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Il presidente Costantini sullo stop al campionato indetto dall'Assocalciatori

ROMA - "Finalmente i calciatori professionisti si lamentano di essere considerati come oggetti, magari preziosi, ma pur sempre oggetti. Rivendicano il diritto di essere apprezzati e valorizzati come persone. Finalmente c’è qualcuno che si ribella al mercato dell’usa e getta, così dominante nel mondo calcistico italiano". Edio Costantini - presidente della Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport, collabora con la Sezione 'Chiesa e Sport' del Pontificio consiglio per i Laici e con l’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della Conferenza episcopale italiana – interviene sullo sciopero della serie A, proclamato dall’Assocalciatori per la quinta giornata di campionato (25-26 settembre), per protestare contro il rinnovo del contratto collettivo.[MORE]
"Le affermazioni del giocatore del Milan, Massimo Oddo, portavoce dei calciatori della serie A (“Siamo stufi di essere trattati come oggetti e non come persone”) rappresentano una vera rivoluzione copernicana. Per la prima volta infatti – prosegue Costantini – il problema non è legato ai soldi, ma ad una legittima posizione di principio che riguarda non solo i professionisti, ma tutto il mondo del calcio, a qualsiasi livello. Quanti piccoli giocatori delle scuole calcio o delle società sportive dilettantistiche vengono illusi e schiavizzati con la promessa di carriere fulgide, ricche di successi e di soldi? Non sono pure loro una povera “merce usa e getta” in mano ad allenatori senza scrupoli e procuratori spregiudicati? L’usa e getta è un mercato pericoloso non tanto per i campioni, tutelati da fior di procuratori e avvocati, quanto per i “manovali” del pallone e per i giocatori dei settori giovanili che vengono illusi, sfruttati dal sistema e poi gettati via".

"Lo sciopero inoltre – conclude Costantini - sembra ormai l’unico modo efficace per informare i cittadini e far prendere coscienza ad un pubblico più vasto che il circo Barnum del calcio italiano nella sua forma attuale non ha alcun futuro. Anche se a molti sembrerà un ridicolo siparietto, ben venga lo sciopero dei calciatori professionisti. Potrebbe infatti diventare un importante segnale d’inizio di un nuovo e rivoluzionario percorso di sviluppo e di modernizzazione. È arrivato il tempo delle riforme serie. Il primo passo riguarda proprio la capacità di rimettere al centro del mondo calcistico la persona e la questione educativa. Chi governa il calcio italiano dovrà mettere mano a tutto il sistema, rendendolo compatibile con le esigenze del mondo di oggi, cominciando a rivedere la Legge 91 che assimila i calciatori professionisti a lavoratori dipendenti ed è la madre di tutti gli equivoci".