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Il racconto americano di Mr. Hopper
BOLOGNA, 12 LUGLIO 2016 – La mostra evento Edward Hopper, in corso a Palazzo Fava - Palazzo delle Esposizioni di Bologna, offre ancora per poco – fino al prossimo 24 luglio – l’imperdibile occasione per ammirare alcuni capolavori del pittore considerato il maestro del Realismo americano: attraverso cinquantotto opere, tra tele a olio, acquerelli, disegni e incisioni, prestati dal Whitney Museum di New York, rivive la sua straordinaria vicenda artistica, dagli anni parigini ai soggiorni a Cape Cod.[MORE]
Appunti di viaggio e scene di vita quotidiana, suggestioni, non solo pittoriche, sfilano come sequenze cinematografiche tra paesaggi rurali e urbani abitati da misteriose figure solitarie, malinconiche, sospese nell’immobilità del tempo e avvolte dal silenzio, quasi magicamente scolpite dalla luce, emblema del suo stile. Con la curatela di Barbara Haskell, in collaborazione con Luca Beatrice, il percorso espositivo accoglie lungo sei sezioni tematiche special guest come Autoritratto (1903-1906), Summer Interior (1909), New York Interior (1921 circa), Light at Two Lights (1927), Cape Cod Sunset (1934), Second Story Sunlight (1960). Ma la parte del leone spetta al discusso Soir Bleu (Sera blu, del 1914), olio su tela di grande formato (91,8x182,7 cm), che inizialmente non ha ricevuto il plauso della critica, con i suoi sette personaggi in cerca d’autore raffigurati sotto la luce artificiale delle lanterne cinesi, tra cui spicca un clown dall’aria triste e una prostituta con i capelli alla garçonne.
Per Fabio Roversi-Monaco, Presidente Genus Bononiae e Leone Sibani, Presidente Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna, «Edward Hopper è considerato il cantore dell’America rurale contrapposta a quella delle grandi metropoli, brulicanti di un’umanità spesso alienata. Ma più in generale Hopper è l’artista che ha saputo rappresentare sulla tela la solitudine esistenziale insita nella natura stessa dell’essere umano. Le pompe di benzina abbandonate, le donne semisvestite in attesa, davanti a una finestra o a una porta, le stanze da letto vuote, i letti sfatti, i personaggi dallo sguardo rivolto verso l’orizzonte, le ombre che si allungano sulle strade illuminate dai lampioni, gli uomini seduti al bancone di un bar che bevono a capo chino simboleggiano il disagio di un vivere che sembra sospeso tra il vuoto, il silenzio e l’immobilità». «Nelle sue tele – si legge ancora dal catalogo della mostra, Skira – Hopper mette in discussione il sogno americano: ma nel rivelare la disillusione, indica la strada per una rinascita, per la conquista di un’esistenza più consapevole».
«Forse non sono troppo umano,
ma il mio scopo è stato
semplicemente quello
di dipingere la luce del sole
sulla parete di una casa».
(Edward Hopper)
Domenico Carelli
(Immagini courtesy Ufficio Stampa Arthemisia Group)