Intervista alla scrittrice Silvia Avallone:I libri sono imperfetti nella maniera in cui lo è la vita
Cultura e Spettacolo Calabria

Intervista alla scrittrice Silvia Avallone:I libri sono imperfetti nella maniera in cui lo è la vita

giovedì 14 novembre, 2013

CATANZARO - Il festival Mind the Gap, tenutosi presso l’università Magna Grecia di Catanzaro e organizzato dal Book Club UMG e l’Ubik di Catanzaro lido, ha visto fra i molti ospiti la talentuosa scrittrice italiana Silvia Avallone. Vincitrice del premio Campiello e seconda al Premio Strega 2010 con il suo primo romanzo Acciaio (tradotto in ben 22 lingue e da cui è stato tratto l’omonimo film), Silvia Avallone ha presentato il suo ultimo libro Marina Bellezza ai tanti ragazzi presenti.

Nell’occasione ho avuto modo d’intervistare la giovane scrittrice, scoprendo una Silvia semplice e umile, amante della lettura e delle cose di ogni giorno. Una Silvia romanziera per “gioia” e per la necessità di far vedere che l’oggi, per quanto possa essere negativo, è sempre uno sprone a fare ciò che non ci saremmo mai aspettati da noi stessi. Uno stimolo ad inventarsi e scoprirsi ogni giorno ritrovandosi, inevitabilmente, nei personaggi di Marina Bellezza.

Mi ha molto colpito una tua affermazione: “Il secondo romanzo è un falso mito, ogni volta è come esordire”. Questo sentirsi un’eterna “debuttante” è dovuto al timore di deludere i lettori o te stessa?
Per me si tratta di ricominciare davvero da zero, perché in qualche modo devi ricostruire un mondo di storie e di personaggi che non esistono, sei tu a dargli vita. Quindi è questa la sfida: una specie di genesi. Rendere vivi dei personaggi che non sono burattini, ma che hanno una loro voce, una loro libertà d’azione. Per farlo c’è bisogno di un certo lavorio interiore, pensi come possa essere la storia, il passato dei personaggi, il loro futuro e le loro ambizioni. È come crescere dei figli davanti la scrittura. Ed è una sfida verso me stessa perché io sento come dev’essere la storia, la sua energia, i suoi colori, i suoi profumi, ma poi devo riuscire attraverso le parole. Sono feroce, severa nei confronti di me stessa. Scrivo un capitolo anche dieci volte finché mi soddisfa completamente. La cosa bella è anche la “caccia” alle storie vere che ti servono. Un esempio è il caso di Andrea. Io non sapevo nulla di come si mette in piedi un’azienda agricola e quindi sono andata a incontrare persone che mi hanno spiegato come funziona. Scrivi con l’immaginazione, ma conosci anche una parte di mondo che sono i tuoi personaggi a spingerti a conoscere. Per il resto non mi sono creata dei problemi, nel senso che penso che l’unico modo per dare al lettore una storia vera, una storia bella è quello di appassionarti tu per primo. E quindi si, ho sfidato me stessa.

Questa mattina, parlando della letteratura hai sottolineato che per te la letteratura deve “formare” e sfidare la realtà odierna. Quindi per te i libri devono sempre comunicare un qualcosa o ritieni positiva anche una lettura di “evasione”?
Io credo sia sano che ci siano libri che facciano evadere, ma spesso anche questi libri hanno dei riferimenti alla realtà. Di sicuro la letteratura che amo di più è quella impegnata a capire e svelare il proprio tempo senza che sia, necessariamente di attualità. Mi piace l’idea di un confronto con i problemi sociali, esistenziali, trasversali a tutte le epoche: diventare adulti, fare i conti con una famiglia difficile…Questi sono temi universali, di qualsiasi epoca e luogo. Una lettura che ci aiuti a guardare il mondo, affrontare i nostri problemi perché i libri sono pieni di realtà, di umanità, non stanno in una torre d’avorio. Penso che tutti i lettori si portano dietro i personaggi che hanno amato, come se fossero delle persone reali che hanno incontrato, loro amici. A me, almeno, succede così.

Il bello è anche quando ti rendi conto che ogni singolo personaggio, anche se si discosta completamente dal tuo modo di essere, toglie fuori una parte di te stesso che non conoscevi. E, inevitabilmente, ti ritrovi a riconoscerti…
È vero. Come se fosse un viaggio all’interno del mistero di ognuno di noi e ogni libro te ne svela un pezzetto. Ripensando a delle fasi della mia vita, questo mi ha aiutato anche a capire le direzioni che volevo prendere. Poi io m’innamoro degli scrittori. Quando ho amato tantissimo un libro poi voglio sapere tutto di chi l’ha scritto. È un modo per non essere mai soli.

