Cronaca

I lager nazisti: ricordi indelebili da condividere nel "Giorno della Memoria"

La testimonianza di un giovane visitatore di quei veri e propri musei degli orrori.

LAMEZIA TERME, 27 GENNAIO 2013 - Ormai sono passati 2 anni, da quando i miei piedi hanno calpestato dei luoghi così maledettamente ‘’memorabili’’. I campi di concentramento di Auschwitz –Birkenau lo sono, come altri in Europa; hanno una storia che li condanna, hanno visto delle cose che non rientrano nella logica umana della vita,che vanno al di fuori da ogni immaginazione; hanno visto morire milioni di persone, con una crudeltà che non appartiene a questo mondo.

Guardando con i miei occhi quei luoghi, avevo capito che un libro di storia di certo non può farti vedere in chiaro quelle immagini terrificanti, che resteranno sempre nel mio cuore e nella mia mente. Quello che mi resta dopo la visita a questi lager è il SILENZIO, surreale, qualcosa di assurdo, inumano, crudele, doloroso, forse non tanto quanto quello che hanno provato milioni di persone in quei luoghi infernali.[MORE]
 

In realtà questi luoghi vorrebbero urlare contro l’uomo. Non possiamo immedesimarci in quello che i deportati hanno provato nei lager,durante la prigionia, al massimo possiamo immaginare il loro dolore, che era poi spento dai fucili delle S.S. tedesche.
 

Auschwitz e Birkenau sono due lager separati; Auschwitz ora è un museo. Quello che mi ha colpito di più è che è molto piccolo. In questo luogo di piccole dimensioni si verificarono ogni giorno terrificanti omicidi: i prigionieri erano mandati a morire nelle camere a gas, altri venivano messi nei forni crematori ancora prima di morire, altri, invece, cercando una via di fuga, morivano fulminati mentre si aggrappavano ai tralicci carichi di energia elettrica che chiudevano il campo, altri invece venivano usati come cavie negli esperimenti nazisti.
 

E poi vi è il campo di Birkenau, più esteso ed anch’esso tristemente famoso. Qua i deportati arrivavano con dei treni merci. In ogni vagone a volte non c’era lo spazio per respirare e qualcuno dei passeggeri arrivava già morto. Una volta giunti a destinazione, i prigionieri venivano smistati proprio come fossero delle merci: le donne, gli uomini ed i bambini venivano divisi, gli anziani invece venivano portati direttamente a fare la ‘’doccia’’. Gli uomini lavoravano nelle fabbriche naziste,tutta la giornata. Si producevano soprattutto materiali tessili, come tappeti. Niente di male fino a questo punto, ma il fatto grave è che questi materiali venivano realizzati con capelli umani estirpati anche prima della morte.

A rendere ancor più difficile la situazione, contribuiva in maniera notevole il fattore freddo. Si sa, in Polonia le temperature possono scendere fino a – 30 gradi e gli internati erano costretti a indossare un sottilissimo ‘’pigiama a righe’’ che tenevano per tutta la durata della prigionia.
Per non parlare poi della razione di cibo, minima e che sicuramente non copriva il fabbisogno nutrizionale: il pasto giornaliero consisteva infatti in un tozzo di pane e un ciotola d’acqua (se andava bene), rancio che noi oggi non daremmo neanche ad un animale.
 

Eppure gli uomini al servizio dell’ideologia nazista e vittime essi stessi di quella logica dell’odio razziale, della tortura e della morte, compivano questo ed altro…
«Nell’odio nazista non c’è razionalità: è un odio che non è in noi, è fuori dell’uomo, è un frutto velenoso nato dal tronco funesto del fascismo, ma è fuori ed oltre il fascismo stesso. Non possiamo capirlo; ma possiamo e dobbiamo capire di dove nasce, e stare in guardia. Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre». Sono le parole dello scrittore Primo Levi, sfuggito per miracolo dai lager nazisti. La sua vita è stata segnata da questa esperienza drammatica, che racconta subito dopo la liberazione nella sua opera memorabile Se questo è un uomo. Levi muore suicida nel 1987, forse schiacciato da un peso troppo gravoso per la sua coscienza, quello cioè di essere sopravvissuto a tanta altra gente, avendo visto morire i suoi compagni e non solo. Levi lascia però una grande eredità; quella di TESTIMONIARE per non dimenticare quello che l’uomo è riuscito a compiere contro se stesso negli anni della guerra, nella speranza che l’umanità possa comprendere.
 

Questo è necessario, affinché tutto questo non si possa ripetere.

Domenico De Fazio