Cerca

Intervista con: Gennaro Gattuso

Redazione
Condividi:
Intervista con: Gennaro Gattuso
Notizia in evidenza
Occhio alla notizia
Tempo di lettura: ~10 min

Rimani sempre aggiornato!

Unisciti al nostro canale Telegram per ricevere notizie in tempo reale, esclusive ed aggiornamenti direttamente sul tuo smartphone.

ATENE 30 NOVEMBRE 2014 - Dalla Magna Grecia alla Grecia, eccomi qua, in compagnia di un mio connazionale, un mio conterraneo, Gennaro Gattuso, che tutti noi conosciamo molto bene per la sua carica agonistica, personalità, carisma, forza fisica, resistenza atletica. Un vero campione mondiale, che ho sempre ammirato per il suo talento, la sua originalità, ma soprattutto: “un duro dal cuore d’oro”. Chi ha avuto la fortuna di conoscerlo da vicino, sa che non sto esagerando. Del campione Gattuso si sa completamente tutto.

Rino Gattuso, detto “Ringhio”, ha conquistato tifosi ed avversari con la grinta, il coraggio, la generosità in campo e fuori. Numero 8 sulla maglia, numero 1 nel cuore!
Allora Rino, l’anno scorso, nella tua intervista a Fabio Fazio hai dichiarato che “ormai i calabresi sono in tutto il mondo” [MORE]

Il tuo amore per il calcio, la tua passione per questo sport ti ha portato quest’anno nella bellissima isola di Creta, a vestire i panni dell’allenatore della squadra locale, l’OFI.
Dimmi la verità, c’è poi così tanta differenza fra i due Paesi? Ti sei ambientato a Creta o ti senti un “pesce fuor d’acqua?”

Assolutamente non mi sento un pesce fuor d’acqua, i cretesi e l’isola sono persone eccezionali e sembra di stare nel mio villaggio dove sono nato (Corigliano Calabro). Essendo un tradizionalista non può non piacermi la cultura e la mentalità di questo popolo.

A Creta, la maggior parte dei cognomi finisce in “akis” e c’è chi, per dimostrare la sua affettuosità nei tuoi confronti, ti chiama già “Gattusakis”. So che sei molto amato dai fitosi dell’OFI. In Canada, la comunità calabrese di Oshawa ha istituito in tuo onore il “Gattuso Day”, che si festeggia il 25 giugno.

Che sensazioni ti procurano queste manifestazioni d’affetto nei tuoi confronti?

Nella vita come dico sempre ho solo una faccia, non la cambio davanti ad una telecamera o perché sono famoso, come ho detto potevo fare il pescatore ma ho avuto la fortuna di fare il calciatore, ma chi mi conosce sa che dentro di me sono sempre lo stesso, per me non è cambiato nulla, è per questo che la gente mi ama credo e chi mi ama mi ama e chi mi odia mi odia.

“Per 20 anni ho mangiato riso e petto di pollo o pesce alla griglia. A una bella tavolata non dico di no”. E’ quanto hai dichiarato in una intervista. Sono sicura che hai avuto modo di apprezzare già la cucina greca e quella cretese, cosa ti piace di più?


Mi piace tutto come ho già detto prima, è una nazione che assomiglia molto alla Calabria, dove vivo è magna grecia ed è per questo che gioco in casa. Amo tutta la cucina cretese.

Un’altra curiosità è quella che ti vede nelle vesti di scrittore. Tre libri alle spalle: “In Rino Veritas” “Se uno nasce quadrato non muore tondo” e “Il codice Gattuso”. Dopo l’esperienza greca, il prossimo potrebbe essere “Nei labirinti del calcio greco”.

Mi potresti dire, qual è secondo te il livello, la cultura, l’estetica e la mentalità del calcio greco?

Innanzitutto il campionato greco è molto duro e con tante squadre difficili da affrontare. Quello che balza agli occhi è che tranne 3 o 4 squadre gli stadi non sono mai pieni e questo secondo me è una pecca. Quando giochi invece con gli stadi peini c’è una bellissima atmosfera e sicuramente la crisi degli ultimi anni non aiuta questo ma in generale è un campionato molto interessante e lo dimostrano le squadre greche impegnate in Europa.

Durante un incontro con i giovani, hai dichiarato che sei cresciuto con tanta voglia di giocare a calcio, di inseguire quello che è sempre stato il tuo sogno. Hai fatto molti sacrifici per realizzarlo, superato molti ostacoli, cominciando da tua madre che non ti voleva lasciar partire a soli 13 anni. E non solo hai realizzato il tuo sogno, ma hai messo anche la “ciliegina sulla torta” giocando nella squadra del cuore, quella per cui hai sempre tifato sin da piccolo, il Milan.

Credi dunque nella “magia dei sogni”?

