Cronaca

Il giornalista e il lettore: gli equilibri precari dell'informazione. Intervista a Matteo Politanò

BOLOGNA, 11 MARZO 2013 - Non capita spesso di porre l’accento sugli equilibri esistenti fra il giornalista e il suo lettore, fra chi fornisce l’informazione e chi ne fruisce. Matteo Politanò, con occhi esperti, tratteggia per noi i labili confini e il panorama del giornalismo di questi tempi, fra pressioni, poteri e la necessità di un pubblico consapevole.[MORE]

Perché hai deciso di fare il giornalista?

Non volevo fare il giornalista, sognavo di fare lo scrittore. É stato mio padre a consigliarmi di coltivare la scrittura attraverso l’unico mestiere che può permettere di avere qualche prospettiva occupazionale (anche su questo bisognerebbe però discuterne). Ho iniziato a scrivere prestissimo e non ho più smesso.

Quale ruolo ha il giornalista oggi?

Il ruolo del giornalista è sempre lo stesso, raccontare la verità attenendosi e rispettando le regole della professione. Purtroppo negli anni il concetto di giornalista sta diventando sempre più vago e la qualità dell’informazione ne risente parecchio.

Nel 2013 ci troviamo dinnanzi a un giornalismo manipolato?

Esistono esempi di giornalismo manipolato, esistono esempi di giornalismo libero e graffiante. Ciò che è ormai manipolato in maniera forte sono le coscienze. Tanti si lamentano dei giornalisti ma in pochi portano l’attenzione sui lettori. Se si premiasse la qualità e la verità dell’informazione sarebbe un primo passo avanti per il futuro della professione. Purtroppo non è così sia all’interno del mondo giornalistico che all’esterno.

Collabori con Panorama.it, versione online del giornale della Mondadori. Perché hai deciso di scrivere per questo settimanale e cosa offre di diverso rispetto ad altri settimanali?

Non ho deciso io di scrivere per loro, non ho questo potere. Ho iniziato a scriverci nel 2010 quando la redazione ha valutato di aprire un canale sport sul sito di Panorama, esperimento che fino al mondiale in Sudafrica non era mai stato tentato. I risultati sono stati ottimi e da lì in poi è stato un crescendo che oggi ci ha portato ad essere una realtà importante dell’informazione sportiva italiana sul web.

Umberto Eco sostiene che il quotidiano italiano sia una circolare privata di gruppi di potere, strumento di occultazione delle informazioni troppo scomode, date ma date in modo che nessuno possa realizzarne il potenziale politico tranne i casi in cui servono al discorso a puntate. Macchine per una selezione classista del proprio pubblico. Sei d’accordo?

Assolutamente si. Credo che un articolo di giornale serva per comunicare informazioni ad una serie di realtà che vedono il lettore qualsiasi solo all’ultimo posto. Prima esiste un lungo carrozzone di equilibri interni ed esterni da mantenere intatti o da scuotere, amicizie da valorizzare o incrinare, provocazioni da lanciare o personaggi da proteggere. Solo attraverso la lettura si può allenare l’istinto a diffidare da un certo tipo di informazione e ad accrescere la capacità di cogliere i particolari importanti della cronaca.

Hai scritto anche per giornali francesi e tedeschi, in cosa si differenzia il giornalismo italiano da quello degli altri Paesi europei?

Ho collaborato con alcuni giornali francesi e tutt’ora ho amici giornalisti di oltralpe con i quali ho ottimi rapporti. Ogni volta che mi sono confrontato con l’informazione francese (con i giornali tedeschi ho meno dimestichezza) mi sono sentito solo e triste. Più organizzazione, più mezzi, più gioco di squadra, più rispetto per le nuove generazioni dell’informazione, più diritti. Qui però abbiamo una storia e una tecnica che permettono, in alcuni casi, di sviluppare più capacità. Capacità che poi raramente si ha la possibilità di valorizzare in un ambiente di lavoro sano, sempre che si riesca a trovare un lavoro.

Giulia Farneti e Alessandro Bertolucci