Cronaca
Ilva, per il Tribunale: l'attività inquinante è "disastro doloso"
TARANTO, 20 AGOSTO 2012- In base alle motivazioni illustrate dal Tribunale del Riesame nel provvedimento con il il 7 agosto scorso è stato confermato il sequestro degli impianti a caldo dell'Ilva, 'senza concedere la facoltà d'uso, si legge che il "disastro prodotto dall'Ilva a Taranto è stato determinato nel corso degli anni, sino ad oggi, attraverso una costante reiterata attività inquinante posta in essere con coscienza e volontà, per la deliberata scelta della proprietà e dei gruppi dirigenti".
Il particolare, secondo i magistrati, "Proprietà e gruppi dirigenti che si sono avvicendati alla guida dell'Ilva, hanno continuato a produrre massicciamente nella inosservanza delle norme di sicurezza dettate dalla legge e di quelle prescritte, nello specifico dai provvedimenti autorizzativi". I giudici procedono sostenendo anche che, "Dalle varie parti dello stabilimento vengono generate emissioni diffuse e fuggitive non adeguatamente quantificate, in modo sostanzialmente incontrollato e in violazione dei precisi obblighi assunti dall'Ilva, nella stessa Aia e nei predetti atti d'intesa, volti a limitare e ridurre la fuoriuscita di polveri e inquinanti. Le emissioni nocive che scaturivano dagli impianti, risultate immediatamente evidenti sin dall'insediamento dell'attuale gruppo dirigente dello stabilimento Ilva di Taranto, avvenuto nel 1995, sono proseguite successivamente". [MORE]
Secondo quanto sostenunuto nelle suddette motivazioni, "nonostante i molteplici impegni assunti dall'Ilva con le pubbliche amministrazioni per migliorare le prestazioni ambientali del siderurgico, i dirigenti dello stabilimento non hanno mai assolto agli obblighi". In pratica, il disastro ambientale doloso generaro dall'Ilva è "ancora in atto e potrà essere rimosso solo con imponenti e onerose misure d'intervento, la cui adozione, non più procrastinabile, porterà all'eliminazione del danno in atto e delle ulteriori conseguenze dannose del reato in tempi molto lunghi", precisando che, le modalità di gestione dell'Ilva, hanno determinato "azioni ed omissioni aventi una elevata potenzialità distruttiva dell'ambiente (...), tale da provocare un effettivo pericolo per l'incolumità fisica di un numero indeterminato di persone".
Tutto ciò ha determinato una "gravissima contaminazione ambientale che consiste nella contaminazione di una vasta area di terreno compresa tra i territori dei Comuni di Statte e Taranto. La contaminazione ha comportato ingenti danni economici alle locali aziende zootecniche, ma soprattutto ha creato una situazione di grave pericolo per la salute e la vita di un numero indeterminato di persone". I magistrato evidenziano che già "nel maggio 2007 l'Arpa Puglia aveva reso noto che le emissioni di diossina attribuibili all'Ilva avessero subito un decisivo incremento, passando il contributo complessivo dello stabilimento di Taranto, al totale nazionale prodotto, dal 32% dell'anno 2002 al 90% del 2005".
Per far fronte a tale situazione, i giudici scrivono, "Lo spegnimento degli impianti rappresenta, allo stato, solo una delle scelte tecniche possibili. Se occorra fermare gli impianti, lo si deciderà "sulla base delle risoluzioni tecniche dei custodi-amministratori. Non è compito del tribunale stabilire se e come occorra intervenire nel ciclo produttivo (con i consequenziali costi di investimento) o, semplicemente, se occorra fermare gli impianti, trattandosi di decisione che dovrà necessariamente essere assunta sulla base delle risoluzioni tecniche dei custodi-amministratori, vagliate dall'autorità giudiziaria: per questo lo spegnimento degli impianti rappresenta, allo stato, solo una delle scelte tecniche possibili"
Secondo i giudici del Riesame, "L'Ilva deve, da un lato, eliminare la fonte delle emissioni inquinanti (con la rimodulazione dei volumi di produzione e della forza occupazionale), dall'altro provvedere al mantenimento dell'attività produttiva dello stabilimento, solo dopo averla resa compatibile"con ambiente e salute. La scelta tra importanti e complesse scelte di politica aziendale volte, da un lato, all'eliminazione della fonte delle emissioni inquinanti (con la rimodulazione dei volumi di produzione e della forza occupazionale), dall'altro invece al mantenimento dell'attività produttiva dello stabilimento, soltanto dopo averla resa compatibile con l'ambiente e la salute dei cittadini e dei lavoratori, anche al prezzo di onerosissimi esborsi finanziari, si pone oramai in termini di ineludibilità e urgenza per il gestore, in considerazione della peculiare complessità del ciclo produttivo e degli impianti, che necessitano di un tempestivo intervento".
In merito alla posisizione del Tribunale del Riesame, il ministro Passera ha ribadito, "No a decisioni irrimediabili come lo spegnimento". Invece, il presidente dell'Ilva ha commentato, "Il Riesame ha espresso una posizione di buon senso, che indica una strada che salva l'ambiente, la salute e tanti posti di lavoro".
(Fonte: Ansa)
Rosy Merola