Salute
Industrie ad alto rischio di incidente. È ancora scarsa l'informazione tra i cittadini
ROMA, 30 GENNAIO 2013 - In Italia sono 739 i Comuni che ospitano nel proprio territorio impianti industriali ad alto rischio per la salute della popolazione e per l'ambiente: impianti chimici e petrolchimici, depositi di gpl, raffinerie e depositi di esplosivi o di composti tossici, i quali, in caso di incidente, potrebbero provocare incendi, contaminazione del suolo e delle acque o nubi tossiche, comportando danni incalcolabili alla popolazione e all'ambiente. Gli impianti di questo tipo che trattano sostanze pericolose sono 1.152, localizzati in tutto il territorio nazionale, ma concentrati prevalentemente in Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia Romagna.
Le normative per la prevenzione del rischio industriale, sviluppate in seguito al disastro di Seveso del 1976, negli anni sono diventate sempre più restrittive, ma affinché il rischio per l'ambiente e la salute umana venga ridotto al minimo, è fondamentale che la popolazione, i cui territori sono interessati dalla presenza di impianti industriali ad alto impatto, sia correttamente informata sui rischi e sui comportamenti da adottare in caso di incidente. La gestione dei rischi e la redazione dei Piani di emergenza, come ha sottolineato ieri il direttore generale di Legambiente, Rossella Muroni, durante la presentazione del dossier Ecosistema Rischio Industrie, non spetta ai Comuni, ma il loro ruolo è fondamentale in via preliminare. Spetta a loro, infatti, informare i cittadini sui rischi derivanti dall'eventuale incidente e sui comportamenti da adottare nel caso si verificasse.[MORE]
Proprio per comprendere qual è il livello di informazione dei cittadini che vivono in quei territori, Legambiente e il Dipartimento della Protezione Civile hanno realizzato il dossier Ecosistema Rischio Industrie, redatto inviando un questionario alle amministrazioni dei 739 comuni interessati. I dati emersi dall'indagine non sono confortanti. In generale l'informazione sui rischi e sulle misure da adottare per limitarli, insieme al livello di realizzazione o partecipazione dei comuni alle esercitazioni, è ancora molto scarsa. Così come scarsa è stata anche la partecipazione delle amministrazioni comunali a questa indagine condotta dall'associazione ambientalista.
Su 739 comuni ai quali è stato inviato il questionario, solo 210 (il 29%) hanno partecipato all'indagine. Resta fuori da questa inchiesta oltre il 70% dei territori interessati dalla presenza di insediamenti industriali ad alto rischio.
Venendo ai dati emersi tra chi, invece, ha partecipato all'indagine, il dossier suddivide il questionario in due macro-aree: la prima riguarda il recepimento da parte dei comuni interessati delle indicazioni che, per legge, le industrie sono tenute a fornire mediante una scheda informativa. La seconda macro-area riguarda, invece, le campagne che il comune ha messo in atto per informare la popolazione sui rischi e sui comportamenti da tenere in caso di incidente. Vediamole entrambe.
Per quanto riguarda il primo punto, 198 comuni (il 94% dei partecipanti) hanno dichiarato di aver recepito le indicazioni fornite dalle industrie. Di questi, 181 (l'86% di chi ha risposto al questionario) hanno individuato, così come prescrive la legge, le cosiddette “aree di danno”, cioè quelle zone intorno agli stabilimenti che in caso di incidente subirebbero le maggiori ricadute sulla salute e sull'ambiente. 104 comuni hanno individuato strutture vulnerabili o sensibili all'interno delle “aree di danno”: ospedali, scuole, strutture turistiche, centri commerciali, luoghi di culto e così via.
Il compito dei comuni nella gestione del rischio, però, non si limita al recepimento delle indicazioni, ma riguarda anche l'attività di informazione della popolazione sui rischi derivanti dalle industrie e sulle procedure da adottare in caso di incidente. Tra i comuni che hanno partecipato al questionario, 148 (il 70%) hanno dichiarato di aver realizzato campagne informative. 122 comuni (il 58%) a questo scopo hanno collaborato con gruppi di protezione civile, ma solo 105 (il 50%) hanno dichiarato di aver informato i cittadini sui comportamenti pratici da tenere in caso di emergenza, cioè su come riconoscere i segnali d'allarme e come mettersi in salvo in caso di incidente.
Con quali modalità i comuni hanno informato i cittadini? Secondo quanto dichiarato dalle amministrazioni, 96 comuni hanno realizzato opuscoli informativi, 59 hanno dedicato una sezione specifica del proprio sito internet a questo tema e 75 hanno promosso esercitazioni, ma solo in 34 di essi la popolazione è stata coinvolta nelle esercitazioni.
A trentasette anni dal disastro di Seveso e nonostante i progressi ottenuti – proprio in conseguenza di quell'incidente – nella normativa sul rischio industriale, i dati emersi dal dossier di Legambiente mostrano con ogni evidenza quanto in Italia sia ancora scarsa l'attività di prevenzione del rischio, e quanto ancora sia poco diffusa l'abitudine a informare correttamente i cittadini sui rischi derivanti dalla presenza di industrie ad alto impatto sul proprio territorio e su come essi debbano comportarsi in caso di incidente.
Serena Casu
(In Fotogallery: infografica sulla localizzazione degli impianti industriali ad alto rischio. Fonte: Legambiente)