Cronaca
Il giornalismo è lo specchio sfocato della realtà. Intervista ad Andrea Sessa
Palermo, 11 febbraio 2013 - Il giornalismo oggi, il web, le testate giornalistiche dal punto di vista di chi affronta giorno per giorno questo mestiere fra tante soddisfazioni e mille problemi; le nuove frontiere e i vecchi confini di un lavoro che è passione, che è scintilla che scocca. Andrea Sessa ci parla di questo e di molto altro ancora, ricordandoci chi, fra i giornalisti, è stato ed è un esempio da seguire e una fonte di ispirazione.[MORE]
Com’è nato il tuo amore per il giornalismo?
E' nato a sedici anni quando un giornalista, durante un corso
pomeridiano a scuola, ci
raccontò come si svolgeva il suo mestiere. Iniziai ad interessarmi e
conobbi la storia di Mario Francese, giornalista
ucciso dalla mafia. Fu una scintilla che dura tutt'ora.
Quali sono le qualità e le principali caratteristiche del buon giornalista?
Le qualità principali sono la lealtà, l'onestà nei confronti dei
lettori e la curiosità. Essere curiosi di tutto è una caratteristica
fondamentale: l'andare oltre le consuete veline o le agenzie stampa
consente di disvelare verità spesso nascoste. E poi direi che saper
ascoltare e creare una serie di rapporti sociali è utile a ogni giornalista.
Chi sono stati i tuoi modelli e perché?
Ho già citato Mario Francese. Poi un altro punto fermo per me è
Giancarlo Siani: un ragazzo precario e mal pagato come me che credeva
in un giornalismo di strada. Pippo Fava, un altro siciliano caduto per
mano mafiosa, mi ha trasmesso quella capacità di analisi necessaria
ad ogni buon cronista. Fra i miei modelli c'è anche Arnaldo Capezzuto,
un vero e proprio eroe per correttezza e caparbietà.
Il giornalismo è davvero lo specchio della società?
A volte può essere lo specchio sfocato della realtà. Specie le grandi
testate prediligono dar spazio alla politica nazionale
o al "personaggio" del momento, basti pensare cosa sta succedendo per
Corona in questi giorni, tralasciando le storie di drammatica
disperazione della gente comune. Il giornalismo dovrebbe essere il
megafono degli ultimi, la voce di chi voce non ha. Ma non sempre è
così.
Com’è cambiato nel tempo il lavoro del giornalista?
Si è passati, grazie a internet, a una informazione più rapida,
sintetica e asettica. Per certi versi è un bene: c'è una grande
offerta e la possibilità
di crearsi uno spazio anche importante. Per l'approfondimento, però,
prediligo il cartaceo. Il giornalista deve saper fare di tutto:
impaginare, fare e ritoccare foto,
girare video e montarli. Il tutto però viene, in tantissimi casi, mal
pagato o sotto pagato. Quattro euro al pezzo è la media. E questo
nuoce alla libertà d'informazione e
umilia i giornalisti.
Esiste in Italia un vero giornalismo d’inchiesta?
Sì, abbiamo fulgidi esempi. Penso a Gianluigi Nuzzi, Giovanni Tizian,
Antonio Condorelli, Lirio Abbate, e tanti altri che rischiano in prima
persona. Ci sono i corrispondenti
di provincia che sono degli eroi silenziosi: per pochi euro portano a
casa la notizia e si mettono contro un paese intero. Il giornalismo
d'inchiesta è vivo, basta saperlo cercare.
Attualmente collabori con Linkiesta.it, un giornale online di
inchieste ed approfondimenti su temi economici, politici e sociali.
Per quali motivi hai deciso di collaborare?
Perché il direttore dà grande spazio alle idee di ciascun
collaboratore ed è in grado di valorizzare qualsiasi tuo spunto. Poi
condivido la linea editoriale e il taglio degli articoli e
lo reputo uno dei migliori siti d'informazione attualmente in circolazione.
Giulia Farneti e Alessandro Bertolucci