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"Il passato" di Asghar Farhadi, fragilità senza colpa
Presentato in concorso alla 66ª edizione del Festival di Cannes, dove l'attrice protagonista, Bérénice Bejo, ha ricevuto il premio per la migliore interpretazione femminile, Il passato di Asghar Farhadi è stato scelto per rappresentare l'Iran nella categoria Miglior film straniero all'86ª edizione dei Premi Oscar.
La cosa triste è che il passato in realtà non esiste, esiste la nostra visione del passato, la nostra interpretazione soggettiva. E allora, dopo qualche tempo, il passato diventa qualcosa di diverso. E che rischia di tenere prigionieri. Partendo da una riflessione sulle fittissime maglie con cui questa rete imbriglia la psiche e determina i progressivi mutamenti dell’emotività all’interno delle relazioni umane, Il passato torna ad indagare un tema molto caro al regista iraniano (premiato per Una separazione con l’Orso d’oro a Berlino e l’Oscar al miglior film straniero), la rottura della coppia e le sofferenze conseguenti che si abbattono sui singoli individui ma soprattutto sui bambini, vittime innocenti di drammi familiari che si ripetono. Il punto di vista dell’osservazione, attenta e dettagliata ma neutra e distante, determina una forte impressione di realtà portando alla vista del pubblico le problematiche della vita privata senza l’intenzione di suggerire direzioni o soluzioni alle derive dell’instabilità umana. Le domande e le risposte, alla disperazione che ne deriva, ripongono la fiducia più estrema nella sensibilità e nel giudizio dello spettatore ed in tale, se pur invisibile, richiesta di riflessione si svela la profonda radice etica che è all’origine dell’opera.
Quattro anni dopo la separazione Ahmad torna a Parigi da Teheran su richiesta di Marie, per completare la procedura del divorzio. Attraverso il rapporto paterno fra Ahmad e la figlia maggiore di Marie, Lucie, si intesse una storia in cui tutti i personaggi sono portati ad affrontare la profonda difficoltà nell’affrancarsi dai legami con il proprio passato, un luogo colmo di rimpianti e rimozioni che determina l’incertezza del presente e, una volta portato alla luce, rivela le debolezze dell’animo umano.[MORE]
Racconto corale che dipinge miniature di vita quotidiana, Il passato scompone il colore dominante nelle sue infinite sfumature cromatiche ed alterna i toni drammatici a quelli più intimi con una lineare continuità estetica, mantenendo inalterato il vigore espressivo, senza che mai il tema fondamentale, centrato sulla fragilità umana, venga meno dal condurre il filo narrativo. Tutti i personaggi sono avvolti e determinati da una spirale di errori, sofferenze e disattenzioni affettive senza colpa. Gli unici occhi, coscienti e vigili sulla realtà, sono quelli dei bambini che, non potendo comprendere i turbamenti degli adulti, interpretano le disavventure familiari con la loro sensibilità e, attraverso i filtri dell’ingenuità, risemantizzano un mondo dai significati incerti e deboli, privo di validi riferimenti affettivi. Il mondo degli adulti, mentre si dibattono nei loro drammi esistenziali, genera nei piccoli le radici delle stesse incertezze e mancanze, per giungere a costituire e determinare anche in loro quel gravoso ed oscuro passato incombente sul tempo della vita, atto a condizionarne ogni istante successivo.
È significativa - peculiarità caratteristica della sensibilità orientale - in un mondo che sempre più devasta e distrugge le fondamenta del nido familiare, la delicata attenzione verso l’innocenza infantile, rivolta a quel primordiale istinto di protezione e cura, ormai soppiantato da tante pur meno importanti priorità. Ma, nonostante una bruciante verità venga con forza alla luce negli occhi dei bambini e sia costantemente nelle loro parole, nelle loro lacrime, Il passato non denuncia e non attribuisce colpe, non ricerca condanne né assoluzioni, rimane sospeso sulla soglia di un limbo che, se pur è già vestibolo dell’inferno, non merita neppure uno sguardo di punizione, rimane profondamente ed umilmente umano. Quello che ne scaturisce, complessivamente, è un sentimento di forte paura, che la sensibilità del regista tenta di esorcizzare solo nell’atto di sporgersi a guardare, come da un cornicione sul vuoto, per sentirne e far sentire il terrore.
La neutralità, che di fatto genera un senso di smarrimento di fronte a verità desolanti, è la via alternativa al rischio di formulare teorie o proporre soluzioni, forse soltanto foriere di interpretazioni fallaci quando avvertite come provenienti da determinati contesti culturali. In funzione di una visione più ampia verso i drammi familiari, senza i filtri delle tradizioni che, quando impongono regole alle relazioni umane ne costituiscono i limiti, l’osservazione, libera dal giudizio, fa emergere la responsabilità morale dei protagonisti ma al contempo rende universale, perché umana, la loro fragilità.
Titolo originale: Le passé
Regia: Asghar Farhadi
Interpreti: Bérénice Bejo, Tahar Rahim, Ali Mosaffa, Sabrina Ouazani, Pauline Burlet, Elyes Aguis, Babak Karimi,Valeria Cavalli, Jeanne Jestin
Origine: Francia 2013
Distribuzione: BIM
Durata: 130’
Gisella Rotiroti