"Holy Motors" di Leos Carax, la limousine dell'attore
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"Holy Motors" di Leos Carax, la limousine dell'attore

mercoledì 10 luglio, 2013

Presentato in concorso all'edizione 2012 del Festival di Cannes, dove ha vinto il Prix de la jeunesse, Holy Motors esce il 6 giugno nelle sale italiane.
Il regista cita un racconto di E.T.A. Hoffmann come ispirazione all’idea del film ed una frase di Kafka appropriata al prologo: Nel mio appartamento c’è una porta che fino ad ora non avevo mai notato.
Prima dei titoli di testa, Leos Carax inserisce una citazione di Borges: un bizzarro dialogo tra Dio e Shakespeare, in cui il commediografo inglese, che in vita aveva incarnato tante persone diverse, esprime il desiderio di voler essere se stesso, almeno dopo la morte. Ma Dio non può esaudire la sua richiesta, poiché anche lui, come Shakespeare, è tutti e nessuno.

Leos Carax in Holy Motors da vita, attraverso l’immagine cinematografica, con uno stile fortemente surrealista, alla rappresentazione del teatro dell’esistenza che, metaforicamente, si compone nel binomio scena/vita dove l’una simboleggia l’altra.
La vita è commedia ma non meno di quanto la commedia sia la vita stessa ed attinga fortemente all’anima del mondo. Monsieur Oscar, impersonato da Denis Lavant, rappresenta il dramma di essere tanti personaggi che vivono vite diverse, senza poter mai appartenere a nessuna fino in fondo; contemporaneamente racconta che quei personaggi altro non sono che le tante maschere dietro cui l’esistenza di ogni uomo è celata, destinata a scomparire, a non avere mai un’identità unica, per essere sempre “una, nessuna e centomila”.
Holy Motors affronta la solitudine di personaggi/attori che fanno parte del mondo del cinema ma ne balzano fuori per essere concreto simbolo della vita vera vissuta da ogni uomo.

Sullo schermo appare una sala cinematografica buia e gremita di spettatori con gli occhi chiusi, immobili come statue, che stanno “guardando” le immagini di corpi in movimento riprese dal fisiologo francese Étienne-Jules Marey alla fine dell’Ottocento. Le inquadrature successive portano all’interno di una camera da letto, dove un uomo si sveglia. Il sognatore è Leos Carax, il regista stesso. L’uomo si alza e si avvicina ad una parete su cui è disegnata una selva di alberi, la apre con un dito a forma di chiave e si ritrova di fronte agli spettatori immobili. La parte centrale del film inizia mostrando un uomo d’affari che entra in una limousine dove la sua autista/segretaria Céline gli ricorda che nelle seguenti 24 ore avrà nove appuntamenti. Il nome di questo personaggio è Oscar che è anche il vero nome del regista.[MORE]

Non sappiamo con certezza quale sia il lavoro di Oscar ma lo vediamo uscire dalla limousine in abiti sempre diversi, ogni personaggio da lui interpretato fa riferimento ad un diverso genere cinematografico in cui vive una breve vita, destinato poco dopo a rientrare nella limousine che lo condurrà al prossimo appuntamento.
Per Holy Motors, avevo tra l’altro l’immagine di quelle limousine extra-lunghe che si vedono in giro da qualche anno. Le ho immaginate come dei lunghi vascelli che trasporterebbero gli uomini nei loro ultimi viaggi, i loro ultimi lavori.
Ogni appuntamento è per Oscar un’interpretazione sofferta e drammatica ma allo stesso tempo piena di energia fisica e vitale, la sua giornata consiste in brevi frammenti dal sapore onirico che vorrebbero in qualche modo risucchiarlo completamente ma costretti a lasciarlo andare perché il tempo è contro di noi.

Continuo come ho cominciato: per la bellezza del gesto, afferma Oscar durante un breve dialogo con un personaggio misterioso che potrebbe rappresentare il direttore d’orchestra della storia messa in scena: dio della realtà e demiurgo del cinema.
La bellezza? La bellezza è nell’occhio di chi guarda.
E se non c’è più nessuno a guardare?

La bellezza - ricerca e tensione ad essa - è il fine ultimo della rappresentazione, come altresì è il senso della vita stessa. La bellezza negli occhi di chi guarda, ed a cui è rivolto il significato di ogni azione, di ogni gesto, è qualcosa che stiamo perdendo, nella sua originaria fisicità, a favore di un mondo sempre più virtuale, dove la rappresentazione dell’io non è affidata al gesto e all’azione ma si esprime attraverso una vuota stilizzazione che può essere paragonata, nel cinema, al meccanismo della motion capture messo in scena dal regista nel film.
Holy Motors - afferma il regista - è anche una sorta di film di fantascienza, in cui uomini, bestie e macchine sono sul punto di estinguersi, “motori sacri” uniti da un destino comune e solidali tra loro, schiavi di un mondo sempre più virtuale. Un mondo da cui le macchine visibili, le esperienze reali e le azioni stanno gradualmente scomparendo.
                                                                              

 

Holy Motors parte dal narrare e ritorna ad evocare costantemente un nucleo di rappresentazione fisica che collega realtà e finzione dentro un unico universo in cui l’attore, che veste i panni di tanti personaggi, entrando ed uscendo dalle vite più diverse, non è che immagine speculare dell’uomo mentre veste le innumerevoli maschere dei suoi rapporti quotidiani. Il film mette in scena la rappresentazione nostalgica, malinconicamente funerea, di un mondo che l’autore percepisce in via d’estinzione, ma che ha un fascino immutato ed indispensabile per l’immaginario cinematografico, il quale non potrebbe più esistere se non potesse attingere alla fisicità dell’uomo e alle sue molteplici interpretazioni vive, oggi tristemente soppiantate da una dilagante virtualità.


Eccomi qua / sono venuto a vedere /lo strano effetto che fa / la mia faccia nei vostri occhi /e quanta gente ci sta/ e se stasera si alza una lira / per questa voce che dovrebbe arrivare / fino all’ultima fila.
Eccoci qua / siamo venuti per poco/ perché per poco si va / e il sipario è calato già / su questa vita che tanto pulita non è / e ricorda il colore di certe lenzuola / di certi hotel / che il nostro nome ce l'hanno già / e ormai nemmeno ci chiedono più / il documento d'identità.

Francesco De Gregori - La valigia dell’attore


Titolo originale: id.
Interpreti: Denis Lavant, Edith Scob, Eva Mendes, Kylie Minogue, Michel Piccoli, Elise Lhomeau, Jeanne Disson
Origine: Francia/Germania 2012
Distribuzione: Movies Inspired
Durata: 115'


(In foto Denis Lavant in una scena del film)


Gisella Rotiroti

 


Autore
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