Mons. Maniago nella Notte di Natale: una pace che nasce e non si spegne
Una pace che nasce e non si spegne.
L’omelia di mons. Claudio Maniago nella Notte di Natale all’Immacolata
Catanzaro – Nella Messa della Notte di Natale, celebrata nella Basilica dell’Immacolata, l’Arcivescovo Claudio Maniago ha consegnato alla comunità diocesana una riflessione intensa e profondamente attuale, centrata sul cuore dell’annuncio cristiano: la pace che nasce dal Bambino di Betlemme e chiede di diventare responsabilità concreta nella storia.
«Per noi è nato un bambino: il suo nome è Principe della pace». Da questa proclamazione del profeta Isaia, riecheggiata dal canto degli angeli nella notte santa, l’Arcivescovo ha invitato i fedeli ad accogliere, come Maria, Giuseppe e i pastori, «la luce di questa notte e con essa la sua pace», perché Gesù, l’Emmanuele, «cerca persone che portino e comunichino la sua pace».
Non solo assenza di guerra
Nel cuore dell’omelia, mons. Maniago ha chiarito che la pace cristiana non coincide con una tregua fragile o con l’assenza dei conflitti. «Pace non vuol dire solo assenza di guerra – ha affermato – ma vita fraterna, personale e comunitaria, animata dalla verità e dall’amore». Una pace continuamente minacciata dal peccato, che genera egoismi, inimicizie e violenze, e dalla quale l’uomo non riesce a liberarsi da solo.
Da qui la forza della buona notizia del Natale: Dio stesso si muove verso l’umanità per guarire «questa malattia, questo virus che attacca la mente, il cuore e i rapporti umani». Celebrare il Natale significa allora aprire spazi reali – spirituali, culturali e sociali – all’azione del Figlio di Dio, lasciando che la sua grazia renda capaci di respingere «le logiche inique delle contrapposizioni».
La pace che mette in movimento
Richiamando Papa Francesco, l’Arcivescovo ha sottolineato che la pace di Gesù non è statica né intimistica: «Ti mette in movimento: non ti isola, ti fa andare dagli altri, crea comunità, crea comunicazione». È una pace gratuita, feconda, che non si spegne nelle difficoltà, ma continua a brillare «anche quando calano le ombre oscure dei problemi, perché è piena di speranza».
Un invito chiaro, quello rivolto ai fedeli, a lasciar crescere anzitutto dentro di sé la pace del Signore. Spesso – ha osservato – il malessere interiore viene attribuito solo a fattori esterni, rischiando di alimentare rabbia e scoraggiamento. L’incontro con Cristo che «bussa alla nostra porta» permette invece di rileggere la propria vita, di riconciliarsi con se stessi e di generare una pace radicata nel bene vissuto e donato.
Famiglie, popoli, mondo
La riflessione si è poi allargata alla vita familiare e agli scenari globali. Nelle famiglie, la pace di Cristo diventa pazienza, capacità di valorizzare il bene, antidoto ai litigi e alle divisioni. Ma chi accoglie davvero il Bambino di Betlemme sente anche una fraternità universale che non consente indifferenza davanti ai drammi del mondo.
Con parole forti, mons. Maniago ha richiamato l’assurdità della guerra in Ucraina, la tragedia del Medio Oriente e i tanti conflitti che insanguinano il pianeta, definendoli una «sanguinosa vergogna che macchia la nostra umanità». I credenti, ha ribadito, non possono rassegnarsi: «La guerra non è mai una fatalità; è sempre una sconfitta dell’umanità», come ricordava san Giovanni Paolo II. Per questo i discepoli di Gesù sanno che la pace è dono di Dio, ma chiede una risposta coraggiosa, fatta di preghiera, penitenza e impegno perseverante.
Alla scuola di Maria
Nel passaggio conclusivo, l’Arcivescovo ha invitato la comunità a mettersi «alla scuola di Maria, maestra, madre e modello di comunione e di pace». Dove arriva Maria, ha affermato, «le tensioni si allentano, il buio viene oltrepassato e rinasce la speranza che non delude». È la speranza che accompagna il cammino della Chiesa e illumina anche le notti più difficili della storia.
Accogliere il Bambino nato per noi significa allora dire, con umiltà, il proprio «sì», unendolo a quello della Vergine di Nazareth, perché l’Onnipotente continui a compiere grandi cose. Un Natale che non resta confinato nel rito, ma diventa scelta di vita e impegno quotidiano per essere, nel mondo, costruttori di pace.
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