Cronaca

Il Sud America dal papa: grande festa a San Pietro

CITTA' DEL VATICANO, 12 dicembre 2011 - Grande festa a San Pietro. Tra voci, chitarre, flauti, percussioni, oggi il papa ha festeggiato il bicentenario dell'indipendenza degli Stati latinoamericani, annunciando che: "E' mio vivo desiderio intraprendere un viaggio apostolico poco prima di Pasqua. Andrò in Messico e poi a Cuba". Una trasferta transoceanica che dovrebbe effettuarsi con ogni probabilità dal 22 al 28 marzo. L'85enne pontefice ha un grande obiettivo: affidare un messaggio all'intero continente. "Perché questo è tempo prezioso per evangelizzare attraverso una fede radicata, una speranza viva e una carità ardente".[MORE]

Grande festa per una doppia occasione. Il papa infatti sottolinea in questo giorno di festa come l'America latina, il più grande serbatoio d'anime del pianeta, si stia lentamente secolarizzando e le sue radici si stanno indebolendo. Tra il calo dei matrimoni e dei battesimi, il fatto che molte coppie nemmeno si sposano più, nei Parlamenti nazionali si fanno strada leggi anticristiane che tendono a parificare le coppie gay, giustificando gli esperimenti sugli embrioni umani, si parla diffusamente di estendere pratiche abortive alle minorenni e di introdurre principi eutanasici. A questo si aggiunge poi il fenomeno delle sette religiose che attraverso un messaggio accattivante e immediato riescono a penetrare facilmente negli strati più bassi della popolazione.

Per la prima volta oggi a San Pietro spicca inconfondibile tra le bandiere quella cubana, rossa con una stella bianca su righe blu e bianche. Seduti in prima fila hanno preso posto gli ambasciatori anche se i protagonisti della celebrazione restano i fedeli, tutti immigrati che lavorano a Roma e che per poter partecipare alla messa papale hanno ottenuto dai propri datori di lavoro un permesso speciale. Benedetto XVI ricorda la venerazione della Madonna di Guadalupe e gli eventi che hanno profondamente segnato la presenza del cristianesimo. I primi missionari arrivarono in Messico con Hernán Cortés nel 1519. Anni dopo arrivarono dei missionari francescani, e poi, più tardi, i domenicani. Ma il compito evangelizzatore andava a rilento e le conversioni non erano numerose, né tanto meno spettacolari. Fino a quando non apparve la vergine di Guadalupe al contadino indio Juan Diego. La Morenita, come viene chiamata dal colore della pelle, cambiò il corso della storia. In una ventina d'anni le cronache parlano di 5 milioni di indio convertiti. Per certi versi la Chiesa anche oggi si trova a rinnovare la sua missione per cercare di non perdere terreno. Papa Ratzinger insiste sulla testimonianza e sulla parola.

Nel 2007, quando si recò in Brasile, ai vescovi latino americani chiese di lavorare per far risplendere il Vangelo cercando però di non immischiarsi troppo nelle vicende politiche. "Se la Chiesa cominciasse a trasformarsi direttamente in soggetto politico, non farebbe di più per i poveri e per la giustizia, ma farebbe di meno, perché perderebbe la sua indipendenza e la sua autorità morale, indentificandosi con una unica via politica e con posizioni parziali opinabili". Messico e Cuba. Papa Ratzinger andrà in Messico a rendere omaggio al grande Cristo Re, la statua simbolo della resistenza dei cattolici messicani durante la cosiddetta guerra cristera scoppiata negli anni Venti del secolo scorso. Un conflitto sanguinoso che diede vita ad una persecuzione vera e propria terminata solo qualche decennio fa. Molto più politico il viaggio all'Avana. Lì incontrerà Raul, il fratello presidente, poi Fidel che è molto malato e, infine, i cattolici ai quali è stata concessa la libertà di una opposizione propositiva anche se per la Chiesa, nonostante le aperture fatte in questi ultimi dieci anni, restano sul terreno gravi problemi da risolvere. L'ateismo di Stato continua ad essere un ostacolo strisciante per normali rapporti improntati da una collaborazione piena.

 

Caterina Gatti