Fantasticherie del cuore
Il pericolo dell'omologazione sotto traccia
Nessuno può far finta di nulla di fronte al crescente bisogno dell’uomo di cercare la sua serenità nell’accettazione passiva del pensiero dominante. Un “vizio” forse primordiale, ma sempre devastante per la libertà e la riconciliazione tra gli uomini. Lo stare tranquilli e in pace con se stessi e gli altri, per molti significa adeguarsi ad ogni cosa, pur se ingiusta o comunque non rispettosa di alcuni principi. Certo nella vita non si può stare sempre a contestare o fare opposizione. Necessita un impegno quotidiano, ognuno con i suoi talenti e nei tempi più idonei, per contribuire all’annullamento di quanto ritarda, grazie alla prepotenza di qualcuno, il cammino del bene comune nelle varie articolazioni sociali, politiche ed economiche. Non c’è cosa più perdente dell’adeguarsi stabilmente ad un contesto di cui si conoscono le sue ingiustizie e le sue arroganze, persino rifiutando le indicazioni e gli stimoli di persone e di ambienti non disposti ad abbassare la testa.[MORE]
Eppure a parole tutti siamo pronti a combattere le prepotenze altrui, mentre in realtà si tende ad omologarsi sotto traccia a ciò che domina il presente, specie se non toccati nelle proprie cose. Il resto può anche languire, dimenticando che ogni ingiustizia avallata, anche indirettamente, non potrà nel tempo che rivoltarsi contro. La società così perde colpi, si deprezza, si fa del male e ferma la sua corsa verso la sua salvezza. Eppure anche oggi, spesse volte, dinnanzi ad una offerta di luce, di libertà, di benessere comune, di perdono e di misericordia si risponde con una chiusura totale, se non a volte con violenza inaspettata. Perché questo rifiuto? Purtroppo prevale l’uomo che nel libro della Sapienza fa mostra della sua empietà, convinto di dover prendersi dalla vita tutto ciò che sia possibile, schernendo il giusto che cerca di aprirgli gli occhi della coscienza.
“….Lasciamo dappertutto i segni del nostro piacere, perché questo ci spetta, questa è la nostra parte. Spadroneggiamo sul giusto, che è povero, non risparmiamo le vedove, né abbiamo rispetto per la canizie di un vecchio attempato. La nostra forza sia legge della giustizia, perché la debolezza risulta inutile. Tendiamo insidie al giusto, che per noi è d’incomodo e si oppone alle nostre azioni; ci rimprovera le colpe contro la legge e ci rinfaccia le trasgressioni contro l’educazione ricevuta”. Un mondo chi si affida a questo stile di vita apre le sue porte al male più grande. È l’uomo che deve governare il piacere e non viceversa. Quando questo non avviene si rischia di vivere una falsa felicità che non tarderà a mostrare il suo vero volto, con quello che ne consegue. Una vita cambia quando cambia la sua guida. È la stessa cosa essere indirizzati da Satana o di Cristo? Dal male o del bene? Dalle tenebre o della luce? Dall’odio o dall’amore?
Il problema sta nella finta facilità di uniformarsi al potere degli uomini. Ma un tale potere è solo fine a se stesso. Si veste di principi universali, ma alla fine, escludendo Dio, è il vero sponsor di nuovi imperi economici e politici che fanno dell’uomo, pur tra effetti scenici e libertà truccate, il loro diletto nuovo “schiavo”. Le parole di Gesù ai discepoli risuonano nella loro cruda realtà: “Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia,…”. L’attualità di questo invito è straordinaria, ma non deve spaventare nessuno, perché nelle parole che seguono c’è la sicurezza di non essere mai lasciati soli dinnanzi all’insolenza o all’ignavia altrui: “Ma quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi”.
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