Chiesa e Società
Il Presidente della CEC. Mons Vincenzo Bertolone: non girarsi davanti ingiustizie, alzare testa
CATANZARO, 23 DICEMBRE - Carissimi calabresi, mi rivolgo a tutti Voi, ovunque risediate, che avete nel Dna e custodite nella memoria i valori autentici di questa nostra terra. RaggiungendoVi per qualche minuto lungo le strade delle Vostre vite, credo di potere immaginare che cosa Vi aspettiate, mentre Vi accingete a leggere questo messaggio. Vi prego di recepirlo come una letterina di Natale, simile a quelle che i piccoli di un tempo mettevano sotto i piatti sulla tavola di quel meraviglioso giorno di festa. Le parole augurali che si rincorrono in queste ore sono tante, ma non sempre dal valore coerente, probabilmente perché il Natale è ormai ritenuto da molti una festa “vuota”, che però fa spendere tanti soldi in ghingheri oziosi e regali, come prescritto dalle abitudini.
Mi tornano alla memoria le pagine di Sogno di Natale, uno dei racconti più belli di Luigi Pirandello: in un clima gioioso in cui tutti festeggiano, stona quasi la figura di quel viandante di nome Gesù, che gira per le strade succubo della tristezza «poiché il mondo solo per uso festeggia ancora il suo natale». Guardiamoci dentro, carissimi. Cerchiamo di capire quando, rinunciando ad un’anima e ad un cuore, abbiamo scelto di non essere più dei cittadini di questa nostra terra calabrese, se non anagraficamente. Quando è successo? Forse quando abbiamo chinato il capo davanti alla prepotenza mafiosa, oppure ci siamo girati dall’altra parte di fronte alla corruzione, o siamo passati oltre ignorando ingiustizie e povertà, gli ultimi, i poveri, gli “scartati”, gli emarginati… Per tanto, troppo tempo, ci è sembrata una scelta accorta e poco rischiosa: sempre meglio questo che alzare il capo chino, battersi, spezzare le catene di antiche schiavitù, tornare a riprendersi la vita e con essa il Natale, il suo messaggio. Soprattutto è senz’altro meglio rimettersi in compagnia del Festeggiato del Natale, cioè del Divino Viandante, a cui non appare mai troppo angusta o meschina la nostra anima.
Sempre Pirandello scriveva: «Cerco un’anima, in cui rivivere […] Non sarebbe forse troppo angusta per me l’anima tua, se non fosse ingombra di tante cose, che dovresti buttar via. Otterresti da me cento volte quel che perderai, seguendomi e abbandonando quel che falsamente stimi necessario a te e ai tuoi». Non Vi pare un invito ad essere uomini e donne autentici, a dare importanza alle cose che davvero contano, a liberare il cuore dalle futilità per far spazio, invece, ad un messaggio d’amore? Che è quello, poi, sul quale fondare una quotidianità diversa, sottratta alle logiche dello scambio e svestita dei panni dell’ignavia. Sentiamoci tutti, quale che sia il nostro ruolo, impegnati al servizio della persona. Trasmettiamo agli altri il potere dell’amore fraterno e non l’amore per il potere!
Quando il potere spinge gli esseri umani verso l’arroganza, la poesia del presepe ricorda loro i suoi limiti; quando il potere corrompe, la poesia del presepe rigenera. Ed in quella poesia ricerchiamo, piuttosto, la sofferenza, la disperazione, la solitudine di tanti, magari anche di noi stessi e diamo loro un significato, un valore, un argine, non più indifferenza ed ansia. È difficile, lo so, e pure impegnativo, ma è una necessità, fuori dalla quale non esiste salvezza. Non lasciateVi incantare dalle sirene, dai falsi profeti, dai venditori di fumo. Da Vescovo “impertinente”, che lascia parlare le Sacre Scritture con la voce di coscienze libere e critiche, Vi auguro di poter scegliere di tornare a vivere da uomini e donne liberi, perché solo quando si sente il gusto della vita illuminata dalla luce del bimbo di Betlem, si resiste a tutto e si diventa costruttori di speranza e di un mondo nuovo. Del resto, leggere le Scritture cercandovi la verità ed il senso della vita resta un’operazione salutare, in un mondo smarrito. Il Natale a questo serve.
E con tutto l’affetto di cui dispongo, prego perché possiate trascorrerlo in serenità, ed insieme ai Vostri cari entrare in un nuovo anno ricco di umanità, di verità dette e testimoniate, di luci da accendere e da donare, magari aiutati dalle parole del nostro conterraneo, Corrado Alvaro: «Natale è la festa più bella di tutte perché con la nascita del Signore l'innocenza tornò sul mondo. Da allora, questa è la festa della speranza e della pace». Per sempre. E festa di speranza e di pace sia per Voi tutti, fratelli e sorelle di Calabria, questo Natale! Cristianamente, di cuore, buon Natale e sereno anno nuovo.
+ Vincenzo Bertolone, S.d.P. Arcivescovo Metropolita di Catanzaro-Squillace Presidente CEC