Politica

Il decennale di Mancini tra defezioni e polemiche

COSENZA, 28 MARZO 2012- ll direttore del Quotidiano della Calabria, Matteo Cosenza, in un editoriale pubblicato nell'edizione di oggi del suo giornale, spiega le motivazioni che lo hanno portato a declinare l'invito al convegno che la Fondazione Mancini ha organizzato al teatro Rendano, lunedì prossimo, in chiusura delle celebrazioni per il decennale della morte del leader socialista.

«Rispetto la scelta dei padroni di casa, la Fondazione Mancini – scrive Cosenza – ma nutro molte perplessità sulle scelte adottate che mi sembrano ricordare un Giacomo Mancini diverso da quello che ho conosciuto e studiato». Cosenza spiega che era sua intenzione non presentarsi al tavolo dei relatori specificando che aveva deciso di rifiutare l'invito appena ha letto il programma. «Non volendo creare difficoltà o suscitare polemiche, nel pomeriggio dello stesso giorno (sabato, ndr) ho comunicato che per altri impegni non ero in gradi di essere presente: un modo elegante per tirarmi fuori e rispettoso di chi aveva organizzato il programma e che comunque mi aveva riservato la cortesia dell'invito». Domenica la richiesta di essere cancellato dalle locandine è stata ribadita anche via sms, ma invano. [MORE]

«Non so dove oggi, se fosse vivo – prosegue Cosenza, che a Mancini ha anche dedicato un libro (Un socialista inquieto, Rubbettino) – si collocherebbe ma credo che nessuno possa iscriverlo in nessuna area o partito anche anche perché la sua autonomia era tale che avrebbe deciso sempre da solo cosa fare e quale politica sviluppare. Pur tuttavia, vedo molto difficile immaginare che avrebbe gradito che a celebrarlo fossero quelli che lo impiccavano ai pennoni o bruciavano la sua immagine sulle barricate della rivolta di Reggio. Il suo antifascismo, per quanto si voglia revisionare ogni cosa, è stato un dato certo e peculiare della storia sua e della sua famiglia».

E per un invitato che diserterà la tre giorni della Fondazione c'è anche chi non si rammarica affatto di non essere stato invitato. È il caso di Eva Catizone, che da Mancini fu “designata” nella successione sulla poltrona di sindaco, dopo un'esperienza nell'ultima giunta del leader socialista. «Io trovo giusto il mio mancato invito – ha scritto l'ex sindaco di Cosenza, oggi membro della presidenza nazionale di Sel – perché probabilmente il ricordo di chi come me fu scelta ostinatamente da Mancini per avere la “stoffa del sindaco” era troppo ingombrante e cozzava con un certo disegno. Io credo di non essere stata coinvolta semplicemente perché a me pare – anche solo a leggere alcuni dei nomi tra i partecipanti – che ci sia il tentativo, a mio avviso “maldestro”, di rivisitare la figura di Giacomo Mancini sotto il segno della destra. Una bizzarra novità, una cifra politica antitetica per chi come me ha vissuto e collaborato agli anni del buon governo manciniano cosentino. Dunque semplicemente sarei stata fuori posto.

Francamente la mia storia, la mia tradizione politica è differente». La Catizone aggiunge: «Ero solo una bambina quando negli anni 70 a Reggio Calabria, durante i Moti, importanti leader calabresi furono pubblicamente avversati se non dilaniati, sino a bruciare in piazza i fantocci di Giacomo Mancini e di mio zio, Riccardo Misasi. E quello è per me un ricordo difficilmente cancellabile, di un leader carismatico che non smetterò di ringraziare nei miei ricordi, pubblici e privati, per avermi plasmato in politica. Più recente e diretto è invece il ricordo di quando da una certa parte politica si tentò, in nome di un'accusa infamante e infondata, di ferirlo negandogli, da sindaco sospeso, l'accesso alle stanze di Palazzo dei Bruzi». Secondo Eva Catizone «Mancini aveva straordinarie capacità, fra cui il grande rispetto nei confronti dei suoi avversari, e apprezzava l'intelligenza, di destra e di sinistra. E tuttavia, oggi, tentare di farlo piroettare spostandolo verso una sensibilità politica per molti di noi ignota è francamente eccessivo. Da “Urlo”, se non da ruggito. A questa rilettura – conclude – io non mi presto e sommessamente sono qui ad esprimere tutto il mio dissenso su questa forma di ricordo improprio. Per sincerità dico che, dopo aver letto con attenzione se non con stupore alcuni tra i nomi dei partecipanti, difficilmente mi si vedrà al Rendano. Francamente preferisco ricordarlo come per me è stato, politicamente assai diverso. Altro. E poiché sono persuasa che i morti vanno rispettati se non curati, consapevole che il ricordo di Mancini a me è davvero “caro”, come ogni anno l'8 aprile sarò, con un fascio di garofani rossi, a Colle Mussano. Mancini, io, preferisco onorarlo e ricordarlo così».

E in città il dibattito sulle decennale della morte di Giacomo Mancini continua a coinvolgere non solo la politica ma anche l'associazionismo militante e la sinistra. «Un teatrino della politica regionale egemonizzato dai figli in verità assai spuri dei boia chi molla reggini si appresta a celebrarlo»: interviene così l'emittente cosentina Radio Ciroma in un articolo pubblicato sulle pagine cosentine del Quotidiano. «Vi chiediamo – scrive Ciroma rivolgendosi agli organizzatori – di lasciare fuori da queste gazzarre da cortile chi non c'è più e non può difendere le proprie idee o perdere tempo magari a spiegarle. Non ci sembra educato fare del pensiero di Giacomo Mancini una marmellata buona per ogni torta. Mancini, piaccia o no, è sempre stato un socialista e un riformista. E il riformismo è sempre stato teso alla realizzazione di una società di liberi e giusti secondo la tradizione del movimento operaio e contadino europeo». Radio Ciroma fa tutta una serie di precisazioni tra cui quella che Mancini fu avversato dai boia chi molla, che Mancini era antifascista, era garantista, era calabrese ma soprattutto cosentino». Suona come una beffa, oggi, la celebrazione di chi – a partire dalla sanità – sta depauperando la città che Mancini pose al centro della sua attività politico-istituzionale

(notizia segnalata da Alessandro Impellizzieri)