Fantasticherie del cuore

Il domani come frutto dell’agire quotidiano

Il nuovo anno è già partito di corsa e nessuno sarà in grado di fermarlo. Il tempo va secondo i suoi ritmi e le sue millenarie scadenze. Siamo noi invece che possiamo decidere di cambiare; di fermarci e riformarci; di rivedere il nostro modello di vita, rimodulandolo e mettendolo per il verso giusto. Senza mettere mano nella propria vita diventa ingenuo il pensiero di chiunque si auguri di vivere un anno migliore. Il tempo non porta di per sé pene o regali straordinari. Esso esprime nel suo insieme il risultato inevitabile degli gli atti storici del singolo e della collettività, mitigando o imbarbarendo il cuore sociale, culturale, economico e politico del tempo vissuto. Il successo o le sconfitte partono sempre dalla misura in cui l’uomo riesca a mettersi in discussione con il cuore e la mente, alzando l’asticella o meno rispetto al quadro di vita scelto per farsi rappresentare dinnanzi all’altro.

È bello augurare buon anno ad un parente o ad un amico, così come ricevere l’augurio per un anno migliore dalle persone con cui si vive assieme, ma il tutto ha un senso se fatte le dovute riflessioni si possa operare dentro di sé un concreto rinnovamento. Rimanere vecchi dentro è la morte di qualsiasi progetto si abbia in testa. Lo spirito va sempre rinnovato, perché è la fonte primaria intorno alla quale ruoterà tutto quello che si andrà a costruire e quanto nel bene o nel male si riceverà dagli altri e dai contesti in cui si vive. Il pensiero cristiano che dovrebbe reggere la nostra società, almeno così è nei propositi del Paese, ci insegna che “a ciascun giorno basta la sua pena”. Cosa significa tutto questo e quale indirizzo utile ne scaturisce a supportare la riflessione odierna?

Sarà interessante fare nostro il pensiero illuminato del teologo che vi riporterò di seguito, per tentare di attualizzarlo dal ruolo che ognuno esibisce in famiglia, nella professione, nella politica, nel mondo economico, religioso, sportivo, ricreativo, ecc. Potremmo meglio dire, in tutti quei comportamenti, semplici o complessi che siano, quali architrave della comunità in cui si opera, si vive, si piange e si ride…! Leggo da una nota teologica: “Gesù vuole che l’uomo impari a vivere l’oggi come vero dono di Dio, perché solo vivendo l’oggi, il Signore potrà darci il domani come frutto e non solo come dono. Nessuno oggi più crede che il domani non sia solo dono, ma anche frutto”. Parole chiare; penetranti; dirette; pedagogiche per la mente e l’animo; redimenti; veritiere; folgoranti; concrete. Pietre vive. Bussola funzionante da consultare. Il nostro ragionamento iniziale trova in questa nota la sua verità di fondo.

Il domani non è solo un dono che Dio darà quale sua promessa eterna, ma è frutto delle nostre azioni private e pubbliche. Scrive ancora il teologo: “Se oggi è vissuto nelle virtù, il domani inizia nelle virtù. Se oggi è vissuto nel vizio, anche il domani inizierà nel vizio”. Il tempo che scorre assorbe il significato profondo di ciò che noi facciamo e naturalmente ne restituisce il relativo frutto. Il futuro lo si gioca nell’oggi, ecco perché ad esso le sue pene. È necessario capire bene questo concetto centrale per la vita dell’uomo. Di conseguenza bisogna vivere l’oggi nella giustizia, nell’amore, nelle virtù più grandi. Urge interpretare saggiamente la Parola del vangelo dentro la quale, nonostante l’avversione di un laicismo brutale e spocchioso e un tecnicismo che confonde il progresso con l’ateismo più becero, sia normale trovare le risposte più giuste ai quesiti quotidiani che la vita volge ad ognuno. Dono e frutto sono le due facce della stessa medaglia che determinano il posto dell’uomo al banchetto della storia. Il domani solo come dono e privo di un frutto di bene rende inerme l’uomo, privandolo della sua innata possibilità di indirizzare e migliorare il tempo.


Egidio Chiarella

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