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Illegittima la privatizzazione dell'acqua, la Corte Costituzione così tutela il referendum

ROMA, 20 LUGLIO 2012. – È da ritenersi costituzionalmente illegittimo per violazione dell’'articolo 75 della Costituzione, l’art. 4 del decreto-legge 13 agosto 2011, n.138 convertito in legge 148/ 2011 e recante ''Ulteriori misure urgenti per la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo”'.[MORE]


La pronuncia è stata emessa dalla Corte Costituzionale con sentenza 199/2012, a seguito del ricorso presentato dalle Regioni Puglia, Lazio, Marche, Emilia-Romagna, Umbria e Sardegna, contro il testo di legge che attribuiva agli enti locali la facoltà di liberalizzare i servizi pubblici, incluso il servizio idrico integrato.


Sulla materia nel giugno del 2011, la volontà popolare espressasi mediante referendum, aveva negato l’autorizzazione alla privatizzazione dell’acqua, e tuttavia nulla aveva potuto contro la reintroduzione della norma nel successivo mese d’agosto, ad opera della citata legge di fatto indifferente all’esito referendario.


Il giudizio della Corte Costituzionale si esprime “alla luce di una interpretazione unitaria della trama costituzionale ed in una prospettiva di integrazione degli strumenti di democrazia diretta nel sistema di democrazia rappresentativa delineato dal dettato costituzionale”.


Secondo la Consulta infatti “risulta evidente l’analogia, talora la coincidenza, della disciplina contenuta nell’art. 4 rispetto a quella dell’abrogato art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 e l’identità della ratio ispiratrice…con la conseguenza che la norma oggi all’esame costituisce, sostanzialmente, la reintroduzione della disciplina abrogata con il referendum del 12 e 13 giugno 2011”.


L’esito della consultazione popolare, precisa la Corte, costituisce esercizio di quanto previsto dall’art. 75 Cost., ed il divieto al ripristino della legge abrogata opera al fine di impedire che l’esito di tale manifestazione venga posto nel nulla e che ne venga vanificato l’effetto utile.


Nel caso in questione, conclude la Consulta “tenuto conto del brevissimo lasso di tempo intercorso fra la pubblicazione dell’esito della consultazione referendaria e l’adozione della nuova normativa (23 giorni)…  non può ritenersi che sussistano condizioni tali da giustificare il superamento del predetto divieto di ripristino,  nè si è verificato alcun mutamento idoneo a legittimare la reintroduzione della disciplina abrogata".

SAVERIO CARISTO