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Immissioni sonore causate dal conduttore: responsabilità non automatica del proprietario
COSENZA, 12 MARZO - Il proprietario di un immobile concesso in locazione non risponde dei danni provocati dal conduttore in conseguenza di immissioni sonore intollerabili, a meno che non si accerti in concreto che, al momento della stipula del contratto di locazione, il proprietario avrebbe potuto preconfigurarsi, impiegando la diligenza di cui all'art. 1176 c.c., che il conduttore avrebbe certamente arrecato danni a terzi con la propria attività. Questo è quanto stabilito dalla Corte di Cassazione, sez. VI Civile-3, ordinanza n. 4908/2018, depositata il 1 marzo. [MORE]
Il caso. Alcuni condomini citavano in giudizio la società locatrice e quella locataria di un locale adibito a bar, da cui provenivano immissioni sonore intollerabili, per sentirle condannare alla cessazione delle immissioni, all’insonorizzazione del locale e al risarcimento dei danni patiti. L’adito Tribunale dichiarava cessata la materia del contendere relativamente alla domanda di cessazione delle immissioni moleste, condannava la società locatrice complessivamente al pagamento di 309.600,00 Euro e la società locataria a tenere indenne la prima di quanto pagato ai condomini attori.
La società proprietaria ricorreva in appello e i giudici di seconde cure, accogliendo parzialmente il gravame, riducevano la condanna a 232.200,00 Euro.
Avverso tale sentenza, la società proprietaria proponeva ricorso per cassazione fondato su tre motivi di doglianza. Col primo motivo la ricorrente lamentava, ai sensi dell’art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’art. 2043 c.c.: la Corte d’Appello aveva ravvisato una colpa aquiliana della proprietaria nella mancata adozione degli interventi necessari ad impedire il verificarsi del danno, ed in particolare nel non avere vigilato sull’uso che della cosa locata faceva il conduttore, in modo da evitare che provocasse danno agli altri condomini. Secondo la ricorrente, il locatore d’un immobile, tuttavia, non era affatto tenuto a garantire che il conduttore non arrecasse danni a terzi, e non poteva rispondere verso questi ultimi dei fatti illeciti commessi dal conduttore, per la ragione che non aveva alcun obbligo di prevenirli.
Il Supremo Collegio accoglieva il ricorso e coglieva l'occasione per ricordare l'orientamento della Suprema Corte in tema di responsabilità del detentore di immobile. In particolare, ricordava come le Sezioni Unite, già da molti anni, avevano stabilito che nell’ipotesi in cui le immissioni moleste fossero prodotte dal detentore d’un immobile, l’eventuale sussistenza della legittimazione passiva del proprietario di questo, non ne comportava l’automatica responsabilità per il risarcimento dei danni, essendo, all’uopo, necessaria la sussistenza dell’elemento soggettivo della colpa e del nesso oggettivo di causalità (e non di mera occasionalità) fra la concessione dell’immobile al terzo ed i danni subiti dal fondo contiguo (Sez. U, Sentenza n. 2711 del 21/07/1969).
In applicazione di questo principio, nel 2015 la Suprema Corte aveva già affermato che "in materia di immissioni intollerabili, allorché le stesse originino da un immobile condotto in locazione, la responsabilità ex art. 2043 cod. civ. per i danni da esse derivanti può essere affermata nei confronti del proprietario, locatore dell’immobile, solo se il medesimo abbia concorso alla realizzazione del fatto dannoso, e non già per avere omesso di rivolgere al conduttore una formale diffida ad adottare gli interventi necessari ad impedire pregiudizi a carico di terzi" (Sez. 3, Sentenza n. 11125 del 28/05/2015)”.
Gli Ermellini, altresì, escludevano che, nel caso di specie, sussistesse un obbligo di vigilanza, intervento o di veto della società proprietaria nei confronti della conduttrice, avuto riguardo sia alle ordinarie regole di diligenza che alle norme, statuali o pattizie. Ciò che avrebbe dovuto accertare la Corte d'Appello, e invece non aveva fatto, era se la proprietà avesse potuto (o no) prevedere con l'ordinaria diligenza, alla luce di tutte le circostanze del caso concreto, che la società conduttrice avrebbe con ragionevole certezza arrecato danni a terzi, causati dalle immissioni intollerabili.
Per tali motivi, la Corte di Cassazione accoglieva il primo motivo di ricorso, dichiarava assorbiti gli altri, cassava la sentenza impugnata e rinviava la causa alla Corte d’Appello competente, in diversa composizione, cui demandava di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Avvocato Anna Maria Cupolillo Staff Giuridico Avvocato Express