Cronaca
ILVA Taranto: Emilio e Nicola Riva, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere
Oggi è previsto altra fiaccolata pre protesta
Roma 1 agosto 2012 - Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Emilio e Nicola Riva, ex presidenti dell'Ilva, e gli altri sei dirigenti dell'azienda siderurgica agli arresti domiciliari da giovedì scorso con l'accusa di disastro ambientale. Hanno deciso di giocarsi la partita al Tribunale del riesame che vaglierà la loro posizione nell'udienza di venerdì. I dirigenti – fra cui l'ex direttore dello stabilimento di Taranto, Luigi Capogrosso, e l'attuale Salvatore De Felice, indagato però in quanto già capo degli altiforni – sono comparsi ieri mattina davanti al gip di Taranto, Patrizia Todisco, che ha firmato sia il provvedimento di arresto sia di sequestro degli impianti. I Riva, invece, davanti al giudice del Tribunale di Varese.
C'è stata molta tensione all'esterno del Tribunale di Taranto. È accaduto quando i sei dirigenti sono arrivati con sei diversi furgoni cellulari della Polizia penitenziaria che era andata a prelevarli dalle loro abitazioni. Alla vista degli agenti, si è formato un assembramento di fotografi e cameramen, ma è partita subito la contestazione di dipendenti e capi Ilva radunatisi davanti al Tribunale, i quali hanno applaudito l'arrivo dei dirigenti. «Siamo sconcertati per quello che abbiamo visto – dicono i dipendenti Ilva –. È assurdo, inaudito, lo spiegamento di forze predisposto, nemmeno si dovessero scortare mafiosi». E molto disappunto manifesta anche uno degli avvocati dell'Ilva, Egidio Albanese, che al gip aveva chiesto di far arrivare gli indagati in Tribunale liberi e senza scorta (così come è accaduto per i Riva a Varese), ma s'è visto respingere l'istanza. «La scorta predisposta – dice Albanese – è del tutto sproporzionata rispetto ai fatti contestati e agli indagati, quasi tutti incensurati».
Oggi il caso Ilva approda sia alla Camera sia al Senato, dove ne riferirà il ministro dell'Ambiente, Corrado Clini. Intanto Taranto si mobilita per due giorni per salvare i posti di lavoro dell'Ilva ma anche per rilanciare la necessità di avviare il risanamento ambientale, facendo coesistere le ragioni della produzione con la tutela della salute dei cittadini. Stasera, nel rione Tamburi, il più esposto all'inquinamento perchè più vicino alla fabbrica, ci sarà la veglia di preghiera voluta dall'arcivescovo Filippo Santoro, alla quale aderiscono anche i sindacati, Legambiente e il movimento Altamarea, che raggruppa quasi tutte le associazioni ambientaliste tarantine. «Il problema dell'Ilva è un problema di tutti», spiega l'arcivescovo, che si richiama anche alle parole pronunciate dal Papa domenica scorsa all'Angelus.[MORE]
Domani due cortei attraverseranno la città per confluire in centro, in piazza della Vittoria, dove parleranno i leader sindacali Camusso, Bonanni e Angeletti. Solidarietà arriva dai commercianti. «La chiusura dello stabilimento significherebbe il crollo dell'economia e della condizione sociale del nostro territorio. Sì alle ragioni del lavoro, della salute, della sicurezza e dell'ambiente per tutelare gli interessi di tutta la comunità», dicono i sindacati confederali e metalmeccanici di Taranto. All'Ilva si sciopererà per 24 ore e 8 ore di fermata ci saranno anche nel sito di Novi Ligure dell'Ilva, che è alimentato da Taranto. Alta la soglia di attenzione delle forze di polizia che temono possibili infiltrazioni nei cortei.