Interviste

Intervista al Capitano della Finanza Severino, ieri al servizio di Falcone,oggi "scopritore di eroi"

CAGLIARI, 21 MARZO 2014 – A chi non è capitato di vedere in televisione o di leggere sul giornale o in un libro la storia di un eroe, di una di quelle persone che grazie al proprio coraggio sono riuscite ad aiutare qualcuno in difficoltà e a salvare le vite altrui anche al prezzo della propria? Storie autentiche ed emozionanti, che ci fanno stringere il cuore e ringraziare chi, senza tirarsi indietro, ha sacrificato se stesso per offrire a noi un mondo migliore. Certo è che riportare a galla queste vicende, avvenute decine e decine di anni fa, non è un’impresa semplice, ma fortunatamente c’è chi ha la costanza, la volontà e le capacità per farlo.

E se qualcuno si è meritato sul campo il titolo di “scopritore di eroi”, è senza ombra di dubbio il Capitano della Guardia di Finanza Gerardo Severino che, con il suo impegnativo compito, ha regalato gloria e medaglie a tanti giovani finanzieri che si sono immolati per garantire la libertà ai deboli e ai perseguitati. Tra i tanti personaggi scoperti ci sono anche due Fiamme Gialle sarde, ed è proprio in occasione della visita in Sardegna per la presentazione del suo libro su Salvatore Corrias, “Un anno sul Monte Bisbino”, che il Capitano Severino non solo ha illustrato a Infooggi quali sono le tecniche impiegate per portare avanti queste interessanti ricerche, ma ha anche accettato di fare un tuffo nel passato per ricordare il giudice Giovanni Falcone, con il quale lavorò agli inizi della sua carriera.

Capitano, oltre a ricoprire il prestigioso incarico di direttore del Museo Storico, Lei è anche capo di due Sezioni dell’Ufficio Storico del Comando Generale della Guardia di Finanza. Nelle sue numerose pubblicazioni, oltre ad aver descritto e narrato l’operato del Corpo delle Fiamme Gialle fin dalle proprie origini, ha anche il grande merito di aver portato alla luce le gesta di tanti militari che hanno operato con grande coraggio. Può rivelarci quali sono i criteri che segue per scegliere i protagonisti su cui indagare? Si parte sempre da una testimonianza o anche il caso, talvolta, La porta sulla strada giusta per cominciare i suoi approfondimenti?

I criteri utilizzati da me e dai miei collaboratori sono abbastanza semplici, per quanto il lavoro sia lungo ed estenuante. Siamo sempre partiti, per qualsiasi genere di ricerca sugli eroi del Corpo, dagli atti personali, intendendo per tali i fascicoli e la documentazione matricolare. Le faccio un esempio lampante: per ricostruire le vicende riguardanti gli aiuti ai profughi ebrei e ai perseguitati dal nazi-fascismo, abbiamo visionato circa un migliaio di fascicoli personali di ufficiali e sottufficiali nei quali erano contenute le dichiarazioni rilasciate dal personale dopo la fine della guerra. In molte di queste erano raccontate le vicende di cui sopra, con tanto di nomi e situazioni. Notevole, infine, è stata l’analisi dello schedario dei caduti del Corpo durante la Seconda Guerra Mondiale, che abbiamo verificato, nome per nome, soprattutto quando avevamo a che fare con militari morti nei lager tedeschi.

In quale modo reperisce le informazioni e organizza le ricerche necessarie per portare avanti le sue opere? Oltre al materiale fornito dagli archivi del Corpo della Guardia di Finanza, è necessario ampliare il raggio d’azione e, per esempio, intervistare eventuali superstiti o testimoni coinvolti in prima persona nelle vicende sulle quali si indaga?

Individuato il “caso” inizia immediatamente un’indagine a tappeto che viene condotta a trecentosessanta gradi, coinvolgendo i vari archivi nazionali e locali, compresi quelli comunali. Fondamentale è il costante apporto fornito dagli Archivi di Stato, sia Centrale che periferici, ove sono custoditi atti del periodo storico in questione. Per le proposte, che a suo tempo firmai a carico dei cinque che hanno ottenuto la medaglia di “Giusti tra le Nazioni”, dovetti necessariamente individuare gli ebrei salvati dai nostri finanzieri o i loro congiunti che avrebbero potuto testimoniare a vantaggio dei salvatori. In alcuni casi i nomi degli ebrei salvati ci sono stati forniti dagli stessi finanzieri salvatori, che li avevano trascritti nelle loro testimonianze; per altri siamo partiti, invece, da alcuni riferimenti bibliografici. Con l’aiuto delle varie Comunità ebraiche italiane abbiamo individuato le persone salvate, le abbiamo intervistate e infine esse hanno rilasciato le “Dichiarazioni Giurate” alle autorità rabbiniche della propria Comunità, che a loro volta le hanno trasmesse all’Ambasciata d’Israele in Italia per l’avvio dell’iter di concessione della medaglia.

Grazie al suo lavoro, sono emerse le emozionanti vicende di due finanzieri sardi che, con grande coraggio, si sono resi protagonisti di imprese eroiche: Giovanni Gavino Tolis, di Chiaramonti, e Salvatore Corrias, di San Nicolò Gerrei. In occasione del Giorno della Memoria, ho scelto di raccontare ai nostri lettori la storia del finanziere Tolis, vuole accennare Lei quella di Salvatore Corrias?

