Hitler contro Picasso e gli altri, intervista a Claudio Poli: quei nazisti ossessionati dal bello
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Artisti come pedine di propaganda, opere d'arte come oggetto del desiderio, gerarchi e capi di Stati come insospettabili amanti del bello: nel documentario Hitler contro Picasso e gli altri, il regista Claudio Poli ricostruisce la fitta trama che legò il regime nazista al mondo dell'arte, riscoprendo il dossier Gurlitt, avvalendosi di preziose fonti d'archivio, agganciandosi alle mostre internazionali che celebrano gli 80 anni trascorsi dalla mostra di arte degenerata con cui il regime intese condannare e deridere a Monaco, nel '37, tanti grandi artisti dell'epoca.
Duplice, quasi ambivalente l'atteggiamento nazista: da un lato il desiderio di opere da razziare, sottraendole agli ebrei ed ai patrimoni nazionali depredati durante il conflitto, dall'altro la volontà di mettere al bando i lavori artistici che mal si allineavano al culto della "pura razza ariana". Claudio Poli ha sviluppato il proprio racconto di documentazione su soggetto di Didi Gnocchi e sceneggiatura di Sabina Fedeli e Arianna Marelli, in un film prodotto da 3D Produzioni e Nexo Digital (qui un'acccurata sinossi del film) con la partecipazione di Sky Arte HD.
ANTONIO MAIORINO: Hitler contro Picasso e gli altri sarebbe tecnicamente un documentario d’arte, ne stiamo vedendo diversi in sala distribuiti dalla Nexo Digital. Qual è la peculiarità del tuo documentario?
CLAUDIO POLI: questo documentario è abbastanza particolare tra i documentari d’arte perché in realtà riguarda soprattutto la storia, non si concentra solo sui quadri ma parla di avvenimenti storici. La storia e l’arte si rafforzano a vicenda ed ognuna delle due fa capire meglio qualcosa dell’altra. Nella fattispecie dal documentario si deduce soprattutto il potere dell’arte e della cultura. Tanta attenzione, praticamente un’ossessione verso le espressioni artistiche e culturali ci fa comprendere come i regimi totalitari abbiano cercato di sfruttare tutti i mezzi a propria disposizione per imporre il loro potere: non ci sarebbe stata tanta attenzione se arte e cultura non fossero tanto importanti. È un messaggio abbastanza unico nel campo dei documentari dell’arte.
I documentari storici in genere cercano di spiccare per la preziosità delle fonti d’archivio che riescono a spulciare. Quali sono i materiali più ragguardevoli che avete portato alla luce?
Dal punto di vista dei materiali storici c’è stata una ricerca grandissima, durata mesi, soprattutto tra archivi americani, tedeschi, italiani (Istituto Luce) e francesi. Una parte sono documenti storici, soprattutto dagli archivi americani, in riferimento alle ricerche ed agli interrogatori effettuati dai soldati alleati alla fine della guerra, nel tentativo di ricostruire dinamiche ed avvenimenti che avevano coinvolto le opere d’arte: come i gerarchi se ne impossessassero e come i mercanti le diffondessero. La parte più impressionante comprende però altri materiali di repertorio, chicche come i materiali sul compleanno di Göring ed il quadro antico che ricevette in regalo, la documentazione sulla mostra d’arte degenerata del ’37 con le reazioni della gente, il ritrovamento ad opera dei soldati americani dei tesori nascosti nelle miniere dai nazisti. Ci sono molte perle visive recuperate in qualità molto alta perché richieste in altre esibizioni. [MORE]
Ci si aspetterebbe da un documentario un tono neutro nella ricostruzione di fatti oggettivi. Eppure Hitler contro Picasso e gli altri parla dichiaratamente di un’ossessione: personaggi storici come lo stesso leader nazista oppure Göring diventano in qualche modo figure “drammatiche”, giganti di una tragedia storica?
