Il vescovo Savino ricorda Antonio e Chiara: dolore e preghiera dopo l’incidente sulla SS106
Incidenti stradali sulla SS106: dolore e preghiera dopo la tragedia che ha spezzato due giovani vite
Il messaggio del vescovo alla comunità: «Antonio e Chiara erano vita che sbocciava»
La morte improvvisa di Antonio Graziadio e Chiara Garofalo, i due giovani deceduti nel drammatico incidente stradale sulla SS106 a Sibari, continua a scuotere profondamente la Calabria e in particolare la comunità di Cassano allo Ionio, dove entrambi vivevano. La famigerata Strada Statale 106 Jonica, tristemente nota per l’alto numero di sinistri mortali, torna a essere scenario di dolore e sgomento.
Secondo quanto riferito, la Procura della Repubblica di Castrovillari ha già aperto un fascicolo per accertare dinamiche e responsabilità dell’incidente, mentre amici, familiari e cittadini si stringono nel cordoglio collettivo.
Nel silenzio carico di dolore di queste ore, la voce della Chiesa si è fatta vicina attraverso le parole del vescovo di Cassano all’Ionio, monsignor Francesco Savino, che ha inviato un messaggio intenso e carico di spiritualità, rivolto non solo alle famiglie, ma all’intera comunità ferita.
Il messaggio di monsignor Savino (testo originale richiesto)
«Oggi il nostro silenzio pesa come una pietra. Chiara e Antonio non sono più. Non erano solo due nomi: erano vita che sbocciava, sogno in cammino, luce promessa a un domani che ora sembra essersi spento troppo presto. Eppure, nella notte della loro assenza, qualcosa di luminoso resta, in sordina, come una brace che non si lascia spegnere ed anche nel gelo del dolore, riesce a donare ristoro».
Il messaggio di monsignor Savino
«Antonio e Chiara – continua – sono il Vangelo del chicco di grano che quando cade in terra e muore, non scompare: porta frutto anche se oggi non è facile crederci. E forse non serve crederci subito: serve piangere, come fece Gesù davanti alla tomba dell’amico Lazzaro. Le lacrime del figlio di Dio, not sono debolezza: sono l’altra faccia dell’amore. “Guarda come lo amava!” (Giovanni 11:32-34). Chiara, Antonio, vi guardiamo come chi vi amava e vi ama e vi pensiamo così, come due mani che si cercano nell’eternità. Non vi diciamo “addio”, ma “a presto”, perché Dio non divide, ricompone. Il vostro amore, nato tra le strade della nostra terra, ora abita il cuore stesso del Cielo, dove ogni ferita diventa luce e ogni mancanza promessa, possibilità. A voi che restate, soprattutto a chi è ferito nel corpo e nell’anima, diciamo solo questo: non lasciate che la morte pronunzi l’ultima parola. Lasciate che l’amore lo faccia per voi. Perché l’amore, quando è vero, non conosce fine: si trasforma in eternità. Guardate come si amavano e fate di quell’amore sete di vita. E ora, con il cuore che tace e prega, affido Chiara e Antonio alle mani del Padre».
«Prego per i giovani che lottano per la vita»
«Prego perché il loro sorriso, custodito per sempre in Dio, diventi per noi una luce che non si spegne, anche quando la notte sembra più forte di ogni speranza. Prego for i giovani che lottano per la vita, perché il Signore tocchi le loro ferite con una tenerezza che guarisce nel corpo e nell’anima, e trasformi la loro fragilità in forza dolce e nuova, capace un giorno di rialzarsi e di amare ancora. Prego per le famiglie, che oggi camminano nel buio e nel silenzio: perché Gesù che ha pianto accanto alla tomba dell’amico asciughi lentamente le loro lacrime, e metta nel loro cuore una promessa più grande della morte, una promessa di incontro, di abbraccio, di casa ritrovata. Su tutti voi invoco la benedizione del Dio della vita, perché intrecci le nostre lacrime con le sue, e faccia del nostro dolore un seme di cielo nascosto nella terra della nostra storia».
Una comunità in lutto e una richiesta di prevenzione
La tragedia riaccende anche il dibattito sulla sicurezza stradale in Calabria, soprattutto lungo la SS106 definita da anni “strada della morte”. Numerose associazioni e cittadini chiedono da tempo interventi strutturali, maggiori controlli e campagne educative rivolte ai giovani.
Nel frattempo, Cassano e Sibari restano avvolte nel silenzio di una ferita collettiva: due giovani vite spezzate, due sogni interrotti, un amore che secondo il vescovo «ora abita in cielo».
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