Fantasticherie del cuore

Il vuoto delle parole

Viviamo in un mondo di parole vane. La gente è stordita, delusa, ma purtroppo spesso legata alle illusioni che le sirene della nuova comunicazione lasciano scorrere nella vita di ognuno. Quando si parla troppo è perché non si ha la capacità di sintetizzare in poche espressioni il senso alto del proprio pensiero. La tecnica comunicativa dell’uomo odierno punta molto sull’effetto delle parole e non di certo sul loro significato. Si crea di riflesso una voragine di sensazioni e di abbagli che placano i sensi nell’immediato, ma nel tempo lasciano il vuoto nell’anima e i segni di un chiaro abbandono anche nel corpo. Nonostante su questo tema si dibatta all’infinito in ogni situazione, il mondo pare voglia privilegiare la stoltezza del chiacchiericcio fine a sé stesso e affossare la sintesi sapiente della Parola che dirada la nebbia della vita.[MORE]

Nel vangelo ritroviamo come sempre un quadro chiaro di riferimento anche su questo speciale argomento. Oggi, con i sofisticati mezzi di comunicazione a disposizione, si è alzato all’ennesima potenza la possibilità per l’uomo di ipnotizzare l’opinione pubblica, con gli effetti variopinti di messaggi e annunci privi spesso di ogni significato salvifico. In alcuni casi prende corpo una ipnosi di massa che rende tutto sotto controllo e addomesticabile. Si decide tutto a tavolino all’ombra di interessi specifici e si cerca di conseguenza di far partecipare la gente, attraverso un falso protagonismo, alla piena affermazione di quanto i grandi poteri finanziari rincorrono quale loro imprescindibile obiettivo. A cascata tutto è così. L’uomo è un bravo imitatore del potere che crede di conoscere. Risultato: Una società senza spirito e serie prospettive sociali di redenzione.

Ritornando al vangelo non si può su questa tematica non soffermarsi sulla lettura di Marco 2,13-17. Gesù mentre cammina per strada si accorge di Levi, figlio di Alfeo, mentre seduto al suo banco delle imposte, compie il suo lavoro con evidente avidità di denaro. Il Messia si ferma, vuole liberarlo da quella vita infetta, ma non cerca di convincerlo con lunghi discorsi o con alchimie verbali. Gli rivolge solo una parola: Seguimi! Il pubblicano lascia tutto e lo segue. Diventa Apostolo; cambia vita; dal non essere, passa all’essere; rivoluziona la sua esistenza; entra in quella profondità delle cose, prima sconosciuta. Altri peccatori e pubblicani si siedono allora con Gesù. Vogliono capire cosa sia successo a Levi; sperano di modificare il loro stato; tentano di liberarsi dall’onta che li accompagna socialmente e spiritualmente per scoprire la grazia del cielo. I farisei non capiscono l’agire liberatore di Gesù.

Lo interrogano, meravigliati del suo stare assieme ai peccatori. Non leggono il valore di salvezza che è radicato nella sua parola. Il Figlio dell’uomo si rivolge perciò a loro annunziando “una verità che è agire quotidiano tra gli uomini”. Spiega come un medico non si reca dai sani, ma da chi ha bisogno di ritrovare la salute del corpo. Anche qui un concetto di vita reale per oltrepassare il buio del cuore dei farisei, senza scomodare la Scrittura. Gesù è medicina dell’anima e dello spirito. La sua missione è tutta nel salvare chi ha perso la via della luce. La stessa Chiesa è obbligata ad andare in questa direzione, sapendo che un corpo curato, senza una intensa pulizia interiore, non serve alla costruzione di un domani migliore. La parola sia allora chiara e breve, ma soprattutto connessa con la verità del Signore e non con il volere egocentrico del potere umano. Le lungaggini della bocca e del cuore non sono dalla sapienza che precede il mondo, ma dal vuoto che lo sostiene.

Egidio Chiarella

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