Cultura e Spettacolo
Intervista allo scrittore Giuseppe Catozzella
CATANZARO, 7 APRILE 2014- In occasione della presentazione a Catanzaro del suo ultimo libro Non dirmi che hai paura, candidato al Premio Strega 2014, lo scrittore Giuseppe Catozzella concede un’intervista ai lettori d’InfoOggi.
D. Partiamo dalle tue precedenti pubblicazioni. I tuoi romanzi sono sempre “d’inchiesta”, si propongono, tramite questa forma letteraria, di veicolare un messaggio sociale. E penso sia la forma più adatta perché colpisce maggiormente il lettore. Però in “Non dirmi che hai paura” ho riscontrato un cambiamento in te. Una trasformazione. Come se con la storia di Samia avessi fatto “un’inchiesta su te stesso” .
R. È vero, è proprio così. La storia di Samia mi ha cambiato sia come essere umano che come autore. Hai perfettamente ragione quando dici che è come se in qualche modo avessi fatto un’inchiesta dentro di me. Sicuramente dopo un cambiamento importante non si torna dietro. Tutti gli uomini, tutti gli autori camminano lungo un percorso e credo che questo sia uno di quegli snodi importanti che mi fa un po’ cambiare direzione. Spero sia un percorso in costante miglioramento e sono molto curioso di capire quale sarà la mia prossima storia, in che direzione andrò.
D. Tu ti trovavi in Kenya per lavorare su tutt’altro. Hai sentito in tv di Samia e sei rimasto come folgorato, come se lei stessa ti avesse cercato toccando la tua sensibilità da scrittore e tramite te fosse giunta in Italia, raggiungendo questo traguardo.
R. Uno dei motivi che mi ha spinto a scrivere questa storia è proprio per questo. Volevo che questo libro fosse proprio un risarcimento per lei. Per me era come se lei fosse arrivata in Italia e da qui avesse cominciato a raccontare la sua storia. [MORE]
D. Hai affermato che questa storia ti ha generato un senso di colpa perché in tutti questi anni non hai fatto nulla per affrontare questo problema. Scriverne un libro ha alleviato il tuo “senso di colpa”? Il mettere a frutto il tuo dono per dare voce a Samia ti fa sentire più libero?
R. No, il mio senso di colpa non si è per nulla alleviato. Anzi, ogni volta che racconto la sua storia aumenta. In ogni intervista, presentazione, visita alle scuole, si moltiplica. Ho visto gli occhi di sua sorella Hodan nel momento in cui ha deciso di “prendersi il rischio” di affidarmi la storia ed è a quegli occhi lì che devo rispondere a mia volta. Nella stesura del libro ho cercato di mantenere due costanti: la fedeltà alla storia e il rispetto per essa, per la famiglia che me l’ha affidata. E quindi il senso di responsabilità ogni volta si riproduce perché è giusto trattare questa storia nel modo giusto in quanto è vera e riguarda una persona reale. È delicatissima e si può prestare a deviazioni politiche, a strumentalizzazioni e quindi bisogna stare attenti nel maneggiarla.
D. Quindi questa delicatezza e liricità è venuta fuori dalla storia di Samia stessa?
R. Mah, è venuta fuori da Samia perché è una storia pazzesca. Leggendo il libro si vede che contiene dentro di sé persone reali talmente forti da sembrare archetipici. Ce ne sono un po’, come la storia di amicizia con Alì, la più forte che puoi immaginare e il tradimento peggiore che puoi pensare, il rapporto col padre, con lo sport, con il mondo femminile, col fondamentalismo. Una storia ricchissima e poetica in qualche modo, però è come mi hai detto tu nella prima domanda. Questa storia ha tirato fuori dentro di me delle cose che nei primi due libri avevo lasciato sopite e che si rifanno di più alle mie prime produzioni poetiche. Il mio primo libro è stato di poesie. Ho cominciato a scrivere con la poesia ed è qualcosa che è dentro di me da sempre, da quando ero piccolo. Ribadisco che hai ragione quando affermi che questa storia forse ha fatto venire fuori quella voce che avevo lasciato da parte per un po’ di tempo, proprio perché conteneva quegli elementi di delicatezza estrema e altre cose.
D. Il tuo andare in Africa ha contribuito a comprendere ancora di più La protagonista? Le cose che ha fatto? Impensabili considerando che era una donna in una realtà di guerra e fondamentalismo...
R. Io amo molto l’Africa, ci sono stato tante volte. A colpirmi di questo Paese sono non solo i meccanismi sociali, ma i modi di vivere individuali che riconosco come arcaici. In alcuni di questi rivedo i racconti di mio padre sui suoi nonni e bisnonni. In qualche modo ai miei occhi è un mondo arcaico. Come se le figure di uomini, donne, bambini, anziani e anche di Samia, fossero scolpiti nel legno. Anche se non sono andato in Somalia, perché è impossibile, le frequentazioni africane mi sono servite per le descrizioni dei luoghi e dell’animo delle persone.
D. Un’ultima domanda per i nostri lettori: perché leggere la storia di Samia?
R. Perché è una storia di coraggio. Se i lettori hanno bisogno d’imbattersi in una storia mirabile, una delle più incredibili del mondo, perché la storia di Samia è così. Senza niente riesce ad ottenere quello che vuole superando delle difficoltà che sembrano impossibili ma che lei vince. Io sto girando l’Italia in lungo e in largo e trovo tanta rassegnazione in questi tempi. Viviamo in un contesto sociale difficile. E se i lettori hanno bisogno di una storia vera e coraggiosa questa, secondo me, è una buona motivazione.
Valeria Nisticò