Dalle ricerche che abbiamo fatto e dalla produzione del documentario Göring e di Hitler escono come figure molto contraddittorie nella loro ossessione, soprattutto Göring, meno conosciuto dal grande pubblico ma che in questo documentario si scopre essere un personaggio con aspetti incredibili: ossessionato dalla ricchezza e dalla bellezza, ma allo stesso tempo molto brutale, determinato a non arretrare di fronte a nulla pur di ottenere ciò che voleva. Aveva questa reggia in mezzo ai boschi con opere d’arte ottenute dai ricatti agli Ebrei con la minaccia della deportazione. Devo però dire una cosa importante: la parte sugli aspetti storici emoziona soprattutto attraverso la testimonianza diretta degli eredi delle famiglie che raccontano la fatica dei propri antenati nel tentativo di ottenere giustizia. Ancora adesso la lotta, a distanza di anni, continua.
Ecco, allora la domanda sorge spontanea: un regista di documentari dovrebbe essere distaccato, per meglio raccontare i fatti che ricostruisce, oppure pienamente coinvolto, per aderirvi e trasmetterne il senso?
Io penso che il documentarista non debba essere troppo distaccato, anzi, lasciandosi coinvolgere ed emozionare da ciò che scopre nel proprio lavoro riesce meglio a raccontarlo al pubblico. Un lavoro troppo accademico ci farebbe sorvolare su alcuni aspetti che secondo noi rendono il documentario più emotivamente coinvolgente e consentono di far arrivare il messaggio in maniera differente allo spettatore.
C’è dunque un lato “emozionale” nel documentario, che il cinema, col proprio linguaggio, sa esplorare. In tal senso, in che modo hanno saputo contribuire Remo Anzovino con la colonna sonora e Toni Servillo come voce narrante?
Il lavoro di Remo Anzovino è stato assolutamente fantastico. È un compositore che si dedica anima e corpo ai progetti che segue, con un entusiasmo pazzesco. Ha creato una serie di musiche che seguono i vari aspetti del film da vedere, dalle parti più emotive a quelle più di documentazione. Ha fatto un lavoro di grande varietà per sostenere i diversi aspetti del documentario. Per quanto riguarda Toni Servillo, non potevamo sperare in niente di meglio che avere lui come narratore del film. Quando ha letto la sceneggiatura del film è rimasto rapito e coinvolto da questa storia ed collaborato con partecipazione e disponibilità. Il risultato finale è stato di un autentico valore aggiunto, che ha reso più scorrevole la narrazione.
Per portare gli spettatori virtualmente in luoghi e tempi diversi, c’è stato bisogno in fase di produzione di spostarsi fisicamente tra un avamposto e l’altro. Dove vi hanno portato ricerche e riprese?
La produzione vera e propria del film è stata molto impegnativa soprattutto nella parte della ricerca. Le riprese vere e proprie ci hanno inoltre fatto girare in vari Stati, ad esempio in Germania, Olanda, Inghilterra, Repubblica Ceca, ogni volta per un filone diverso della nostra ricerca. In Austria ad esempio i nazisti avevano nascosto molti dei loro tesori. Siamo stati anche a New York ed a Los Angeles, mentre in Italia mi ha colpito che al Museo di Capodimonte di Napoli ci fossero opere di straordinario valore storico che erano state trafugate dai nazisti. È stata una produzione lunga che ci ha portato in molti Paesi.
Picasso affermò: “La pittura non è fatta per decorare appartamenti. È uno strumento di guerra offensivo e difensivo contro il nemico”. Secondo te questo ruolo oggi appartiene più all’arte o al cinema?
Mi piace considerare il cinema come una delle forme dell’arte. Forse una volta la figura dell’artista era maggiormente sotto i riflettori, ma comunque il cinema, in quanto elemento costitutivo del mondo dell’arte, ha ereditato quella centralità e quella tradizione.
DATA USCITA: 13 marzo 2018
GENERE: Documentario, Storico
ANNO: 2018
REGIA: Claudio Poli
ATTORI: Toni Servillo
DURATA: 94 Min
DISTRIBUZIONE: Nexo Digital
(nell'immagine principale: dettaglio del poster di Hitler contro Picasso e gli altri; all'interno, Toni Servillo in un fotogramma del film)
Antonio Maiorino