Politica

Il padre del Mattarellum alla Corte costituzionale: riparte la stagione dei referendum elettorali

ROMA, 6 OTTOBRE 2011. Nel tardo pomeriggio di ieri la Corte costituzionale ha raggiunto la pienezza organica con l’elezione da parte del Parlamento in seduta comune del prof. Sergio Mattarella. Il nome dell’ex politico, già deputato della Margherita, è il frutto di una mediazione tra maggioranza ed opposizione che ha portato ad un accordo condiviso sulla nomina del prof. Albertoni, presidente del Consiglio regionale lombardo della Lega nel 2005, a consigliere del Csm e di Mattarella alla Corte costituzionale. [MORE]L’elezione di Mattarella segue quelle recenti della prof.ssa Marta Cartabia, terza donna di sempre tra i giudici costituzionali e tra i più giovani membri della consulta, nominata dal presidente della Repubblica e di Aldo Carosi, eletto dalla Corte dei conti.
Caso vuole che Mattarella, uomo a cui è stato attribuita la paternità del “mattarellum”, cioè della legge elettorale così denominata dal politologo Giovanni Sartori, con cui si sono tenute le elezioni politiche dal 1994 al 2001, farà parte del collegio che deciderà sull’ammissibilità del referendum abrogativo dell’attuale legge elettorale, il “porcellum”.

La decisione della Corte Costituzionale, attesa per gennaio, verterà proprio sulla possibilità di far rivivere la normativa elettorale che ha preceduto quella attuale, cioè sulla reviviscenza dello stesso “mattarellum”. Infatti, secondo il nostro diritto costituzionale, è da ritenere inammissibile un referendum in materia elettorale nel caso in cui dall’approvazione del quesito referendario discendano lacune normative che lasciano scoperta la disciplina delle elezioni politiche, carattere indispensabile per il funzionamento di una democrazia rappresentativa. Solo nel caso in cui la Corte dovesse ritenere applicabile, dopo l’abrogazione del “porcellum”, come normativa reviviscente la legge elettorale approvata nel 1993, il quesito referendario potrebbe essere dichiarato ammissibile con la conseguenza di animare una primavera politica che si preannuncerebbe incandescente. Si riverserebbero sul tavolo delle istituzioni tre opzioni che configurano altrettanti scenari politici: la maggioranza di governo potrebbe tentare una mediazione con l’opposizione per riscrivere la legge elettorale almeno sul punto della reintroduzione delle preferenze per i singoli candidati. Lo scenario 1 richiederebbe però la disponibilità di Berlusconi ad accogliere alcune precondizioni per il dialogo con l’opposizione, prima delle quali non potrebbe che essere l’impegno a non candidarsi alle elezioni del 2013. Berlusconi potrebbe poi tentare la carta dell’ultima sfida ai propri avversari politici. Nel caso in cui i primi risultati del decreto sullo sviluppo attualmente in cantiere dovessero vedersi all’inizio del prossimo anno, il presidente del consiglio potrebbe giocarsi l’opzione delle elezioni anticipate, nella speranza di avere la meglio nelle urne. Nello scenario 2, come nello scenario 1, la consultazione referendaria potrebbe essere evitata, anche se in questo caso essa slitterebbe soltanto all’anno successivo alle elezioni. Lo scenario 3 è quello del regolare svolgimento del referendum. In questo caso Berlusconi assumerebbe un atteggiamento di quasi neutralità, distinguendo l’attività di governo dalla lotta politica per la successione. Vi sarebbe libero spazio per i diversi attori destinati a recitare un ruolo nella successiva stagione politica. Il sostegno espresso dal ministro Maroni a favore del referendum e contro una legge la cui paternità si attesta a un suo compagno di partito, Calderoli, sembra andare nella direzione di un nuovo quadro della politica in cui necessariamente non potrebbe più figurare Silvio Berlusconi. Le probabilità che il referendum abbia successo, dopo la rinascita di questo istituto avvenuta quest’anno in occasione dei referendum sul nucleare, sono infatti alte e un leader politico che assumesse una posizione di timidezza o di neutralità su un quesito che investe la ragione stessa della sua legittimazione non potrebbe avere le carte in regola per correre con la nuova legge elettorale.

 

Emiliano Colacchi,

In foto, il nuovo giudice della Corte costituzionale, Sergio Mattarella