Interviste
Intervista a Massimo Cotto, nelle stanze di "Chelsea Hotel"
ORIOLO (CS), 24 AGOSTO 2014 – Non lo abbiamo incontrato nei corridoi del mitico albergo della 23rd St di New York City, dove era possibile avere per vicini di pianerottolo insigni musicisti, poeti e ballerine, da Bob Dylan a Leonard Cohen, fino a Edith Piaf, ma nelle “stanze” in cui conduce la magia di uno spettacolo teatrale e musicale come “Chelsea Hotel” (Produzioni Fuorivia), da lui ideato. Stiamo parlando di Massimo Cotto, che ha rilasciato una intervista per i lettori di InfoOggi durante il tour estivo del suo spettacolo (con Massimo Cotto – voce narrante; Mauro Ermanno Giovanardi – voce; Matteo Curallo – chitarra e piano), approdato per la prima volta al Sud Italia, al Teatro La Portella di Oriolo.
Il linguaggio è il fattore che ci distingue dal resto del regno animale. Comunicare tra giornalismo e musica, come attraverso questo spettacolo, è una scelta impegnativa e al contempo fascinosa. Com'è maturata?
È maturata intanto con l'idea di raccontare storie: io credo che tra le varie espressioni artistiche, forse la più immediata è la musica, proprio per la capacità di raccontare storie. Penso che il successo di questo spettacolo sia dato infatti dalla potenza e dalla forza di ciò che viene raccontato, non dal modo in cui s'intesse il racconto. È uno spettacolo questo che gioca molto sulla parola, sulla parola narrata, sulla parola cantata, evocata, perchè si racconta di un tempo perduto in cui ci si muoveva diversamente anche sui sentieri dell'arte. E quindi, noi questo abbiamo e questo dobbiamo portare avanti, perchè dobbiamo pensare che si può comunicare attraverso l'arte, con il giornalismo, con qualsiasi cosa molto più facilmente di come si possa fare in un altro modo.
Massimo Cotto, lei è un giornalista, scrittore, conduttore radiofonico e autore televisivo, ma è prima di tutto un grande appassionato di musica. Qual è il suo background in educazione musicale?
Io sono stato folgorato da una canzone. Ai tempi in cui giocavo a basket - ero una promessa di questo sport, a 17 anni giocavo in serie B e in Nazionale Juniores -, un giorno, mentre ero in macchina, non avevo ancora la patente, alla radio ho ascoltato la storia narrata da un dj. Diceva: “il vestito di Mary svolazza... la porta di vetri sbatte... tutta la redenzione che ti posso offrire è sotto lo sporco cofano di questa macchina...”, sono delle parole quasi con dei riferimenti biblici e non capivo in realtà cosa stesse dicendo. Subito dopo partì l'armonica di Bruce Springsteen e allora realizzai che avevano costruito una “short story”, un racconto breve, parafrasando il testo della canzone. E in quel momento ho capito e mi sono detto: “Io voglio fare questo nella vita!”. Per cui la mia educazione musicale è arrivata tramite una armonica, tramite il rock e tramite una storia che aveva lo stesso passo di Hemingway, di Marquez e di tutta la letteratura americana - del secondo dopoguerra - che abbiamo molto amato.[MORE]
Consigli per chi volesse intraprendere la strada dello spettacolo: in valigia, fortuna o perseveranza?
Chi vuole fare questo mestiere dovrebbe prima di tutto pensare che il talento non è mai sufficiente, perché esso riveste soltanto una piccola percentuale di quello che devi costruire con il lavoro, così come tu puoi essere stato dotato dalla natura del più bel fisico del mondo, ma se non vai in palestra, se non ti alleni, esso decade, e alla fine non ce la fai. Questa è la prima cosa da tener presente. La seconda cosa, invece, è questa: il successo è sempre la conseguenza di quello che fai e mai il traguardo da raggiungere. Se sei un artista, non ti preoccupi di andare in televisione, perché quello è semplicemente il mezzo attraverso il quale far parlare la tua musica. E quindi bisogna avere tanta perseveranza, credere fortemente in quello che fai, perché è sempre più difficile emergere in un momento - come quello che stiamo vivendo - di contrazione del mercato, con la discografia che quasi non esiste più. Però, dico sempre che la gioia che tu provi come artista quando sali sul palco è impagabile. L'augurio che rivolgo a tutti coloro che fanno arte, ma a chi in particolare si occupa di musica, è di avere “l'odore del camerino” addosso e di essere riconosciuti per questo. Perché se tu sei una artista vero, non t'importa che il camerino sia minuscolo... è un camerino. È come l'odore dello spogliatoio: quando un calciatore smette di giocare, gli mancano il rumore prodotto dal pallone sull'erba, l'odore e i riti dello spogliatoio... poi il goal è un'altra cosa. Per me il successo vero non è vendere tanti dischi, ma “vivere di musica”. Nel senso che, alla domanda: “tu cosa fai?”, si possa rispondere: “Io vivo di musica!”.
Cosa ricorderà dell'esperienza al Teatro La Portella di Oriolo?
Intanto è un posto sensazionale, quasi irreale. Non mi è mai capitato di fare uno spettacolo con la veduta del cento abitato che si proietta al di sopra del palco... e tutto questo è fantastico. Poi mi è anche sembrato, ma forse è stata una mia illusione, che fosse calato il buio rapidamente, più di quanto accada dalle mie parti. In realtà temevo che ci fosse troppa luce per la resa dello spettacolo, e invece, anche questo splendido colore è stato un valore aggiunto. La Calabria è una terra che amo molto, anche se questa zona in particolare non la conoscevo.
Cosa c'è nell'immediato futuro?
Innanzitutto la radio, “Virgin Radio”, per la quale curo il programma “Rock Bazar”. A seguire, la finale del Festival di Castrocaro, che dirigerò il prossimo 30 agosto; poi, a settembre, il Premio De Andrè; senza contare il mio lavoro - un po' complicato - in qualità di assessore alla Cultura ad Asti, dove a settembre - dal 6 all'8 - è in programma un festival che ho ideato e che mi piace molto. Darà spazio a un tema per me caro: mi piace molto l'idea che non si debba dimenticare, che il passato serva come sottolineatura del presente... noi siamo un popolo che tende a dimenticare molto facilmente, e questo non va bene.
Mai senza...
Amore... e poi l'amore per quasiasi cosa, universale!
Domenico Carelli
(Foto: foto di scena; in gallery Maria Grazia Farina – delega allo Spettacolo di Oriolo – rispettivamente insieme a Massimo Cotto e Matteo Curallo)