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Hiroshima 66 anni dopo la bomba atomica, per non dimenticare

TOKYO, 06 AGOSTO 2011- Il Giappone "deve puntare a diventare una società che non dipende dall'energia nucleare". Cinque mesi dopo la catastrofe di Fukushima il Giappone commemora l'anniversario del 66esimo bombardamento atomico del 1945 e dice 'no' alla dipendenza energetica dai reattori atomici. In questo modo il premier giapponese Naoto Kan to ha voluto ribadire la promessa di un futuro senza la dipendenza energetica dai reattori atomici ''per riguadagnare la fiducia dei cittadini". [MORE]


Per preservare la memoria della catastrofe che cambiò il mondo, quest’anno, il professor Hidenori Watanave dell’Università Metropolitana di Tokyo, assieme ai suoi collaboratori, ha lanciato l’”Hiroshima Archive”, un archivio digitale basato sul mappamondo virtuale di Google Earth che raccoglie, sovrapposte su più livelli di consultazione, testimonianze scritte dei sopravvissuti, foto aeree, video interviste ed altro.


Una delle testimonianze presenti nel suddetto archivio racconta, “Alle 8.15 ho visto un flash bianco e blu, come un lampo di magnesio, fuori dalla finestra. Ricordo la sensazione di galleggiare nell’aria. Mentre riprendevo conoscenza, nell’oscurità totale e nel silenzio, mi accorsi di essere incastrata fra le rovine del palazzo crollato. Capivo di essere a un passo dalla morte. Stranamente, la sensazione che avevo, non era di paura, ma di serenità”.


Tutto ciò inizia il 2 agosto 1945 quando, alla base operativa americana sull’isola di Tinian, arriva l’ordine che stabilisce il 6 agosto come giorno del lancio della bomba. Possibili bersagli Hiroshima, Kokura e Nagasaki. Le sorti di queste tre località sono affidate alle condizioni metereologiche e al comandante, il colonnello Paul Tibbets, a cui spetterà la decisione finale.


La mattina del 6 agosto, tre aerei da ricognizione sono partiti qualche ora prima per verificare le condizioni del tempo sulle città indicate. Quando le sventurate città prescelte vengono sorvolate dall’aereo statunitense B 29, Enola Gay (l’aereo porta il nome della madre del pilota) il cielo è sereno. Ad accompagnare la fusoliera in questa azione, altri due bombardieri equipaggiati con apparecchiature per controllare e filmare l’esplosione.

E’ il pilota di uno di questi aerei, il maggiore Claude Eatherly, che comunica al telegrafista dell’Enola Gay: “Stato del cielo a Kokura: coperto. A Yokohama: coperto. A Nagasaki: coperto. A Hiroshima: quasi sereno. Visibilità dieci miglia, due decimi di copertura alla quota di tredicimila piedi”.


Così, alle 8 e 15 e 17 secondi del 6 agosto, il comandante Paul Tibbets ordina all’equipaggio di mettersi gli occhiali di protezione, si aprono gli sportelli del bombardiere e viene sgaciata “Little boy”, questo era il nome che era stato dato alla bomba viste le dimensioni ridotte dell’ordigno, la quale impatta il suolo 43 secondi dopo. Più di 100.000 persone muoiono quello stesso giorno, in conseguenza della deflagrazione.

 

“Improvvisamente, nel cielo, al di sopra del fiume, vidi una massa d'aria straordinariamente trasparente che risaliva la corrente. Ebbi appena il tempo di gridare "Una tromba" che già un vento terribile ci colpì. I cespugli e gli alberi si misero a tremare; alcuni furono proiettati in aria da dove ricaddero come saette sul tetro caos. Si aveva l'impressione che il riflesso verde di un orribile inferno venisse a stendersi al di sopra della terra. (…) Dopo il passaggio della tromba, ben presto il crepuscolo invase il cielo. Incontrai mio fratello maggiore il cui viso era ricoperto come da una sottile pellicola di pittura grigia. Il dorso della sua camicia era ridotto a brandelli e scopriva una larga lesione che somigliava ad un colpo di sole. Risalendo con lui la stretta banchina che costeggia il fiume, alla ricerca di un traghetto, vidi una quantità di persone completamente sfigurate. Ve ne erano lungo tutto il fiume e le loro ombre si proiettavano nell'acqua. I loro visi erano così orrendamente gonfiati che appena si potevano distinguere gli uomini dalle donne. I loro occhi erano ridotti allo stato di fessure e le loro labbra erano colpite da forte infiammazione. Erano quasi tutti agonizzanti ed i loro corpi malati erano nudi. Quando passavamo vicino a questi gruppi, ci gridavano con voce dolce e debole "Dateci un po' d'acqua", "Soccorretemi, per favore"; quasi tutti avevano qualche cosa da chiederci. (…) Le persone morivano l'una dopo l'altra e nessuno veniva a portar via i cadaveri. Con l'aria sconvolta, i vivi erravano tra i corpi. Si videro allora tutte le rovine nelle strade principali. Uno spazio vuoto e grigio si estendeva sotto un cielo di piombo. Soltanto le strade, i ponti ed i bracci del fiume erano ancora riconoscibili. Nell'acqua galleggiavano cadaveri dilaniati, gonfiati. Era l'inferno divenuto realtà.(…) Tutto ciò che era umano, era stato cancellati (…). Ebbi l'impressione di non esser venuto sulla terra che dopo l'esplosione della bomba atomica". (Da Lettera da Hiroshima di T. HAra, suicidatosi nel 1951)


In questa giornata di commemorazione, molti dei 120 sopravvissuti di Hiroshima, dopo l'incidente di Fukushima (scatenato dal terremoto e lo tsunami di Sendai), hanno deciso di dire 'no' al nucleare civile, chiedendo alla loro associazione, denominata Hindakyo, di prendere una posizione ufficiale in merito.

Per motivare questa loro decisione, uno dei sopravvissuti, il 71enne Sueichi Kido ha dichiarato: "Secondo me abbiamo creato una terza generazioni di hibakusha (termine usato per indicare i sopravvissuti ad un disastro nucleare e che significa, letteralmente, “persona esposta alla bomba”), la prima è la nostra di Nagasaki ed Hiroshima, la seconda è quella creata dai test atomici nell'atollo di Bikini nel 1954. E la terza è quella creata dall'incidente alla centrale Daiichi a Fukushima"


Anche il nostro presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha voluto ricordare la catastrofe di Hiroshima, "Il trascorrere del tempo non attenua l'attualità e il valore di grave monito delle dolorose vicende di Hiroshima e Nagasaki. Anche nel mondo contemporaneo è presente la sfida rappresentata da focolai di guerra e di violenza che impongono a tutti i paesi democratici e amanti della pace di impegnarsi perche' prevalgano le ragioni del dialogo e siano difesi i diritti inalienabili dell'uomo, in particolare dei civili e delle persone più indifese".

Mantenere viva la memoria storica affinchè possa essere di monito alle generazioni future.

 

Rosy Merola