Tu hai studiato lettere e ami leggere. L’essere una grande lettrice comporta considerare il confronto con gli scrittori letti come un ostacolo in più da superare?
Io penso che non esistano grandi scrittori che non siano anzitutto grandi lettori. Perché proprio questo è il segreto per migliorarti sempre, confrontarti con modi meravigliosi di narrare. È chiaro che quando tu ti confronti con gli scrittori reali con grandi classici, questi ti indicano la strada, ti fanno capire quando sbagli, quando un personaggio non è abbastanza delineato, quando una descrizione è povera. Io per scrivere Marina Bellezza ho riletto L’educazione sentimentale di Flaubert e Madame Bovary. Per me è stato uno stimolo a fare sempre meglio senza, naturalmente, aspettarsi di arrivare ai livelli di Flaubert! Credo faccia parte proprio del nostro mestiere: confrontarci sempre e cercare di scrivere un libro perfetto. Anche se poi un libro perfetto non esiste. I libri sono imperfetti nella maniera in cui lo è la vita. Ma l’ambizione ci dev’essere come motore.

Non poso fare a meno di farti una domanda sulla scena iniziale del cervo in Marina Bellezza. È una scena molto forte, violenta e crudele per un motivo particolare? Per delineare la rabbia che hanno dentro Luca e Sebastiano?
La cosa bellissima di scrivere è che ci sono misteri che riguardano anche te. Quando tu racconti non stai facendo un teorema, non hai domande o soluzioni da chiarire, ma hai delle impressioni, dei sentimenti che si muovono. Quando ho iniziato il romanzo non sapevo nulla di questo cervo. Semplicemente stavo guidando in macchina insieme a Sebastiano, Andrea e Luca, di notte, in ricerca di qualcosa. Un po’ come ogni ragazzo in questo momento storico. Stiamo davvero navigando al buio verso un futuro difficile da vedere, da incontrare. Sapevo che doveva succedere qualcosa in questa notte e a un certo punto mi sono ritrovata con questo cervo che mi si para in mezzo la strada e poi lì è successo il miracolo di quando scrivi: non racconti tu gli eventi ma loro si raccontano a te. Io ho una sensibilità particolare per gli animali perché trovo siano sempre metafora. Io li utilizzo così. Il cervo è una metafora misteriosa anche per me, può essere tante cose: i nostri sacrifici, alla bellezza non solo del mondo naturale, ma anche del nostro passato, la nostra storia, la nostra cultura. Ciò che d’imprevedibile c’è dentro di noi e che abbiamo soffocato in tanti anni e adesso in questo momento di crisi lo troviamo inaspettatamente davanti a noi e allora lo uccidiamo, ma non riusciamo fino in fondo, perché fa parte di noi. È un’ipotesi. Può anche essere, come dici tu, la rabbia dei protagonisti, ma una rabbia verso se stessi. E poi questo cervo mi ha accompagnato come un angelo custode. Diventa anche un simbolo di libertà, quel fondo d’innocenza di cui ci dobbiamo riappropriare. Sono tutte ipotesi. Lascio al lettore la sua interpretazione.

Una mia curiosità personale è legata alla tua storia di scrittrice. Tu hai scritto poesie e romanzi. Che approcci hai con questi due stili, dove ti trovi più “compiuta”? C’è differenza tra la Silvia poetessa e la Silvia romanziera?
In realtà sono la stessa cosa. Non scrivo più poesie da tanti anni, però le leggo sempre. Ora per me la poesia è diventata uno sguardo sul mondo, per me è un modo per rivelare i misteri, i segreti della realtà, è quella parola quasi battesimale, d’inizio. Dentro i romanzi cito molti poeti e in certi momenti, nel paesaggio, o quando Marina e Andrea fanno l’amore per la prima volta, cerco di essere molto lirica perché per me è un momento di epifania in cui solo la parola poetica può restituire quel sentimento, quell’impressione straordinaria che si trova nelle piccole cose della realtà. Ho scoperto successivamente di amare i romanzi, il racconto, perché mi permette di vivere delle vite altrui, d’immedesimarmi in persone che ho creato e questa cosa mi fa impazzire di entusiasmo! Anche la possibilità di vedere il loro sviluppo. Per esempio la prima volta che vedo Marina la vedo fragile, poco vestita, alla ricerca del padre in un motel. Subito dopo è una diva sul palco. Ma durante il romanzo io stessa scopro il suo evolversi, i suoi segreti, le sue paure. Adesso il racconto di come cambia una persona è la cosa che mi da più gioia.[MORE]


Valeria Nisticò


Autore
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