La vicenda di Salvatore Corrias, il secondo “Giusto tra le Nazioni” di cui la Sardegna e la Guardia di Finanza devono andare orgogliose, è molto complessa ed è per questo che ho dedicato all’eroe di San Nicolò Gerrei il libro “Un anno sul Monte Bisbino”. Per sommi capi è la storia di un maturo finanziere sardo, il quale, dopo aver vissuto varie esperienze umane e professionali, compresa la guerra guerreggiata, capisce che quel fascismo nel quale era cresciuto stava compiendo un terribile crimine: quello di “mandare a morte” migliaia di innocenti, per il solo fatto di appartenere ad un'altra religione o di avere un diverso credo politico. Si schierò così con la Resistenza, iniziando anche a rendersi utile alla nobilissima causa umanitaria che interessò molti reparti della Guardia di Finanza stanziati lungo il confine italo-svizzero, aiutando così centinaia e centinaia di profughi ebrei e di perseguitati a fuggire clandestinamente in Svizzera. Il 28 gennaio del 1945, al rientro da una di tali missioni umanitarie, Salvatore fu catturato dai fascisti delle “Bande Nere”, che lo fucilarono nei pressi della stessa caserma del Corpo, in località Bugone di Moltrasio, sul noto Monte Bisbino.

Capitano, oltre ad aver raccontato le vicende di Tolis e Corrias, è riuscito anche a far ottenere loro, rispettivamente, la Medaglia d’oro al Merito Civile e quella di Giusto delle Nazioni. In occasione della presentazione della seconda edizione del suo libro dedicato al finanziere Corrias, un’opera il cui valore è stato riconosciuto a livello internazionale tanto da essere esposta nella biblioteca del Museo Yad Vashem di Gerusalemme, il Comune di San Nicolò Gerrei Le ha conferito la cittadinanza onoraria. Un riconoscimento meritato per chi, con il proprio quotidiano impegno, lavora quasi nell’ombra per regalare la fama a degli eroi che altrimenti rimarrebbero degli sconosciuti. Cosa prova in questo momento?

Provo innanzitutto una grande riconoscenza nei confronti del Sindaco e del Consiglio Comunale di San Nicolò Gerrei, i quali hanno avuto la grandissima sensibilità di riconoscere in me una persona che, tutto sommato, li aveva aiutati a conoscere meglio la figura di un proprio figlio. Di Salvatore Corrias si sapeva qualcosa, ma non si avevano le prove di quanto effettivamente aveva fatto per gli ebrei. Sono state proprio le nostre ricerche che hanno confermato il suo ruolo e ci hanno dato la possibilità di farlo decorare. Provo anche una gioia immensa, avendo conosciuto da vicino la semplicità, l’affabilità e la generosità degli abitanti di questo antico borgo: sentimenti che mi hanno confermato il perché Salvatore Corrias era pure lui così buono con gli altri.

All’inizio della sua carriera ha avuto l’occasione di lavorare nel Tribunale di Palermo alle dipendenze di Giovanni Falcone. Può raccontarci uno dei suoi ricordi più belli di quel periodo trascorso accanto al giudice assassinato da Cosa Nostra?

Di solito non ne parlo molto volentieri, essendo stata per me – così come per tantissimi italiani – una grandissima perdita, quella di Giovanni Falcone e dei cari colleghi della sua scorta, che ovviamente conoscevo di persona. Le rispondo, tuttavia, raccontandole uno degli episodi che maggiormente mi accompagna nel ricordo dell’eroico Magistrato. Il Dottor Falcone era un grandissimo fumatore, tant’è vero che nel suo ufficio, quando ci riunivamo per discutere di talune indagini, non si riusciva a respirare. Di tanto in tanto, però, cercava di smettere di fumare le sue amate “rosse”, magari fumando dei sigari puzzolenti, quando proprio non riusciva a resistere. Ogni tanto, però, il desiderio di una buona “rossa” lo divorava, ragion per cui lo vedevo piombare nel mio ufficio, ove puntualmente mi chiedeva di offrirgliene una. Lo facevo ovviamente con grandissimo piacere, anche perché il Dottor Falcone associava sempre all’offerta una battuta per il mio Maresciallo, responsabile di quel gruppo di lavoro composto da otto sottufficiali della Guardia di Finanza, che invece fumava sigarette prodotte in Italia. Rivolgendosi a me, diceva: “Brigadiere Severino, lei sì che è una persona seria”. Ho sempre sperato, in tutti questi anni, di non averlo deluso, anche perché ho potuto utilizzare le tecniche investigative apprese anche grazie a lui per altri fini, pur sempre nobili ed utili per la nostra storia.

Dopo questa chiacchierata con il Capitano Severino, sono certa che anche una figura di grande rilievo come il compianto Giovanni Falcone sarebbe orgoglioso del suo operato. Così come sono sicura che, quegli eroi silenziosi le cui gesta vengono illustrate nelle pagine dei libri scritti dal Capitano, gli sarebbero grati per aver riconosciuto e reso noti i loro meriti. [MORE]

(Foto di: Vanna Chessa)

Vanna Chessa