Societa'

Il ruolo della Chiesa in Calabria nel secondo dopoguerra e del vescovo di Nicastro Eugenio Giambro

11 MARZO 2016 - La disamina del ruolo della Chiesa in Calabria dal 1943 al 1950 e, in particolare, del vescovo della Diocesi di Nicastro Eugenio Giambo domina il libro “I vescovi calabresi e il Fronte Rosso” scritto dallo storico Vincenzo Villella e discusso nel corso di un incontro organizzato dall’ Università delle Terza Età di Lamezia Terme, presieduta da Italo Leone.

Lo storico e curatore della prefazione Antonio Bagnato, dopo aver tracciato il percorso storico – politico della Chiesa con i relativi cambiamenti, da luogo di evangelizzazione in istituzione, ha messo in luce l’esercizio del suo potere politico nel corso dei secoli fino all’Unità d’Italia. L’autore del libro Villella non intende essere polemico contro nessuno, né tanto meno contro la Chiesa ma vuole riempire un vuoto storiografico per fare conoscere la storia della Chiesa in Calabria in un momento cruciale in cui alla sconfitta del fascismo e allo smarrimento generale corrisponde la fase della lotta per la libertà,la democrazia, la giustizia sociale. E lo fa consultando meticolosamente i documenti dell’archivio vescovile di Nicastro salvati parzialmente dalla rovina da Pietro Bonacci poiché tuttora mancano all’appello parecchi testi. Lo storico Villella esamina attentamente i verbali della Cec ( Conferenza Episcopale Calabrese) del secondo dopoguerra da cui emergono le precise direttive della Chiesa rivolte ai vescovi, agli ecclesiastici, agli stessi fedeli che devono affiancare all’agire religioso quello politico finalizzato al contrasto dell’ideologia comunista.  [MORE]

In particolare, nella seconda parte del libro, lo storico Villella si sofferma sulle direttive che il vescovo di Nicastro Eugenio Giambo, di personalità forte, autoritaria, legato ai valori tradizionali e ai valori del cristianesimo, impartisce agli ecclesiastici e ai fedeli attraverso il “Foglio ufficiale della Diocesi” di quegli anni. Già il 1° ottobre 1944 Giambro compila un vero e proprio codice di comportamento con precise direttive che i parroci devono seguire contro i socialcomunisti, ritenuti pericolosi per « il patrimonio preziosissimo e insostituibile della Nazione». L’ossessione esagerata contro il pericolo rosso non consente al vescovo di Nicastro di discernere quanto stava accadendo nella società e di capire che la secolarizzazione, che investiva ormai la società nicastrese e calabrese, non era solo un prodotto del socialcomunismo, ma dei tempi nuovi , della storia che irrompe e che non si può arrestare. «Giambro - scrive Villella - sembra schierato completamente dalla parte della conservazione e della reazione.

Eppure anche nella sua Diocesi stavano circolando idee nuove funzionali al riscatto delle classi più povere ed emarginate a cui nei suoi interventi non faceva alcun riferimento. Non si accorgeva che quel mondo semifeudale, che caratterizzava gran parte del Mezzogiorno e della Calabria, andava cambiato e stava per essere definitivamente sconfitto». Nessuna apertura, quindi, verso la morale laica, anzi la Chiesa negli scritti di Giambro « sembra autorizzata a fornire persino le direttive del vivere civile. Ciò perché non è possibile alcuna etica che non abbia una fondazione divina».

Foto: Antonio Bagnato e Italo Leone

Lina Latelli Nucifero