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Il mito pop di Barbie al Vittoriano
ROMA, 17 APRILE 2016 – Da anni una mia cara amica le colleziona, "erudendomi" in modo casuale su un particolare segmento del collezionismo che non avevo preso in considerazione, ma che annovera fra i suoi estimatori anche star del jet set internazionale del calibro di Jonny Depp. Il suo volto è uno dei più conosciuti al mondo e ogni preadolescente, dall’Upper East Side ai Quartieri Spagnoli partenopei, ci ha giocato almeno una volta nella vita. Barbie, all’anagrafe Barbara Millicent Roberts (il suo brevetto, depositato nel 1958, è registrato come “Barbie TM Pats. Pend. © MCMLVIII By Mattel Inc”), con soli 29,5 cm di altezza trascende il concetto di bambola: il suo mito viene ora celebrato con la mostra Barbie. The Icon, che, dopo la tappa milanese al Mudec approda nella capitale al Complesso del Vittoriano (Ala Brasini) – fino al 30 ottobre 2016.[MORE]
Dal suo debutto ufficiale, avvenuto il 9 marzo 1959 alla Fiera del Giocattolo di New York, nella sua intensa “vita” di plastica – “life in plastic is fantastic”, recitava una nota canzone degli Aqua (1997) – Barbie ha intrapreso per conto della Mattel, la sua casa di produzione, ogni tipo di carriera, interpretando sogni e canoni estetici, al centro della creatività degli stilisti a partire da Oscar de la Renta, il primo a disegnarle una collezione di abiti haute couture. Indipendente e politically correct, avvolta in chilometri di stoffa, è stata modella, infermiera, principessa, rockstar, astronauta, ambasciatrice Unicef, sostenitrice della lotta contro l’AIDS, oggetto di social studies, candidandosi senza batter ciglio alla Casa Bianca prima di Hillay Clinton, fino a trasformarsi «da giocattolo di massa – annota il curatore Massimiliano Capella – in icona globale e opera d’arte fuori dal tempo» con il ritratto che Andy Warhol le ha dedicato nel 1986. Con 57 primavere alle spalle ha omaggiato dive del cinema e personaggi storici, sfoggiando make up sofisticati ed espressioni facciali rinnovate – la più riuscita quella ispirata a Farrah Fawcett, protagonista della serie televisiva Charlie’s Angels. «Dal 1959 Barbie si rinnova, si trasforma e per questo rimane l’interprete del gusto e dello stile di ogni periodo storico, che vive da protagonista. Barbie si è fatta interprete delle trasformazioni estetiche e culturali che hanno contraddistinto oltre mezzo secolo di storia, ma a differenza di altri miti della contemporaneità stritolati dallo scorrere del tempo, ha avuto il privilegio, in quanto bambola, di essere fuori dal tempo, attraversare epoche e terre lontane, rafforzando per questo il suo status di leggenda e, soprattutto, di icona del fashion e voce dei popoli» (dal catalogo che accompagna la mostra, realizzazione editoriale 24 ORE Cultura S.r.l.).
L’allestimento romano ne ricostruisce lo stile e l’evoluzione attraverso cinque sezioni tematiche rappresentative di ogni decade attraversata dagli anni Cinquanta ad oggi, riunendo pezzi provenienti dagli archivi di Mattel US e Italia e da collezioni private.
Per Peter Bottazzi, che ha firmato il progetto espositivo in collaborazione con Michela Dossi e Angelo Gramegna, «Questa mostra ha rappresentato una inaspettata sfida ed una grande occasione. Mi ha permesso – ha osservato – di poter lavorare alla creazione di un percorso espositivo che considero unico nel suo genere; un’unicità data anche dal fatto che raramente il progettista ha la possibilità di cimentarsi nell'esporre e raccontare un unico elemento, uguale per misura e forma, ripetuto in innumerevoli varianti e colori, ma pur sempre solo variante di un unico modulo». «La serialità – prosegue – qui si fa ilarità, un’incalzante, prorompente, fascinosa reiterazione di un istante; una tridimensionale scansione alta, un attimo portato all'infinito, che, come il tempo, rende ogni istante unico anche se consequenziale al precedente».
La mostra è prodotta e organizzata da Arthemisia Group, 24 ORE Cultura – Gruppo 24 ORE.
Domenico Carelli
(Foto, courtesy Ufficio stampa Arthemisia Group)