"Habemus Papam", habemus dramma: la strana psicanalisi di Nanni Moretti
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NAPOLI, 11 FEBBRAIO 2013 - Nanni Moretti non era un eretico, dunque: il suo Habemus Papam, nell’aprile del 2011, aveva prefigurato qualcosa di piuttosto simile a quanto si è poi verificato con le inattese dimissioni di Papa Benedetto XVI, Joseph Ratzinger. Nel film di Moretti, però, il cardinale interpretato magistralmente da Michel Piccoli rifiuta l’incarico poco dopo l’elezione da parte del conclave, avvicinandosi così più al vetusto caso storico di Papa Celestino V che a quello di Ratzinger.[MORE]
Cionondimeno, specie alla luce dei commenti seguiti allo sconvolgente dietrofront di Benedetto XVI, in Habemus Papam non mancano, sia pure rivisitati in chiave surreale, alcuni spunti singolarmente affini alla recente vicenda della Sede Pontificia. Nel film di Moretti, presentato al festival di Cannes e premiato a livello internazionale, il regista interpreta anche lo psicologo chiamato in Vaticano per aiutare il dubbioso Pontefice neo-eletto a ritrovare la forza e la serenità. In un articolo di Piero Schiavazzi sull’Huffington Post, si ventila la necessità da parte della Chiesa d’interrogarsi sul senso della “riforma” implicita nel gesto di Papa Ratzinger: un’auto-analisi per riflettere sullo sforzo richiesto, e dunque anche sulla questione anagrafica, alla figura del Pontefice negli anni duemila, ossia in tempi di “una responsabilità globalizzata ventiquattro ore su ventiquattro”.
Più in generale, il problema attiene – e se n’è parlato da più parti – all’identità della Chiesa ed alla sua strategia, al ruolo del Papa ed all'attaggiamento di apertura, fisica e virtuale (vedasi l’appordo su Twitter), nei confronti di un mondo conclamatamente secolarizzato, in cui l’impegno di evangelizzazione si è moltiplicato, o semplicemente ha richiesto un cambio di rotta. In molti, poi, hanno osservato che un fattore di stress ulteriore, al di là delle contingenze sfortunate che hanno movimentato il Papato di Benedetto XVI (Vatileaks, caso Boffo, gli scandali dei preti pedofili), risiede nella natura da “teologo” di Ratzinger, per il quale, dunque, la vita da Pontefice, costellata di viaggi e sempre a rischio di fuoco incrociato nell’era della comunicazione, sarebbe stata alla lunga insostenibile – naturalmente, tenendo conto soprattutto di età ed acciacchi.
La presenza di uno psicanalista in Vaticano nel film di Moretti, dunque, prefigura l'opportunità da parte della Chiesa di interrogarsi sulla propria identità e di fare i conti con un possibile adeguamento delle modalità con cui svolgere la propria missione, secondo i termini imposti da un mondo in rapida trasformazione. Certe scene divertitamente “catartiche” di Habemus Papam, come quelle del torneo di carte o di pallavolo, mentre un meditabondo e fuggiasco Michel Piccoli vaga per la città, sono forse il dito nella piaga di certe derive da “cultura di serra” del mondo ecclesiastico, che quando si ritrova, poi, a confrontarsi direttamente col gregge, rischia di soffrire di una sorta di “agorafobia”. Nel racconto di Moretti, il rituale ludico dei tornei, poco ortodosso rispetto al formalismo cerimoniale, richiama probabilmente ad una maggiore capacità aggregativa, ad un’apertura al “gruppo umano”, fuori dalle stanze e dai conclavi. Il Papa di Moretti è il capitano mancato.
Il finale di Habemus Papam, come è stato giustamente osservato, si avvicina a quanto poi successo a Benedetto XVI, almeno “esteriormente”. Michel Piccoli torna in Vaticano e si presenta al mondo, nel tripudio dei fedeli e dei cardinali. Anziché pronunciare il proprio discorso di accettazione della nomina, però, confessa di non avere la forza di non essere in grado di porsi a guida della Chiesa in un momento di scelte tanto difficili per gli uomini. La “mancanza di forze” a cui si è richiamato Ratzinger è la controparte reale di quella fiction, non meno della necessità d’interrogarsi sulla difficoltà dei tempi. Ci piace osservare, però, come all’epoca la Cei avesse sottolineato “lo sguardo di comprensione ampio e generoso”: e similmente, il Ratzinger dimissionario, umanissimo, non ha lesinato la propria generosità negli anni del Pontificato. Al coro degli scioccati, pertanto, si è unito quello dei grati.
(In foto: una scena del film Habemus Papam)
Antonio Maiorino