Penso che un essere umano giovane o adulto non possa non avere degli obiettivi e non credere nei sogni. Sarebbe una vita piatta, e obiettivi e sogno ti danno la forza di guardare avanti e dare sempre il 100%. Tuttora che ho intrapreso una nuova carriera sono in competizione con me stesso. So che non tutti siamo uguali e il bello del mondo è questo ma un consiglio che posso dare a tutti i giovani in generale è di provare ad avere un obiettivo, anche quotidiano e se nella testa di un giovane scatta questa scintilla è molto più facile. Perché se uno ci crede i sogni si possono avverare: ovviamente a volte ci vuole anche un pizzico di fortuna.

Ferenc Puskas: “Questi sono i calciatori: uomini che giocano con la testa, ma soprattutto con il cuore”
Un’affermazione che secondo me ti calza a pennello.

Mi viene quindi spontaneo chiederti, se sia veramente questo il segreto per essere dei campioni.

Per essere dei campioni bisogna avere delle doti e capire la dote principale qual è. Ho sempre pensato la mia caratteristica più grande fosse quella della determinazione e della grinta e fin da piccilo ho lavorato per diventare il numero uno in quelle caratteristiche li. Con il passare del tempo sono migliorato su altre caratteristiche ma ho sempre lavorato duramente su quella che era la mia principale peculiarità.
Michel Platini: “Il calcio deve rimanere umano”

Abbiamo visto il giocatore della Roma, Alessandro Florenzi, che dopo aver segnato un bel gol corre ad abbracciare la nonna in tribuna. Scena che ha commosso milioni di persone. E’ stato definito da tutti “il più bel cartellino giallo”.

Ricordi, in tutta la tua carriera di calciatore, di aver mai preso un cartellino giallo di cui “andare fiero”?

Ne ho presi così tanti in carriera...i più belli erano quelli a seguito delle esultanze sotto la curva dopo i miei pochi goal in carriera, ma le scene come quelle di Florenzi fanno bene allo sport, perché lo sport è adrenalina e fatto da persone umane. Durante la settimana c’è sudore, sacrificio e dolore e queste scene fanno bene perché ti fanno tornare alla realtà di quando eri piccolo e giocavi nei vicoli, nelle piazze o nei campi in terra battuta.

In una intervista hai espresso una grande ammirazione per il grande Pirlo. Hai dichiarato testualmente: “Quando vedo giocare Pirlo, quando lo vedo col pallone tra i piedi, mi chiedo se io posso essere considerato davvero un calciatore”.

Mi potresti dire per quale giocatore greco provi una profonda ammirazione?

Su Pirlo c’è poco da dire, ho giocato con lui fin dalle giovanili della nazionale e lui è il calcio. Per quanto riguarda giocatori greci direi Karagunis, perché mi assomigliava molto e ha improntato la sua carriera sull’abnegazione e sulla professioniltà giocando per tanti anni ad altissimi livelli.

Hai giocato con i migliori giocatori del mondo. Alcuni erano tuoi compagni di squadra, altri avversari. Di tutti questi, chi consideri il migliore in assoluto e perchè?

Sicuramente non voglio far torto a nessuno ma il giocatore che mi ha insegnato tanto e che mi ha fatto emozionare è stato Paolo Maldini, professionista unico in campo e fuori. Nella mia testa non è stato un calciatore ma un marziano, sceso giù tra noi, che per 22 anni ha fatto questo sport da fenomeno.

“Il mio pallone d’oro è rubare più palloni possibili”. Parlami di questa tua personalissima, unica, “collezione”.

Quale, tra i palloni “rubati”, ti ha dato maggiore soddisfazione, diciamo quello che ha per te...“più carati”?

Tutti i palloni che ho rubato erano per me goal o assist perche ci mettevo tutto il mio furore agonistico, li custodisco tutti gelosamente con me perché rappresentano i sacrifici ed il duro lavoro fatto in carriera.
Facciamo adesso due passi a ritroso nel tempo fino ad arrivare a Mercoledì 19 Novembre 2008. Ti trovavi in Grecia, allo “Stadio Karaiskakis”, per l’amichevole Grecia-Italia. Al 61ο minuto, Cannavaro ti ha lasciato la fascia, la tua “prima volta da Capitano”.

Sono sicura che ricordi quel momento, puoi descrivermi a distanza di anni, l’emozione provata?

Indossare la fascia di capitano per un tradizionalista come me, che quando sentivo l’inno italiano veniva fuori tutto il mio percorso e la mia infanzia, non vi nascondo che mi ha fatto sentire molto fiero e orgoglioso.
Dino Zoff: “La cosa che mi manca di più è l’odore dell’erba”

Manca anche a te l’odore del terreno di gioco? Pensi che la decisione di diventare allenatore, sia dovuta proprio al fatto di non riuscire a dimenticare quell’odore, una volta che si attaccano “le scarpe al chiodo”?

