teniamo in considerazione anche il post produzione ed il montaggio. Mi è piaciuto molto collaborare con lui perché ha colto subito quello che volevo rappresentasse il video. Non qualcosa di narrativo o discorsivo, che avesse un filo conduttore, ma che ci fossero delle immagini evocative del brano tra i riflessi e le angosce che io sentivo dentro e che desideravo fossero perfettamente visibili. E devo dire che c’è pienamente riuscito. Ci siamo affidati a vicenda e si è così creata una bella sinergia.
Come accennato prima, sei profondamente legata ad uno strumento musicale in particolare, cioè il pianoforte. Ad oggi, suonandolo, provi ancora le stesse emozioni di quando eri bambina?
In realtà quando ero bambina provavo una grossa rabbia nei confronti di questo strumento. Questo perché nel momento in cui non mi riusciva di fare qualcosa con il pianoforte mi arrabbiavo e m’incaponivo finché non raggiungevo il mio obiettivo. Adesso, invece, sono molto più tranquilla e lascio che le cose accadano. Oggi mi pesa di meno compiere uno sbaglio. Nella musica classica ti crescono con l’angoscia di non poter commettere errori. Adesso che ho maturato tante esperienze tra musica Jazz, Blues, Mod e di qualsiasi altro tipo mi permetto di essere più libera. Il pianoforte farà per sempre parte della mia vita. E’ sempre capace di rilassarmi, farmi sentire leggera e creare dentro di me nuovi spazi in cui creare cose meravigliose. Quando sei libera e lasci andare la musica diventa tutto più magico.
Nel tempo hai ottenuto tantissimi riconoscimenti e collaborato con cantanti eccezionali. Tra tutte le esperienze a quale sei rimasta più legata? E perché?
Sicuramente l’esperienza vissuta con Gianni Morandi è stata molto significativa per me. E’ stata bella soprattutto perché inaspettata. E 'partito tutto da una chiamata dal direttore della band di Gianni. Si ricercavano delle coriste della zona dell’Emilia Romagna e, senza pensarci troppo, mi sono fiondata in quest’avventurata. Dopo un mesetto di prove siamo finalmente entrati in scena calcando più di 70 palchi tra inverno ed estate. Durante questo periodo ho avuto modo di conoscere Gianni sia dal punto di vista musicale che umano e devo dire che è davvero una persona magnifica. E’ stata una grande scuola per me. Durante l’organizzazione degli spettacoli riusciva a pianificare tutto con una maestria incredibile. Nonostante la fama raggiunta, è rimasto un’artista molto umile e disponibile. Mi emozionava anche solo sentirlo parlare dei mille aneddoti riguardanti la sua vita attraverso la musica. E’ stata un’esperienza impagabile che mi porterò dietro con profondo affetto per tutta la vita. Dopo la pubblicazione del brano lui è stato uno dei primi a chiamarmi e farmi i complimenti. Ne sono stata onorata e per me è stato un bel riconoscimento. E' proprio una bella persona.
Alceste Ayroldi, giornalista della prestigiosa rivista musica jazz ha scritto in passato molte belle cose sul tuo conto definendoti, tra le tante cose, una nuova interprete della musica afroamericana “targata” Italia. Ti riconosci nelle sue parole?
Alceste scrisse questo articolo una decina di anni fa, quando vinsi il concorso donne jazz e blues. In quel periodo cantavo molto la musica africana. A distanza di anni ringrazio ancora Alceste e devo dire che mi ci riconosco. È una musica che sento molto vicina in quanto parla visceralmente di emozioni e la canto sempre volentieri, in quanto mi emoziona sempre. Anche se adesso sto facendo un altro tipo di musica, non è detto che una debba escludere l’altra.
Negli anni sei riuscita a interiorizzare diversi generi musicali. Quale tra questi meglio ti rappresenta?
È difficile da dire. Sicuramente ora come ora ciò che più mi rappresenta è la mia musica, le mie parole e il mio pianoforte. In quello che realizzo c’è un concentrato di tutto quello che ho appreso. E poi devo dire che amo veramente tutti i generi musicali! Ho cominciato da piccola ascoltando musica Rock, per poi spaziare attraverso tutti gli altri generi.
Sono sicuro che, in particolar modo dopo aver assaporato questa canzone, saranno in tanti a chiedere nuovi brani. Ci sono nuovi progetti in cantiere?
Certo! Per quest’estate c’è un bel tour di concerti in alcuni festival italiani riguardanti soprattutto il jazz. Tutto questo durante l’estate. Subito dopo usciranno nuovi brani già scritti che sono lì, nel cassetto, pronti per essere ascoltati. Il tutto sarà accompagnato dalla pubblicazione di un album verso il periodo invernale. I progetti ci sono e non vedo l’ora di farli ascoltare.
Dopo tanti sacrifici, è una bella soddisfazione vedere il proprio impegno premiato. Durante questo percorso, però, ti senti di dover ringraziare qualcuno in particolare?
Dovrei ringraziare tantissime persone a partire dalla mia famiglia, in particolare mia sorella che mi ha sempre sostenuta. Proseguendo con il percorso che mi ha portato a scrivere brani devo ringraziare anche Youssef Ait Bouazza, un musicista che ha collaborato con me nel progetto live “l’Urlo dell’africanità”, il quale mi ha sempre spronato a comporre dei testi in italiano, fino ai giorni nostri oggi in cui ho avuto la fortuna di conoscere Danilo Bazzucchi, Clarissa D’Avena e Adila Salah, che stanno facendo un lavoro incredibile per far conoscere i miei lavori. Mi stanno aiutando veramente tantissimo.
In realtà ci sarebbero tantissime persone da ringraziare, come tutte quelle conosciute durante la mia vita musicale; sono stati tanti i musicisti capaci d’ispirarmi e stimolarmi. Sono consapevole di aver avuto la fortuna di incontrare tante belle persone, così come spero di incontrarne altrettante in futuro.
Per concludere, memore della tua esperienza e del bellissimo messaggio racchiuso nel tuo brano, cosa consiglieresti a chi, come te, ha affrontato oppure sta convivendo con una situazione simile?
Per superare tutto credo che il dialogo con i propri genitori sia fondamentale, purché sia sincero. Bisogna avere la forza di mettere a nudo le proprie condizioni e la propria emotività senza filtri e, soprattutto, senza orgoglio. Io credo che questa sia la strada più corretta e costruttiva per capirsi a vicenda perché, solo in questo modo ci si capisce e ci si aiuta. Per me è semplice dirlo adesso. Per arrivare a questa soluzione ci ho messo tanto tempo e adesso però credo, a posteriori, che questa sia la maniera migliore di agire. L’ultimo consiglio che posso dare è quello di rimanere armonici, in linea con quello che si pensa e si crede, perché la sincerità di una persona paga sempre e gli sforzi alla fine vengono sempre premiati.
Nicola Cundò