Cronaca
Il caso di Giuseppe Uva davanti all'assemblea parlamentare dell'Osce
FIRENZE, 28 FEBBRAIO 2012- Lucia Uva ha presentato la vicenda della morte di suo fratello, Giuseppe Uva, davanti alla Commissione democrazia e diritti umani dell’assemblea parlamentare dell’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce). Giuseppe Uva, 42 anni, è morto il 15 giugno 2008 in circostanze oscure dopo essere stato trattenuto per oltre tre ore nella caserma dei Carabinieri di Varese, città in cui viveva.
La sorella, nel messaggio inviato all'assemblea il 23 febbraio, ha ricordato i fatti di quella drammatica notte. Intorno alle 2.30 Giuseppe si trovava in giro con il suo amico Alberto Biggiogero, dopo aver bevuto insieme qualche bicchiere di vino, i due rincasando, notano delle transenne accatastate lungo i bordi della strada e, per scherzo, le piazzano al centro della carreggiata. Una goliardata, evidentemente evitabile (soprattutto da due adulti) che risulterà fatale per Giuseppe Uva. Una volante dei carabinieri giunge sul luogo e interviene bloccando Alberto e inseguendo Giuseppe, che alla vista della pattuglia aveva tentato di scappare. Secondo la testimonianza di Biggiogero uno dei militari si sarebbe rivolto immediatamente a Giuseppe urlando: “Uva proprio a te cercavo questa notte, questa non te la faccio passare liscia, te la faccio pagare”. I carabinieri raggiungono Giuseppe, lo immobilizzano brutalmente con l’ausilio di calci e pugni. Nel frattempo sopraggiungono due volanti della polizia che conducono presso la caserma dei carabinieri i due fermati. Alberto viene fatto “accomodare” nella sala d’aspetto mentre Giuseppe viene portato in una stanza. Alberto non può non udire le urla del suo amico accompagnate da dei colpi sordi. [MORE]
Scosso per quello che sta accadendo, Alberto trova il coraggio di protestare contro i militari dell’Arma ma, stando alle sue dichiarazioni, viene minacciato e insultato. Quelle grida sono strazianti, sta succedendo qualcosa di brutto in quella maledetta stanza e Alberto non può sopportare oltre. Approfittando di un momento in cui non è sorvegliato, con il suo cellulare chiama il 118 per chiedere un intervento. Il centralinista esita, invece di inviare un’ambulanza chiede conferma ai carabinieri della caserma di Varese che minimizzano, sostenendo che si tratta di due ubriachi. Dopo circa un’ora arriva nella caserma una guardia medica e Alberto viene rilasciato. I carabinieri riferiscono a Biggiogero che Giuseppe si stava facendo male da solo sbattendo contro muri, sedie, scrivanie e stivali dei militari presenti nella stanza. Alle 6.30 viene richiesta un’ambulanza per un trasporto in ospedale e un Trattamento sanitario obbligatorio (un dispositivo di legge che autorizza le cure mediche per le persone con malattia mentale che le rifiutano). Nel reparto psichiatrico del nosocomio di Varese, gli vengono somministrati degli psicofarmaci. La sorella Lucia sostiene come nei suoi 42 anni di vita Giuseppe non aveva mai avuto problemi di natura psichiatrica.
Giuseppe spira alle 10.30 in seguito a un arresto cardiaco. La sorella, recatasi alla camera mortuaria, fatica a riconoscere suo fratello. Affranta dal dolore trova la forza di scattare delle foto sul cadavere di Giuseppe. Naso deformato, bozzo dietro la testa, mano tumefatta, dorso e il fianco completamente blu. E poi quel pannolone che insospettisce Lucia. Sangue copioso dall’ano e testicoli violacei. Momenti angoscianti per Lucia Uva e tutta la sua famiglia. Le evidenti e incontestabili lesioni (conosciute dall’opinione pubblica grazie, soprattutto, a un servizio della trasmissione televisiva “Le Iene”) non sono presenti nel referto medico dove la morte è da attribuire a un evento “non traumatico”.
Si riscontrano delle illegalità anche nel comportamento dei carabinieri. Infatti il reato contestato a Uva e Biggiogero (disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone e ubriachezza) non prevede l’arresto in flagranza, tanto è vero che non è stato compilato nessun verbale. Resta da capire a che titolo Giuseppe venne trattenuto per oltre tre ore in caserma senza la nomina di un avvocato difensore. Vennero aperti due fascicoli uno per omicidio colposo contro i tre medici che somministrarono gli psicofarmaci a Giuseppe e un altro contro ignoti. Lucia punta il dito contro la condotta delle indagini, ritenute tardive, carenti e inadeguate: Alberto Biggiogero non è mai stato ascoltato dagli inquirenti in questi quattro anni, nonostante la sua assoluta disponibilità.
Nel 2011 sono stati disposti la riesumazione del cadavere di Giuseppe per effettuare un’autopsia e gli accertamenti sugli abiti da lui indossati quella notte. Secondo una perizia medica depositata in tribunale, l’ipotesi del decesso collegabile all’assunzione di psicofarmaci è da escludere. Il 5 febbraio 2012 la dottoressa Finazzi (uno dei medici indagati per omicidio colposo) ha presentato una memoria difensiva in cui sostiene che Giuseppe Uva avrebbe dichiarato di essere stato picchiato durante la sua permanenza nella caserma di Varese. Una storia tragica e orribile in cui è difficile vedere chiaro.
Nel messaggio all’assemblea parlamentare dell'Osce la sorella Lucia ha concluso “Hanno provato a uccidere Giuseppe due volte. Per lui e per tutti gli altri che sono morti come lui, io ho giurato di non fermarmi davanti a niente, fino a che non conoscerò la verità”.
Davide Scaglione