Non mi mancava solo l’odore dell’erba, mi mancavano lo spogliatoio, la voce dei giocatori e l’odore della crema dei massaggi. Tra i motivi che mi hanno spinto ad iniziare questa nuova carriera c’è anche questo, ma oggi sicuramente il calcio giocato non mi manca, quando guardo all’indietro ho fatto di più di quello che dovevo fare e non ho nessun rammarico.

Dì la verità Rino, sei mai stato tentato di entrare in politica? Di misurarti su un altro “terreno di gioco”? Se un giorno decidessi di farlo, sicuramente avrai successo, visto il tuo indiscusso carisma da leader.

Non ci ho mai pensato perché nella vita ognuno deve fare il suo.
Vujadin Boskov: “Nel calcio c’è una legge contro gli allenatori: giocatori vincono, allenatori perdono”.

Ora che sei dalla parte dell’allenatore la pensi anche tu come Boskov?

A me piace sempre quando si vince che i meriti vadano ai giocatori e che quando si perde un allenatore metta la faccia per difendere il suo gruppo.
In una intervista hai dichiarato: “Noi giocavamo per l’allenatore (Ancelotti), perchè si faceva voler bene, si emozionava con noi”.

Ora che sei seduto sulla panchina dell’OFI, pensi di trasmettere anche tu questa emozione ai tuoi giocatori, al punto di “farli giocare per te”?

Ci provo, tante volte non è facile, però sicuramente la strada che ho percorso nelle precedenti avventure è questa qua, ma non perché lo faceva Ancelotti, ma perché credo fortemente in questo aspetto.
Hai dichiarato anche che “Per vincere le partite, per essere competitivi, bisogna spendere soldi, ci vogliono i giocatori forti”.

Pensi che sia questo dunque il principale problema dell’OFI?

Per vincere le partite è normale che bisogna avere i giocatori forti, poi bisogna anche capire quali sono gli obiettivi da raggiungere, ma sicuramente senza giocatori ne vinci poche di partite.
“Come mando giù una sconfitta? Da solo in cucina, mi preparo un panino e lo prendo a morsi, come se fosse l’avversario che mi ha battuto.”

Questo è quanto hai dichiarato da giocatore, ora nelle tue nuove vesti di allenatore, usi la stessa tattica?

No, prendo meglio le sconfitte perché tante volte allenare dopo una sconfitta è molto più facile quando c’è un gruppo sano con una mentalità buona. Quando si vince non mi piace vedere, come capita a volte, un ambiente molle e soddisfatto, più efficace, talvolta, preparare la settimana quando vedi un gruppo con la pressione ed il veleno addosso.

Marcello Lippi: “Il mondo del calcio è come tutte le categorie della società: ci sono i buoni e i cattivi”.

Cosa bisogna fare, secondo te, per allontanare una volta per tutte, “i cattivi” che seminano violenza negli stadi o truccano le partite, uccidendo così questo bellissimo sport?

Come in tutti i lavori ci sono i buoni e i cattivi. Sicuramente negli ultimi anni le agenzie di scommesse hanno rovinato questo ambiente ma penso che questo sport ha tanta gente che vuole difenderlo e vuole che non peggiori e credo in queste persone.
Lionel Messi: “Qual è la cosa peggiore del lavoro di un calciatore? Sono le interviste”

Valeva la stessa cosa anche per te da calciatore? Da allenatore sei restio a concedere delle interviste?

Penso che oggi tante volte essere se stessi non vada bene, perché quando sei te stesso dici tante cose che a molti non vanno bene. Tante persone amano sentire dei pappagalli ammaestrati che dicono tutti la stessa cosa. Specialmente nel nuovo lavoro ho capito che certe volte è meglio stare zitti che non fare un monologo di cose già sentite milioni di volte. Ed è per questo che tante volte non parlo spesso.

Grazie di cuore Rino, per avermi concesso questa intervista. Grazie a “Ringhio”, perchè “non si scorda mai da dove arriva ed è sempre orgoglioso delle proprie radici”.

Cosmina Furchì Gliatas, laureata in Scienze Politiche, è nata in prov. di Vibo Valentia e vive in Grecia, ad Atene dove, oltre ad insegnare italiano, lavora come traduttrice ed interprete. E’ inoltre poetessa e scrittrice di libri per bambini.

Intervista realizzata da (Cosmina Furchi Gliatas)


Vuoi restare sempre aggiornato con le notizie più importanti?

Iscriviti ai nostri canali ufficiali:

Riceverai in tempo reale tutti gli aggiornamenti direttamente sul tuo smartphone.

Rimani sempre aggiornato!

Unisciti al nostro canale Telegram per ricevere notizie in tempo reale, esclusive ed aggiornamenti direttamente sul tuo smartphone.

Scritto da Redazione

Giornalista di InfoOggi

Leggi altri articoli

Rimani sempre aggiornato!

Unisciti al nostro canale Telegram per ricevere notizie in tempo reale, esclusive ed aggiornamenti direttamente sul tuo smartphone.