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TORINO, 15 NOVEMBRE 2011- Rifiuta di togliere il velo e il giudice la invita a lasciare l’aula dell’udienza: è accaduto il 14 novembre nel Tribunale di Torino. Nell’aula si dibatte un’udienza penale e, per chiarire una traduzione che ha portato una divergenza delle parti, il pm Andrea Bascheri convoca una giovane interprete di lingua araba, Fatima. In realtà, la donna non è una vera interprete ma si occupa delle registrazioni delle udienze.[MORE]
Il giudice, Giuseppe Casalbore, la invita a togliere il velo che le copre la testa, con il quale si è presentata in aula. Pur di non contravvenire alla sua religione, che la obbliga a coprirsi il capo, la ragazza decide di rinunciare alla traduzione e di lasciare l’aula.
A giustifica del proprio comportamento contro coloro i quali lo hanno accusato di non sostenere l’integrazione sia etnica che religiosa, il giudice ha risposto di aver applicato la legge, che prevede che in aula si abbia il capo scoperto. La soluzione della vicenda, così semplice superficialmente, è invece molto controversa: il quesito è stato rivolto al Consiglio Superiore della Magistratura, affinché delinei il comportamento del magistrato in situazioni simili, ovvero se il capo debba essere scoperto, senza alcuna eccezione, o se alcune circostanze particolari comportamenti differenti.
L’episodio torinese non è nient’altro che l’ultimo mini-scontro di un differente modo di vivere ed intendere la società e la comunità. I confini tra laicità e religione cercano sempre un loro contorno ben definito, contorno sempre più difficoltoso da trovare, non solo per la religione cristiana, ma anche per quella araba, che vanta numerose presenze in Italia. La questione del velo è controversa: il divieto del burqa è invece di risoluzione più semplice, dato che la legge impedisce categoricamente di indossare abiti che non permettano l’identificazione della persona.
(notizia segnalata da ADELE LERARIO)