Politica
Il Capo dello Stato non è intercettabile, la Corte Costituzionale deposita le motivazioni
ROMA, 15 GENNAIO 2013. – "E' dovere del Presidente della Repubblica di evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell'occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuisce" .[MORE]
Con le parole di Luigi Einaudi, il Presidente della Repubblica spiegava il 30 luglio scorso la volontà di sollevare il conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte Costituzionale in ordine alle intercettazioni operate indirettamente dalla Procura di Palermo nell’ambito del procedimento penale n. 11609/08 inerente la presunta trattativa Stato-mafia, dunque, alle conversazioni intercorse tra lo stesso Capo dello Stato Giorgio Napolitano e l’ex Ministro Nicola Mancino.
Secondo la memoria illustrativa della Procura di Palermo, l’attività di valutazione degli atti extrafunzionali, non solo appariva legittima ma doverosa ed ineliminabile. Se cosi non fosse, sosteneva la Procura, le funzioni del Capo dello Stato verrebbero ad essere inviolabili, e l’organo verrebbe a coincidere con il Sovrano al quale unicamente al tempo delle monarchie spettava l’immunità totale dalla legge penale.
Conclusosi il procedimento con l’accoglimento del ricorso del Capo dello Stato, con sentenza n. 1 del 2013 la Corte Costituzionale ha dunque provveduto oggi al deposito delle motivazioni. Il Presidente della Repubblica – scrive la Corte - deve poter contare sulla riservatezza assoluta delle proprie comunicazioni, non in rapporto ad una specifica funzione, ma per l’efficace esercizio di tutte – viste le ulteriori funzioni di Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura, del Consiglio supremo di difesa e del comando delle forze armate. La propalazione del contenuto dei colloqui intrattenuti con terzi - prosegue la Corte - sarebbe estremamente dannosa non solo per la figura e per le funzioni del Capo dello Stato, ma anche, e soprattutto, per il sistema costituzionale complessivo, che dovrebbe sopportare le conseguenze dell’acuirsi delle contrapposizioni e degli scontri.
Dalle premesse in fatto alle considerazioni in diritto, la Corte Costituzionale termina quindi le motivazioni nel dispositivo concludendo che “non spettava alla Procura di Palermo valutare la rilevanza delle intercettazioni di conversazioni telefoniche del Presidente della Repubblica, né - continua la Corte - di omettere di chiedere al giudice l’immediata distruzione delle intercettazioni, senza contraddittorio tra le parti e con modalità idonee ad assicurare la segretezza del contenuto delle conversazioni intercettate.
SAVERIO CARISTO
foto tratta da adnkronos.com